giovedì 27 novembre 2014

#gattiniperlascienza 4

Le cellule staminali contenute nel sangue che rimane nel cordone ombelicale reciso alla nascita sono utili per il trattamento di numerose malattie, come le leucemie e i linfomi. Donare il cordone non nuoce né al neonato né alla madre e può salvare una vita.
Chi desidera farlo, può informarsi sulla procedura e sui centri nascita abilitati sul sito dell'Associazione Donatori Sangue del Cordone Ombelicale.

Pillola dei 5 giorni dopo

Daniela Alejandra Robles via Wikimedia Commons
La cosiddetta "pillola dei 5 giorni dopo", un contraccettivo di emergenza efficace se assunto entro 120 ore da un rapporto non protetto, presto potrebbe diventare un farmaco da banco, acquistabile senza l'obbligo di presentare la ricetta medica.
Oggi in tutta Europa il contraccettivo è acquistabile solo presentando una ricetta medica non ripetibile. In Italia, unico Paese in Europa, per ottenere la ricetta bisogna esibire un test di gravidanza negativo, effettuato sul sangue o sulle urine.
Qualche giorno fa, il Comitato per i medicinali per uso umano dell'Agenzia europea dei medicinali ha accolto la richiesta di modificare la prescrizione della pillola da "farmaco soggetto a prescrizione medica" a "farmaco non soggetto a prescrizione medica". Se la Commissione Europea approverà l'indicazione del Comitato, il medicinale dovrà essere venduto in tutta Europa come prodotto da banco senza obbligo di ricetta.
L'ulipristal acetato, questo il nome del principio attivo della pillola dei 5 giorni dopo, agisce bloccando i meccanismi ormonali che danno l'avvio all'ovulazione e dunque bloccando l'ovulazione, anche se imminente. Dopo un rapporto sessuale non protetto, gli spermatozoi impiegano circa un'ora per raggiungere le tube. Lì intercettano l'ovocita se l'ovulazione è appena avvenuta. In questo caso, il contraccettivo di emergenza non può far nulla. Se invece l'ovulazione non è ancora avvenuta, gli spermatozoi "attendono" l'arrivo dell'ovocita per circa 48 ore, la loro durata di vita media, con picchi fino a 80 ore di sopravvivenza. Se entro questo limite l'ovulazione non è avvenuta, gli spermatozoi muoiono e non fecondano l'ovocita. Scopo della pillola dei 5 giorni dopo è ritardare o bloccare l'ovulazione imminente per impedire l'incontro dell'ovocita con gli spermatozoi prima che questi muoiano.
"È stato dimostrato da studi clinici recenti che in caso di mancata azione contraccettiva, cioè se l'incontro tra ovocita e spermatozoo è già avvenuto prima dell'assunzione, l'ulipristal acetato non provoca aborti, né gravidanze extrauterine, né malformazioni", dice Annibale Volpe, past president della Società Italiana della Contraccezione.

martedì 25 novembre 2014

#gattiniperlascienza 3

La Chlamydia trachomatis è una delle più comuni infezioni sessualmente trasmesse. Non uccide come l'HIV, ma è subdola: nel 70% è asintomatica, ma se non viene riconosciuta e trattata tempestivamente, nel 10-40% dei casi può provocare una malattia infiammatoria pelvica potenzialmente dannosa per la fertilità.
L'uso del preservativo protegge la donna dal rischio di contrarre l'infezione e salvaguarda la sua fertilità futura. A chi ha rapporti sessuali non protetti, i ginecologi consigliano di sottoporsi almeno una volta all'anno a un tampone vaginale specifico per la diagnosi della clamidia. L'infezione si cura con un ciclo di antibiotici.

lunedì 24 novembre 2014

Tosse cronica del bambino: va curata nel modo giusto

Stickpen via Wikimedia Commons
Durante la stagione delle infezioni respiratorie, a tutti i bambini capita di avere la tosse. Di solito il disturbo è fastidioso, soprattutto se interferisce con il sonno notturno, ma di breve durata: si risolve nell'arco di pochi giorni, quando il bimbo guarisce dall'infezione.
"Nel 10% dei casi, la tosse persiste oltre le quattro settimane", dice Ahmad Kantar, direttore dell'Unità Ospedaliera di Pediatria degli Istituti Ospedalieri Bergamaschi e presidente del Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria Ospedaliera. "Si parla, allora, di tosse cronica. Spesso è dovuta a una ipersensibilità del riflesso della tosse che il bambino acquisisce a causa dell'infezione e, nel 20% dei casi, si risolve spontaneamente col tempo senza bisogno di assumere farmaci. Tuttavia, le cause della tosse cronica nel bambino possono essere tante, dunque il disturbo merita una visita dal pediatra e, se questi lo ritiene opportuno, un approfondimento diagnostico dallo specialista ed esami come la spirometria e la radiografia toracica".
In conclusione, spiega l'esperto:
-non bisogna sottovalutare la tosse cronica del bambino
-bisogna rivolgersi al pediatra per una visita e l'aventuale prescrizione di esami
-non bisogna somministrare al piccolo farmaci sintomatici o rimedi naturali senza un'indicazione del medico

