sabato 25 ottobre 2014

HPV: le tue domande, le risposte degli specialisti


Ho il piacere di presentarvi il primo dossier di Mammifera Digitale. Più breve di un libro, più corposo di un articolo: è un manualetto a domande e risposte dedicato al Papillomavirus umano.
Otto donne su dieci nel corso della loro vita contraggono un'infezione da Papillomavirus, o HPV, una famiglia che comprende oltre 120 tipi virali, di cui una quarantina a trasmissione sessuale. Nella maggioranza dei casi l'infezione è asintomatica, non provoca danni e si risolve spontaneamente nell'arco di pochi mesi. In determinate circostanze, però, il virus può cronicizzare e, con il passare del tempo, innescare mutazioni pretumorali nelle cellule della mucosa del collo dell'utero. L'HPV è riconosciuto come causa unica del tumore del collo dell'utero ed è coinvolto nell'insorgenza di altre forme tumorali più rare.
Oggi disponiamo di tre strumenti efficaci per prevenire la maggior parte delle infezioni da Papillomavirus cancerogene e per identificare con ampio margine di tempo i casi a rischio: il vaccino, il test HPV e il Pap test. Come si usano questi strumenti? Che significato ha una diagnosi di Papillomavirus ad alto rischio? Quali precauzioni deve adottare chi risulta positiva? C'è un test anche per l'uomo? Il vaccino è efficace? È sicuro?
A queste e altre domande rispondono Ettore Calzolari, ginecologo di Roma, già direttore dell'Ambulatorio per le Infezioni Ginecologiche e la Patologia Cervico-Vaginale del Dipartimento di scienze ginecologiche dell'Università di Roma La Sapienza; Cristina Giambi, ricercatrice del Reparto di Epidemiologia delle Malattie Infettive del Centro Nazionale Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell'Istituto Superiore di Sanità; Carlo Liverani, ginecologo oncologo della Clinica Mangiagalli di Milano e consulente dell'Associazione per lo Studio delle Malformazioni; Marco Zappa, direttore dell'Osservatorio Nazionale Screening, presso l'Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze.
Il dossier si intitola "HPV: le tue domande, le risposte degli specialisti"

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Per i prossimi mesi ho già in cantiere altri dossier su argomenti di attualità nel campo della salute femminile, materna e infantile.

mercoledì 22 ottobre 2014

Social freezing, ovvero: meglio una gravidanza oggi o un ovocita congelato domani?

Sean McGrath via Wikimedia Commons
Facebook e Apple offrono alle dipendenti un aiuto economico per congelare i propri ovociti per uso futuro, così che possano concentrarsi sul lavoro oggi e rimandare la ricerca di una gravidanza a domani. La notizia è apparsa su tutti i giornali.
È il cosiddetto "social freezing", cioè il congelamento degli ovociti motivato non da una patologia che rischia di compromettere la fertilità femminile, ma dalla volontà di rinviare la ricerca di un figlio per motivi sociali. Nei convegni di medicina della riproduzione se ne parla già da tempo e negli Stati Uniti la pratica è diffusa.
Negli ultimi anni la crioconservazione dei gameti femminili ha fatto grandi progressi e oggi le donne che devono affrontare una terapia oncologica, oppure un trattamento chirurgico dell'endometriosi, o ancora quelle che rischiano una menopausa precoce, possono salvaguardare la propria capacità di procreare sottoponendosi a uno o più cicli di stimolazione ovarica e congelando una scorta di ovociti.
Se il prelievo viene fatto sotto i 30 anni di età, quando le cellule sono di qualità genetica più elevata e la riserva ovarica è maggiore, il congelamento e il successivo utilizzo di 6 ovociti consente in media una probabilità del 30% di portare a termine con successo una gravidanza.
Benché la crioconservazione dei gameti sia una risorsa preziosa per chi rischia di perdere la fertilità per motivi di salute, il social freezing non può essere considerato una valida alternativa ad avere dei figli in età fertile e non solo per le ridotte probabilità di successo della fecondazione, ma anche per il rischio di complicazioni che una gravidanza in età avanzata comporta, spiega Filippo Maria Ubaldi, direttore clinico del Centro Genera della Clinica Valle Giulia di Roma.
Per saperne di più delle tecniche di crioconservazione egli ovociti, di stimolazione e prelievo delle cellule, delle reali possibilità di riuscita e delle indicazioni mediche, gli specialisti del Centro Genera hanno realizzato una guida a domande e risposte scaricabile dal sito www.generaroma.it oppure direttamente da qui.

