venerdì 28 febbraio 2014

Come scegliere il centro di riproduzione assistita

In Italia operano 358 centri per la riproduzione medicalmente assistita, di cui 160 applicano solo l'inseminazione intrauterina con o senza stimolazione ovarica. I rimanenti 198 applicano tutte le tecniche di PMA. Di questi 198 centri, 91 sono pubblici o privati convenzionati. Come scegliere quello giusto per le esigenze di una coppia?
La panoramica più completa delle strutture attive Regione per Regione è disponibile sul sito dell'Istituto Superiore di Sanità, alla pagina del Registro Nazionale della PMA. Per ciascun centro sono riportati indirizzo, numeri di telefono, nome del referente, elenco delle tecniche applicate, se pubblico, privato o privato convenzionato, mole di attività svolta in un anno, tipologia dei pazienti trattati e loro età media.



martedì 25 febbraio 2014

Fecondazione assistita: che cosa si può e non si può fare oggi in Italia


Sono passati dieci anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge 40/2004, che regolamenta l'applicazione nel nostro Paese delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Nel corso di questi dieci anni, 28 sentenze hanno di fatto smantellato gran parte dei divieti e delle limitazioni imposte dalla norma. In occasione del decennale, si è tenuto ieri a Roma un convegno organizzato dalla Società Italiana per la Fertilità, la Sterilità e la Medicina Riproduttiva (SIFES) per fare il punto della situazione: che cosa si può e che cosa non si può fare oggi in Italia?
Ecco, in breve, le modifiche e le questioni ancora aperte, elencate al convegno dall'avvocato Maria Paola Costantini.

-Il divieto di produzione di più di tre embrioni, previsto dalla legge, è stato eliminato grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n.151/2009.

-L'obbligo di impianto contemporaneo di tutti gli embrioni prodotti è stato eliminato dalla stessa sentenza 151/2009.

-La limitazione alla sola analisi osservazionale dell'embrione, prevista dalle linee guida del Ministero della Salute del 2004, è stata rimossa dalla sentenza del TAR n.398 del 21/1/2008. È ora consentita la diagnosi preimpianto.

-Il divieto di crioconservazione degli embrioni è stato di fatto rimosso dalla sentenza della Corte Costituzionale n.151/2009 che chiarisce “il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, deve essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna”.

-Il divieto di accesso alla PMA per le coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche è stato ritenuto illegittimo da 4 sentenze di tribunali Italiani e dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo il 29/8/2012. La questione attualmente è all'esame della Corte Costituzionale.

-Il divieto di fecondazione eterologa è all'esame della Corte Costituzionale, con udienza fissata per l'8/4/2014.

-Il divieto di donazione degli embrioni da parte della coppia per l'utilizzo per la ricerca scientifica è all'esame della Corte Costituzionale, con udienza fissata per l'8/4/2014.

-Il divieto di revoca del consenso alla procedura dopo la fecondazione dell'ovocita è all'esame della Corte Costituzionale, con udienza fissata per l'8/4/2014.

-Il divieto di accesso alla PMA per single e coppie dello stesso sesso è tuttora in vigore.

-Il divieto di accesso alla PMA nel caso in cui uno dei due componenti della coppia sia deceduto è tuttora in vigore.

-Il divieto di donare gli embrioni ad altre coppie è tuttora in vigore.

“È necessario agire per trovare una soluzione concreta ed efficace ai problemi che ci sono e a quelli che si presenteranno: lavorare a una nuova legge che sia modellata sulla realtà italiana”, dice Andrea Borini, presidente della SIFES.