domenica 23 novembre 2014

Diabete: una conferenza sulla salute in rete

In che modo la rete e i social network cambiano la percezione e la gestione di una malattia cronica come il diabete? Ne parleranno mercoledì 26 novembre alle ore 16, all'auditorium del Gruppo 24 Ore a Milano, specialisti, rappresentanti di associazioni di ammalati di diabete e delle loro famiglie, esperti di comunicazione e tecnologie digitali, a conclusione dell'iniziativa #5azioni della Sanofi.
Si parlerà anche di diabete gestazionale e di diabete infantile.

Qui trovate il programma dell'evento e la scheda per iscriversi e partecipare gratuitamente.
Chi mercoledì non sarà a Milano, potrà seguire la conferenza in diretta sul sito www.5azioni.it e su formazione.ilsole24ore.com/5azionisocialhealth

Anche Mammifera Digitale ospiterà la diretta qui


#gattiniperlascienza 2

D'inverno, non è l'esposizione all'aria aperta che fa ammalare, ma lo scambio di batteri e virus nei luoghi chiusi, surriscaldati e poco arieggiati. Giocare all'aria aperta, adeguatamente coperti, ed esporsi alla luce del sole stimola la produzione di vitamina D che rafforza le difese immunitarie, giova all'umore e fissa il calcio nelle ossa in crescita.

venerdì 21 novembre 2014

#gattiniperlascienza 1


Quella dal 17 al 23 novembre è la "settimana europea degli antibiotici", contro l'uso inappropriato di questi farmaci, che favorisce lo sviluppo di batteri resistenti

Vaccinazione anti HPV: la copertura nazionale è ferma al 70%

NIH via Wikimedia Commons
L'Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato il rapporto semestrale sull'avanzamento della campagna vaccinale contro il Papillomavirus.
Dal 2008 tutte le Regioni italiane offrono gratuitamente e attivamente il vaccino bivalente (contro i ceppi 16 e 18) o quello quadrivalente (contro i ceppi 6, 11, 16 e 18) a tutte le ragazze al compimento dell'undicesimo anno di età. In aggiunta, Valle D'Aosta, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Liguria e Romagna lo offrono attivamente e gratuitamente anche alle ragazze di 15, 18 e 25 anni.
Da quest'anno il piano vaccinale prevede la somministrazione di due dosi, sia per il farmaco bivalente sia per quello quadrivalente, a distanza di sei mesi una dall'altra. Chi ha già avviato il ciclo secondo la vecchia modalità, cioè con tre dosi, deve riceverle tutte e tre per assicurarsi una protezione efficace.
Il 75% delle giovani coinvolte finora nella campagna ha ricevuto la prima dose di vaccino. Il 70% ha completato il ciclo vaccinale.
L'obiettivo di raggiungere la copertura del 95% è ancora lontano.

Vuoi saperne di più sul Papillomavirus umano, sui rischi che comporta per la salute, su come ci si può proteggere dall'infezione e sulla prevenzione del tumore al collo dell'utero?
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La "superamniocentesi"

Scott via Wikimedia Commons
Qualche tempo fa sono stata alla conferenza stampa di presentazione dell'amniocentesi e della villocentesi genomica, le cosiddette superamniocentesi e supervillocentesi. Sono due esami prenatali di recente introduzione in Italia. Si possono fare solo nel privato e costano circa 1.500 euro (qui trovate informazioni pratiche al riguardo).
I due nuovi esami si basano sul sequenziamento rapido del DNA, cioè sulla possibilità di analizzare in poche ore "lettera per lettera" i 19 mila geni del DNA umano. Di questi 19 mila vengono presi in considerazione circa 350 geni, le cui varianti patogene sono all'origine di un centinaio di malattie ereditarie conosciute. La superamniocentesi permetterebbe dunque di diagnosticare in utero circa 100 patologie genetiche, contro le poche alterazioni cromosomiche e malattie ereditarie diagnosticabili con l'amniocentesi tradizionale.
Ho consultato l'amico Sergio Pistoi, biologo molecolare, giornalista scientifico e autore del libro "Il DNA incontra Facebook: viaggio nel supermarket della genetica" (Marsilio 2012), per chiedergli un parere sulla questione. Ne ho parlato anche con Faustina Lalatta, genetista della Clinica Mangiagalli di Milano e consulente dell'Associazione per lo Studio delle Malformazioni.