martedì 21 ottobre 2014

#5azioni: diabete e nuove tecnologie


Oggi, martedì 21 ottobre, alle ore 15, potrete partecipare in diretta al quinto appuntamento con #5azioni, l'iniziativa di Sanofi per sensibilizzare, informare e raccogliere storie e opinioni sul diabete.
Il titolo dell'hangout di oggi è: il futuro già presente, diabete e tecnologia. Il confronto prenderà il via dall'esperienza di Daniela D'Onofrio, che dal 2006 cura portalediabete.org
Alla conversazione parteciperanno, come sempre, endocrinologi e rappresentanti di associazioni di pazienti e familiari. Il pubblico potrà intervenire via Twitter, usando #5azioni e @5azioni
Al termine della diretta, potrete rivedere l'intero filmato qui e sul sito www.5azioni.it.
Mammifera Digitale ha ospitato incontri precedenti di #5azioni qui (diabete e alimentazione) e qui (diabete gestazionale e diabete infantile).


La stagione delle infezioni

Noam, Jemima & Lila via Wikimedia Commons
Le scuole hanno riaperto da un mese e ci sono bambini che hanno già iniziato a collezionare assenze per le infezioni ricorrenti. A fine estate ne ho parlato qui.
Tosse, asma, respiro sibilante, rinite e febbre sono i sintomi più comuni delle infezioni che per alcuni si susseguono a ritmo serrato per tutto l'anno scolastico. Più vulnerabili sono i piccoli, che stanno ancora sviluppando le loro competenze immunitarie, ma in generale sono esposti al rischio tutti i bimbi che fanno vita di comunità in un luogo chiuso e scambiano con i coetanei virus e batteri.
Fattori che contribuiscono al rischio di infezioni ricorrenti sono muffe e acari nei locali di scuole e asili, che favoriscono le infiammazioni respiratorie, e la minore esposizione al sole, dunque la minore produzione di vitamina D, che ha un ruolo importante nella risposta immunitaria.
"Qualcosa si può e si deve fare per aiutare questi piccoli", osserva Giorgio Piacentini, responsabile dell'Unità operativa semplice di Broncopneumologia della Cinica Pediatrica dell'Università di Verona. "In primo luogo, non è giusto privare i bimbi della loro vita sociale tenendoli a casa se non è necessario, ma quando sono ammalati bisogna aspettare la completa guarigione prima del rientro a scuola, nell'interesse loro e dei compagni".
A casa, bisogna rimuovere dall'ambiente domestico muffe e polvere e combattere gli acari rivestendo cuscini, materassi e imbottiture con le apposite fodere, proteggere i bambini dal fumo di seconda e terza mano, curare la loro alimentazione per prevenire obesità e sovrappeso, che hanno effetti negativi sul sistema respiratorio. L'attività fisica non è controindicata in presenza di infezioni ricorrenti. Al contrario, giova alla salute generale. L'importante è scegliere l'attività giusta, chiedendo consiglio al pediatra.
Talvolta, se il pediatra lo reputa opportuno, si può integrare l'alimentazione con un'aggiunta di vitamina D. "Infine, in alcuni casi caratterizzati da asma persistente e respiro sibilante, il medico può prescrivere al piccolo paziente una terapia di supporto a lungo termine a base di corticosteroidi per via inalatoria e antileucotrienici", conclude Renato Cutrera, responsabile dell'Unità Operativa Complessa di Broncopneumologia dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

venerdì 10 ottobre 2014

L'eterologa oggi in Italia

Canwest News Service via Wikimedia Commons
Ecco il punto sulla situazione attuale dell'eterologa in Italia, commentato da Andrea Borini, presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità.

Il 9 aprile 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del divieto di eterologa contenuto nella legge 40/2004.

