venerdì 6 giugno 2014

Ovaio policistico: un trucco dell'evoluzione


Dea della fertilità via Wikimedia Commons

Le donne affette da Sindrome dell'Ovaio Policistico sono geneticamente "programmate" per generare figli in periodi di carestia. È l'ipotesi sostenuta da Enrico Ferrazzi, direttore della Clinica Ostetrica e Ginecologica all’Ospedale Buzzi di Milano e vicepresidente del comitato scientifico dell'Associazione per lo Studio delle Malformazioni.
La sindrome colpisce dal 7 al 15% di tutte le donne in età fertile. Nonostante predisponga alla subfertilità, dunque, il tratto genetico della PCOS è presente in un'ampia percentuale della popolazione femminile. Come mai si è conservato nel corso dell'evoluzione umana e non è stato cancellato dai meccanismi della selezione naturale? L'ipotesi, sempre più condivisa dalla ricerca scientifica, è che le donne con ovaio policistico abbiano una precisa funzione nella preservazione della specie umana.
"In condizioni di carestia, di forte restrizione calorica, l'ovaio normale cessa di funzionare", spiega Ferrazzi. "Lo vediamo nei casi di anoressia, o nelle donne sottoposte a intenso sforzo fisico e scarsa alimentazione, come capita a volte alle ballerine. L'ovaio policistico, invece, funziona al meglio proprio in queste condizioni. Poiché le carestie hanno da sempre accompagnato la storia del genere umano, il tratto genetico della PCOS si è preservato in un'alta percentuale della popolazione umana perché in tempi di carestia chi si riproduceva erano appunto le donne con ovaio policistico. Oggi la PCOS si manifesta soprattutto nei Paesi occidentali dove l'eccesso calorico è la regola alimentare. Particolarmente nocivi, per le donne che ne soffrono, sono lo zucchero e i carboidrati derivati da cereali raffinati. Per attenuare le manifestazioni della sindrome, ancor prima di ricorrere ai farmaci è necessario adeguare le abitudini alimentari: mangiare molta frutta e verdura (600-700 grammi al giorno), pesce, pollame, molluschi, uova, legumi, cavoli, verze e noci, ricchi di acidi grassi omega-3, ridurre a poche porzioni settimanali i carboidrati derivati dai cereali, i dolci, la carne rossa, gli affettati, i formaggi e il latte, il sale e integrare la dieta con alimenti probiotici (yogurt con fermenti vivi)".

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