giovedì 4 settembre 2014

Tbc: un problema da affrontare, ma senza allarmismi

NIAID via Wikimedia Commons
Nelle ultime ore la stampa italiana è tornata ad occuparsi di tubercolosi, come era già accaduto nel 2011, quando si scoprì che un'infermiera del reparto maternità di un grande ospedale romano era ammalata e più di mille bambini nati in quel reparto furono sottoposti a controlli. Di tbc si parla solo quando c'è un fatto eclatante o una polemica, eppure da decenni gli esperti invitano i responsabili della sanità pubblica a non trascurare il problema e a non abbassare la guardia.
Oggi in Italia la tubercolosi è una malattia rara. "L'incidenza annua è di circa 5.000 casi in tutto il Paese ed è stabile da oltre 10 anni", spiega Alberto Villani, responsabile dell'Unità Operativa di Pediatria Generale e Malattie Infettive dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. "È una malattia di nicchia, che colpisce alcune specifiche categorie a rischio: immigrati in condizioni disagiate, anziani immunodepressi e ammalati di AIDS. Non c'è, dunque, un pericolo grave e immediato per la popolazione generale, in particolare per i bambini, e non c'è ragione di averne paura. Ciò non toglie che la malattia circola ancora in Italia. Il bacillo da noi non è mai scomparso, quindi le autorità sanitarie devono continuare a prestarvi la massima attenzione, soprattutto per contrastare la diffusione dei ceppi di tbc resistenti a uno o più antibiotici".
L'infezione si trasmette per via aerea, attraverso le minute goccioline di saliva che si espellono parlando, starnutendo o tossendo. "Ma è necessario un contatto ravvicinato e prolungato con una persona ammalata perché avvenga il contagio", osserva Villani. "Inoltre, sono contagiose solo le persone affette di tubercolosi cavitaria. I loro polmoni presentano delle piccole lesioni, all'interno delle quali i bacilli si annidano e si riproducono, diffondendosi poi attraverso le vie respiratorie superiori. Non c'è pericolo di trasmissione nei casi in cui il bacillo è presente nell'organismo in forma latente, senza dar luogo alla malattia".
Questa è la differenza tra una persona infettata e una ammalata. Il test di Mantoux, quello più usato per diagnosticare un'infezione tubercolare, evidenzia l'avvenuto contatto dell'organismo con il bacillo. Chi risulta positivo viene avviato a ulteriori controlli per accertare l'eventuale malattia in atto, ma nella maggior parte dei casi è un portatore in forma latente, non contagioso e può essere trattato con profilassi antibiotica per scongiurare l'esordio della malattia. "La stessa malattia è perfettamente curabile se diagnosticata correttamente", aggiunge Villani.
Nell'attuale situazione, in Italia non c'è alcuna ragione di sottoporre al test la popolazione generale, e in particolare i bambini, in assenza di specifiche condizioni di rischio.



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