Il 4 settembre scorso, la Conferenza delle Regioni e Province Autonome ha definito un accordo interregionale sulle modalità di accesso alla fecondazione eterologa su tutto il territorio nazionale, accordo che è stato poi recepito dalle singole Regioni e Province Autonome.

In base all'accordo, la donazione di gameti maschili o femminili è atto gratuito, volontario e non retribuito, neppure con un rimborso spese. "Questo punto crea qualche problema", osserva Borini. "Negli altri Paesi europei non è previsto un compenso, ma un rimborso spese a volte anche sostanzioso. Nel caso degli ovociti, sarà difficile trovare delle donatrici volontarie disposte a sottoporsi a esami, assunzione di farmaci e a perdere diversi giorni lavorativi senza alcuna forma di rimborso. Inoltre, il documento stabilisce che i gameti possano essere acquisiti da istituti stranieri solo se i donatori sono stati reclutati con le stesse modalità previste in Italia. Poiché all'estero i donatori ricevono sempre un rimborso, di fatto non è possibile utilizzare nel nostro Paese gameti provenienti da fuori. C'è infine un ultimo punto non chiaro: chi paga le spese degli esami e dei farmaci per i donatori? Nel privato il costo viene addebitato alla coppia ricevente. Nel pubblico ancora non è stato deciso. È impensabile che i donatori, oltre a donare gratuitamente, debbano accollarsi il ticket di esami e farmaci necessari".

Possono fare ricorso all'eterologa coniugi o conviventi di sesso diverso, maggiorenni e in età potenzialmente fertile (per la donna non oltre i 50 anni), per i quali sia accertata e certificata una patologia che sia causa irreversibile di sterilità, oppure portatori di un difetto genetico significativo o, per il partner maschile, di infezione sessualmente trasmissibile che non può essere eliminata.
Nina Matthews via Wikimedia Commons

La donazione è consentita a donatrici di età compresa tra 20 e 35 anni e donatori di età compresa tra 18 e 40 anni. Il testo dell'accordo interregionale prevede una serie di esami e valutazioni di donatori e donatrici prima di autorizzare la donazione. "Questa parte del testo contiene due elementi problematici", dice Borini. "Innanzi tutto possono essere accettate donazioni solo da uomini il cui liquido seminale sia superiore, quanto a concentrazione e motilità degli spermatozoi, al 50° percentile dei valori di riferimento dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. L'OMS considera normale il liquido seminale con valori superiori al 25° percentile. In altre parole, in Italia non è sufficiente che un uomo sia normalmente fertile per poter donare. Deve essere super fertile. Questa limitazione, ovviamente restringe il numero dei potenziali donatori".
C'è poi una restrizione che riguarda le donatrici di ovociti. "Devono essere sottoposte a tampone vaginale con ricerca di Neisseria gonorrhoeae, Micoplasma hominis, Ureaplasma urealyticum e Chlamydia trachomatis prima della donazione. Questo specifico esame non è di alcuna utilità, perché un'eventuale infezione non avrebbe conseguenze per gli ovociti donati. Di contro, impedisce l'utilizzo di tutti gli ovociti già prelevati e conservati nei diversi centri italiani, perché alle donatrici di quelle cellule non è stato fatto il tampone vaginale all'epoca del prelievo. Sono migliaia di ovociti che, con il consenso delle dirette interessate, potrebbero essere impiegati per fecondazioni eterologhe e invece andranno persi. Inoltre, per la stessa ragione, i centri italiani non possono usare ovociti provenienti dall'estero, dove non viene fatto di routine alcun tampone vaginale".

Concludendo, la situazione attuale in Italia per quanto riguarda l'accesso all'eterologa è:

L'eterologa si può fare: è legale anche in assenza di una nuova legge nazionale sulla PMA.

Attualmente non risulta che siano in corso gravidanze ottenute da eterologa, ma è stata avviata la fase della presa in carico e dei controlli alle coppie in diversi centri pubblici e privati.

C'è disparità tra Regione e Regione per quanto riguarda i costi dell'eterologa nei centri pubblici e non è ancora chiaro chi debba pagare i costi della donazione.

I donatori di gameti maschili non mancano. Le possibili donatrici di gameti femminili al momento sono donne sottoposte loro stesse a trattamenti di PMA che per solidarietà con altre coppie accettano di cedere gli ovociti prodotti in sovrappiù.