lunedì 24 febbraio 2014

Policistosi ovarica parte seconda: farmaci e integratori

Torno sul tema dell'ovaio policistico per aggiungere qualche informazione sui trattamenti disponibili.
A tutt'oggi non esiste una cura per la PCOS, cioè una terapia che porti a guarigione. La malattia è cronica e i trattamenti disponibili servono a tenere sotto controllo le sue manifestazioni.
Di solito la terapia prevede l'uso di estroprogestinici (la pillola contraccettiva) per regolarizzare il ciclo e contrastare l'azione degli ormoni androgeni, metformina per correggere la resistenza all'insulina, clomifene per stimolare la maturazione dei follicoli e indurre l'ovulazione se la paziente sta cercando una gravidanza.
Negli ultimi anni, alla terapia farmacologica è stata affiancata l'integrazione di mio-inositolo, una molecola presente nei cereali, nelle noci e nella frutta e che viene anche sintetizzata dall'organismo umano. A livello cellulare svolge il duplice ruolo di messaggero secondario dell'insulina e dell'ormone follicolo stimolante. Proprio per il suo coinvolgimento sia nel metabolismo degli zuccheri che nel funzionamento delle ovaie, è stato ipotizzato che uno dei meccanismi responsabili della PCOS sia un deficit nella produzione di mio-inositolo. Diversi studi hanno dimostrato che in alcune pazienti affette da policistosi ovarica l'integrazione di mio-inositolo aiuta a regolarizzare il ciclo, contrasta la resistenza all'insulina e l'azione degli ormoni androgeni. Non tutte, però, ne traggono giovamento. Segno che, probabilmente, in alcuni casi la genesi della malattia non è collegata a questa molecola.
Anche se il mio-inositolo è un prodotto acquistabile senza obbligo di ricetta, è opportuno assumerlo sotto controllo medico.

giovedì 20 febbraio 2014

Ovaio policistico: non solo un problema femminile

Dall'8 al 10% delle donne in età fertile soffre di sindrome dell'ovaio policistico (PCOS), o sindrome di Stein-Leventhal, una disfunzione ormonale e del metabolismo dello zucchero che può comportare diverse conseguenze: resistenza all'insulina e iperglicemia fino al diabete, accumulo di grasso addominale, ipercolesterolemia, predisposizione alle cardiopatie, alterazioni del ciclo ovarico o, nei casi più gravi, amenorrea e infertilità, eccesso di peluria, caduta dei capelli, acne. Non tutti i sintomi sono sempre presenti e la malattia può essere più o meno grave.
Ecco in breve quel che succede. Normalmente le ovaie e le ghiandole surrenali delle donne producono ormoni androgeni, cioè ormoni sessuali maschili, che poi le ovaie stesse trasformano in estrogeni, ormoni sessuali femminili. Nelle donne che soffrono di PCOS quest'ultimo passaggio non funziona come dovrebbe: le ovaie producono pochi estrogeni e la concentrazione degli androgeni è eccessiva. L'eccesso di ormoni androgeni è responsabile di gran parte dei sintomi.
La mancata trasformazione degli androgeni in estrogeni ha a che fare col metabolismo del glucosio. L'insulina è l'ormone che trasferisce all'interno delle cellule parte dello zucchero presente nel sangue, perché lo utilizzino come fonte di energia. Se le cellule sono resistenti all'azione dell'insulina, l'organismo ne produce di più per compensare e troppa insulina ostacola il funzionamento delle ovaie. La resistenza all'insulina ha una base genetica.
Fino a pochi anni fa, la sindrome dell'ovaio policistico era considerata una malattia esclusivamente femminile, perché ci si interessava soprattutto alle sue conseguenze sulla fertilità. Negli ultimi anni, diversi studi hanno evidenziato nelle famiglie delle donne affette da PCOS una frequenza superiore alla media di uomini che soffrono di resistenza all'insulina, diabete, ipercolesterolemia, obesità, cardiopatie. Si è cominciato quindi a parlare di PCOS maschile, un apparente paradosso.
Informazioni sulla sindrome dell'ovaio policistico e sulle terapie disponibili sono qui, qui e qui.
Tornerò sull'argomento della PCOS maschile.

mercoledì 19 febbraio 2014

Meningococco B: che cosa fare con il nuovo vaccino?

Il nuovo vaccino contro il meningococco B è in commercio in Italia. Si trova già in vendita nelle farmacie più fornite. “Lo aspettavamo da tempo. È uno strumento importante per la prevenzione delle meningiti e delle sepsi del bambino piccolo”, spiega Alberto Eugenio Tozzi, responsabile dell'Area di Ricerca sulle Malattie Multifattoriali dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, “perché completa la protezione offerta da altri vaccini già disponibili: quello contro lo pneumococco e quello contro il meningococco C”.
Al momento, però, non è stato ancora inserito nel calendario vaccinale nazionale e dunque non viene offerto gratuitamente alle famiglie. “La ragione è di tipo organizzativo: il calendario degli appuntamenti vaccinali raccomandati è già molto affollato e c'è un po' di imbarazzo su dove inserirlo, considerato che è necessario somministrarne tre dosi nel primo anno di vita per assicurare una protezione efficace”, spiega Tozzi.
In attesa di una decisione al riguardo, come devono regolarsi le famiglie interessate a usufruire di questo strumento? “Possono senz'altro acquistare privatamente il vaccino in farmacia e chiedere al proprio pediatra di famiglia di somministrarlo al bambino”, risponde l'esperto. “È meglio che sia il medico a somministrarlo, in un ambulatorio attrezzato per le emergenze. Come tutte le altre vaccinazioni, anche questa comporta un rischio estremamente ridotto ma non nullo di una reazione immediata di tipo anafilattico che richiede un rapido intervento”.
Le dosi consigliate nel primo anno di vita sono tre: a partire dai due mesi e a una distanza di almeno un mese una dall'altra. È poi opportuna una dose di richiamo nel secondo anno di vita. “Anche i bambini più grandicelli possono essere vaccinati, se i genitori lo desiderano, benché il rischio massimo di infezione da meningococco B riguardi i primi due anni di vita”, aggiunge Tozzi. “Dopo il primo anno di vita è sufficiente somministrare due dosi di vaccino per avere un'adeguata copertura”.