Sono previsti alcuni incentivi non economici alla donazione. Per esempio, se una coppia che aspira a ricevere si presenta al centro per la PMA con un'amica disposta a donare i propri ovociti, gli ovociti offerti vengono utilizzati dalla prima coppia in lista d'attesa in quel momento e l'amica della donatrice ne prende il posto, diventando a sua volta prima in lista d'attesa.

La donazione è anonima, ma i centri che effettuano i trattamenti mantangono la documentazione relativa a tutti i donatori e i nati, per consentire la tracciabilità in caso di futuri problemi medici del nato.

A causa delle varie restrizioni che riducono la disponibilità di gameti, oggi in Italia le liste d'attesa sono molto lunghe, sia nel pubblico che nel privato, tanto che molte coppie tuttora preferiscono andare all'estero.








giovedì 9 ottobre 2014

La PMA non è un passepartout

Sean McGrath via Wikimedia Commons
Nell'immaginario collettivo la procreazione medicalmente assistita ha assunto il connotato di un passepartout: se una coppia non riesce ad avere un figlio entro un certo lasso di tempo, inutile affannarsi a fare tante analisi per comprenderne le cause, tanto c'è la PMA che scavalca il problema. Come se si trattasse di una singola tecnica valida per tutte le coppie, applicabile in automatico. Non è così e i progressi della ricerca nel settore vanno nella direzione opposta, quella della personalizzazione.
Ne hanno parlato di recente gli specialisti della Società Italiana di Endoscopia Ginecologica, della Società Italiana di Fertilità e Sterilità e della Società Italiana Ospedaliera Sterilità, riuniti a Maratea dal 2 al 4 ottobre.
"La legge 40 stabilisce che la PMA sia il punto di arrivo di un percorso diagnostico e di cura", osserva Sergio Schettini, presidente della Società Italiana di Endoscopia Ginecologica e direttore del Centro PMA dell'AO San Carlo di Potenza. "Ma non ci voleva certo una legge dello Stato per indicare ai medici quello che già prescrive la buona pratica clinica. Quando una coppia non riesce a concepire, sono tante le variabili in gioco di cui tenere conto. Prime tra tutte l'età dell'aspirante madre, il suo indice di massa corporea, stato di salute generale e assunzione di farmaci, pregressi interventi chirurgici, la sua riserva ovarica. È importante diagnosticare con la massima precisione possibile la patologia responsabile della sterilità, perché talvolta è possibile risolvere il problema con approcci diversi dalla fecondazione assistita: una terapia farmacologica oppure un intervento chirurgico che rendono possibile poi il concepimento spontaneo".
Anche nel caso in cui la valutazione del medico indirizzi la coppia verso la PMA, avere un quadro dettagliato della situazione fa la differenza quanto a probabilità di riuscita e rischio di complicanze. "Età della donna e riserva ovarica, per esempio, influiscono sulla programmazione dei tempi per il trattamento", spiega Schettini, "ma anche sulla scelta dei farmaci per la stimolazione e sul dosaggio. Negli ultimi anni in Italia le tecniche di procreazione assistita si sono sempre più affinate in tal senso. Inoltre, valutare con attenzione tutte le variabili in gioco permette al medico di informare correttamente la coppia sulle probabilità di successo, perché non sempre l'obiettivo è raggiungibile e non è eticamente onesto illudere gli aspiranti genitori".

giovedì 2 ottobre 2014

Celiachia e svezzamento: il momento giusto per il glutine

Nabeel Hyatt via Wikimedia Commons
C'è un modo giusto di introdurre gli alimenti in fase di svezzamento che riduce al minimo il rischio che il bambino sviluppi celiachia? Se lo chiedono le mamme che hanno in famiglia casi di intolleranza al glutine e se lo chiedono anche tutte le altre, visto che oggi di celiachia si parla tanto e le famiglie sono più sensibili all'argomento.
In passato gli specialisti hanno avanzato ipotesi opposte: che l'introduzione precoce del glutine nella dieta dei bambini avesse un effetto protettivo, oppure che al contrario fosse meglio ritardare il primo contatto con il glutine a dopo l'anno di vita. Ora uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine e coordinato da Carlo Catassi, dell'Università Politecnica delle Marche e Alessio Fasano, del Massachusetts General Hospital for Children, fa più chiarezza sulla questione.
Gli autori hanno seguito dalla nascita per 10 anni oltre 700 bambini, per valutare se l'allattamento artificiale e l'introduzione precoce o tardiva del glutine nella dieta siano fattori di rischio o meno per lo sviluppo della celiachia. Ecco i risultati.