venerdì 14 febbraio 2014

L'emicrania del bebè

Il bimbo piange, appare abbattuto, insonnolito, rifiuta di mangiare, oppure è estremamente irritabile? Potrebbe avere il mal di testa: possono soffrirne anche i piccoli nel primo anno di età.
"L'emicrania è una malattia congenita. Chi ne è affetto la manifesta fin dalla nascita", dice Massimiliano Valeriani, responsabile del Centro Cefalee dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. "Dunque anche un bimbo di pochi mesi può avere degli attacchi emicranici. Ovviamente, non sapendo parlare non può spiegare ai genitori che ha il mal di testa".
Non si conoscono dati precisi sull'incidenza del disturbo nei piccolissimi "Perché è sotto diagnosticato: spesso i genitori imputano il pianto a stanchezza, colichette gassose, a capricci", dice Valeriani. "Da un confronto con l'incidenza negli adulti e nei bambini più grandi, stimiamo che l'8-10% dei bimbi entro l'anno di età abbia attacchi emicranici con una frequenza non elevata, al massimo di un episodio al mese. Sono a maggior rischio di soffrirne quelli che hanno almeno un genitore emicranico".
Che fare quando c'è il sospetto che un bambino abbia l'emicrania? "Innanzi tutto non allarmarsi, perché gli attacchi non hanno strascichi e non comportano rischi per la salute e lo sviluppo del piccolo", dice l'esperto. "È opportuno rivolgersi al pediatra, per escludere problemi di altra natura. Sentito il suo parere, il trattamento è sintomatico: paracetamolo all'occorrenza per attenuare il fastidio".

mercoledì 12 febbraio 2014

Ha la febbre!

Ecco un post al volo dedicato ad Alma e a Livietta che ha di nuovo la febbre (mannaggia!).
Di recente la Società Italiana di Pediatria ha divulgato un aggiornamento delle linee guida sul trattamento della febbre nei bambini.
Il link alle linee guida è questo. Invece qui c'è una spiegazione divulgativa delle novità che compaiono nel documento.
In breve, i pediatri della SIP osservano che la febbre di per sé non è un male per l'organismo, anzi è uno strumento difensivo contro l'infezione. Dunque non va necessariamente combattuta e mantenuta bassa.
È opportuno somministrare ai bambini un antipiretico (paracetamolo e ibuprofene sono i due unici ammessi in età pediatrica) solo se la febbre è accompagnata da malessere generale, mal di testa, dolori muscolari. Lo scopo dei farmaci, dunque, non è di tenere bassa la temperatura, ma di alleviare il fastidio del bambino.
La scelta del farmaco più adatto tra i due spetta al pediatra e si raccomanda di non alternarli e non somministrarli contemporaneamente. "Alternare ibuprofene e paracetamolo non offre alcun vantaggio e comporta un rischio maggiore di danni al fegato e allo stomaco", dice Adima Lamborghini, medico della Federazione Italiana Medici Pediatri.