Il principale fattore di rischio per l'intolleranza al glutine è la presenza nel DNA del gene mutato HLA-DQ2 in doppia copia. La mutazione raddoppia la probabilità di insorgenza della celiachia rispetto a chi non la possiede.

Per i bambini ad alto rischio, cioè i portatori di questa mutazione, l'introduzione tardiva del glutine nella dieta, dopo l'anno di età, ha un effetto protettivo significativo.

Per tutti gli altri bambini, l'età di introduzione di pastine e biscotti nella dieta non cambia nulla.

La tipologia di allattamento, al seno o artificiale, non fa alcuna differenza ai fini del rischio né per i bambini che possiedono la mutazione né per quelli che non la possiedono.

I bambini ad alto rischio di celiachia, possessori di entrambe le copie mutate del gene, che sviluppano la malattia, la sviluppano nell'80% dei casi entro i tre anni di età e nella quasi totalità dei casi entro i 5-6 anni.

Al momento non sono previsti screening alla nascita per la mutazione HLA-DQ2, ma secondo gli autori l'esame potrebbe essere utile almeno in presenza di altri casi di celiachia in famiglia.



mercoledì 1 ottobre 2014

Poca informazione sulle cause dell'infertilità

Torsten Mangner via Wikimedia Commons
Nel 2013 sono nati in Italia 514.308 bambini. Mai così pochi nella storia del nostro Paese. Il tasso di natalità è calato da 9 nati per 1.000 abitanti dell'anno precedente a 8,5 nati per 1.000 abitanti del 2013. La causa principale della denatalità è la crisi economica, che priva le coppie dei mezzi per progettare un allargamento della famiglia, secondo i risultati dello studio "Diventare genitori oggi", presentato al pubblico dal Censis.
Anche l'infertilità, però, gioca un ruolo importante. Oggi il 15% delle coppie alla ricerca di una gravidanza sperimenta problemi e ritardi di concepimento, ma sull'argomento l'informazione è scarsa: il 15% degli interpellati dal Censis dichiara di non sapere nulla di fertilità e infertilità, il 45% dichiara di saperne poco.
Infatti, interrogati sulle  cause più frequenti di infertilità, 4 italiani su 10 citano lo stress, seguito dai problemi strutturali dell'apparato riproduttivo femminile (21,3%), dai problemi ormonali e ovulatori (14,7 %), da problemi che riguardano l'uomo (11%) e in particolare problemi di qualità del liquido seminale (5,7%).
Tra le cause viene trascurata l'età dell'aspirante madre. Secondo il 46% degli intervistati, ci si dovrebbe preoccupare di non avere ancora un figlio non prima dei 35 anni di età della donna.  L'età della prima gravidanza si è progressivamente spostata in avanti negli ultimi anni e manca la percezione del fatto che questa tendenza ha influenze negative sulla fertilità delle aspiranti mamme.
Inoltre, tra le cause di infertilità vengono trascurate abitudini non salutari sia dell'uomo che della donna, come il fumo di tabacco, l'abuso di alcol, un'alimentazione errata con sovrappeso e alterazioni metaboliche, la sedentarietà e le infezioni sessualmente trasmesse non adeguatamente trattate, che possono provocare danni permanenti all'apparato riproduttivo femminile, come fa per esempio la clamidia.
Proprio oggi, mentre il Censis presentava i risultati dello studio, il Ministro della Salute annunciava la formazione del "Tavolo consultivo in materia di tutela e conoscenza della fertilità e prevenzione delle cause di infertilità", ideato con lo scopo di diffondere una maggiore conoscenza dei meccanismi della fertilità, soprattutto tra i più giovani.