Alma, spero di esserti stata utile!
Un bacio a Livietta

sabato 8 febbraio 2014

Bimbo in auto

Non è vero che i brevi tragitti in auto, su strade urbane, sono più sicuri, tanto da poter fare a meno dei seggiolini per i bambini. Il 75% di tutti gli incidenti automobilistici e i 43% degli incidenti mortali si verifica proprio in città. "La maggior parte dei decessi dei bambini è dovuta al mancato o al non corretto utilizzo dei seggiolini", dice Antonio Urbino, presidente della Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza Pediatrica.
Secondo l'ISTAT, nel 2012 oltre 6000 bambini di età compresa tra 0 e 9 anni sono rimasti feriti a causa di un incidente stradale e 27 sono morti.
"La posizione in assoluto più pericolosa è quella in braccio a un adulto seduto accanto al guidatore", avverte Urbino. "In caso di incidente, questi bambini rischiano di riportare gravi lesioni in seguito all'esplosione dell'airbag o comunque, anche se l'airbag non è attivo, di essere schiacciati dal corpo dell'adulto".

giovedì 6 febbraio 2014

Un contributo per fare chiarezza

Il sito Scienzainrete e l'editore Zadig hanno lanciato una lodevole iniziativa: una raccolta pubblica di fondi per finanziare il lavoro di due giornalisti scientifici che per due mesi raccoglieranno tutto il materiale disponibile sul caso Stamina e si impegneranno a far luce sui molti punti oscuri della vicenda.
I due giornalisti, Roberta Villa e Antonio Michienzi, ne faranno un libro: "Stamina: facciamo chiarezza", che verrà distribuito gratuitamente in formato digitale.
L'obiettivo della raccolta di fondi, a cui si può contribuire da qui, è mettere insieme almeno 6.000 Euro. Al momento è stata raggiunta la quota 2.740 e rimangono appena 10 giorni allo scadere dell'iniziativa. Se non arriveranno alla cifra complessiva, i due giornalisti metteranno gratuitamente in rete il materiale su Stamina che hanno raccolto.


sabato 1 febbraio 2014

Reazioni avverse ai vaccini: come segnalarle

I controlli su un vaccino, come quelli su ogni altro farmaco, non cessano con l'autorizzazione alla sua immissione in commercio. Le autorità sanitarie hanno predisposto un sistema di farmacovigilanza che consiste nella raccolta e nell'analisi di tutte le segnalazioni di potenziale reazione avversa. "Questa procedura serve a evidenziare eventuali reazioni rare, che possono emergere solo sui grandi numeri e non si osservano in fase di studio clinico", spiega Giovanna Zanoni, responsabile del Programma regionale di consulenza prevaccinale e sorveglianza degli eventi avversi a vaccinazione del Veneto. "Serve a identificare fattori di rischio per le reazioni avverse, a identificare cioè le caratteristiche che rendono una persona a maggior rischio di reazione. Infine, serve a individuare eventuali situazioni anomale, che necessitano di approfondimento, quando la frequenza degli eventi avversi per un dato prodotto è superiore al previsto".
La segnalazione di reazione avversa viene fatta dal personale del centro vaccinale, quando si verifica immediatamente dopo la somministrazione, o dal pediatra di famiglia, quando viene avvisato dai genitori nelle ore o nei giorni successivi alla vaccinazione. "Oppure, i genitori stessi possono farla, utilizzando il modulo disponibile sul sito dell'Agenzia Italiana per il Farmaco, all'indirizzo http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/modalità-di-segnalazione-delle-sospette-reazioni-avverse-ai-medicinali", dice Zanoni. "Consiglio in questo caso di specificare nella compilazione del modulo la data della vaccinazione e la data in cui si è manifestata la reazione e, se c'è n'è, allegare tutta la documentazione medica: certificati e schede di dimissioni". Tutte le reazioni possono essere e andrebbero a rigor di legge segnalate, dal lieve rialzo febbrile allo shock anafilattico. 
Le segnalazioni di sospetta reazione vengono esaminate dai centri regionali di farmacovigilanza, che ne valutano la plausibilità. Tengono conto del nesso temporale tra la vaccinazione e la reazione. "Se la reazione si è verificata immediatamente dopo la vaccinazione è maggiore la probabilità che ci sia un nesso", dice l'esperta. "Considerano inoltre la plausibilità biologica del nesso: alcuni agenti possono dare determinate reazioni e non possono darne altre".
Infine, tutte le schede confluiscono in un database gestito dall'AIFA, che pubblica annualmente un rapporto sugli eventi avversi da vaccinazione, disponibile sul sito dell'Agenzia.
Che dire delle potenziali reazioni avverse a lungo termine? "Nel singolo non è possibile rilevarle, perchè troppi fattori potrebbero concorrervi: alimentazione, ambiente, malattie, inserimento nella comunità scolastica", dice Zanoni. "Gli strumenti con cui indaghiamo su questo genere di conseguenze sono gli studi epidemiologici sui grandi numeri, confrontando popolazioni vaccinate e non vaccinate o la stessa popolazione prima o dopo l'introduzione del vaccino".