Ecco un po' di considerazioni che sono emerse.

In conferenza stampa, il ginecologo Claudio Giorlandino, uno dei promotori della nuova tecnica, ha spiegato i criteri con cui sono state scelte le malattie bersaglio dell'esame: sono tutte patologie gravi, ha detto, che si manifestano alla nascita o entro il primo anno di vita, di origine unicamente genetica e non multifattoriali, di frequenza superiore a un caso ogni 30.000 nati.
Scorrendo l'elenco delle malattie bersaglio, sia Sergio Pistoi che Faustina Lalatta hanno osservato invece che si tratta di un assortimento molto eterogeneo. La lista comprende patologie molto gravi, legate con certezza a variazioni di un singolo gene e relativamente diffuse, accanto ad altre estremamente rare e di impatto clinico modesto. Tra le varianti patogene diagnosticabili con la superamniocentesi, per esempio, ce ne sono alcune di quelle responsabili della distrofia muscolare, ma non tutte. Ci sono varianti le cui manifestazioni cliniche sono imprevedibili e possono avere conseguenze diverse in soggetti diversi.
Webridge via Wikimedia Commons
Pertanto, l'esito negativo dell'esame non garantisce affatto la certezza che il bambino nascerà sano, ma ne riduce il rischio. Ne riduce il rischio più dell'amniocentesi tradizionale, ma comunque in misura non significativa rispetto al rischio complessivo, considerato che nella popolazione generale solo il 3-4% nasce affetto da una malformazione o da una malattia genetica.
Di contro, un responso positivo può significare che il feto è affetto da una patologia grave, oppure da un disturbo lieve, oppure è portatore sano. La consulenza di un genetista per interpretare il risultato positivo è indispensabile, ma potrebbe comunque non essere risolutiva.
A fronte dell'ansia generata da una risposta di questo tipo, quali sono le possibili soluzioni? Per nessuna delle patologie considerate è possibile oggi intervenire in utero. Per alcune giova un trattamento tempestivo alla nascita, come quelle metaboliche, ma per diagnosticarle in tempo utile è sufficiente lo screening neonatale, non occorre quello prenatale, più invasivo e costoso. L'unica scelta che la coppia può fare se il responso è positivo è se interrompere la gravidanza o portarla a termine. E non è facile fare una scelta di questo tipo di fronte a una diagnosi che non da certezze sulle conseguenze cliniche della mutazione identificata. Per fare un esempio: l'esame identifica nel DNA fetale una variante connessa al nanismo, ma che in alcuni individui determina solo una statura leggermente inferiore alla media. La coppia interromperebbe la gravidanza in caso di nanismo grave? E in caso di bassa statura? Come decidere, se l'esame non da indicazioni sulla gravità della manifestazione clinica? (E non può darle, indipendentemente dalla precisione della tecnica)
"Il sequenziamento rapido del DNA umano è utilissimo per indagare sulle cause di una malattia di cui vediamo la manifestazione clinica ma non riusciamo a identificare l'origine", spiega Lalatta. "Per esempio: un bambino manifesta dei sintomi che potrebbero essere dovuti a diverse patologie genetiche. Col sequenziamento rapido completo del suo DNA possiamo arrivare alla diagnosi corretta e intervenire nel modo appropriato. Se applicata in epoca prenatale, a tappeto, in assenza di specifici fattori di rischio, può fornire delle informazioni che non aumentano realmente la conoscenza sulle condizioni di salute del feto, ma generano ansia e alternative indecidibili".
Il verdetto di Sergio Pistoi sulla tecnologia è positivo. "È uno strumento potente ed è un bene che sia a nostra disposizione", osserva. "È un bene che il sequenziamento rapido diventi via via sempre meno costoso e progressivamente diventi uno strumento alla portata di tutti, anche per la diagnostica prenatale per chi decide di farvi ricorso. L'importante è farvi ricorso sapendo veramente di che cosa si tratta, quali sono le sue potenzialità e quali i suoi limiti".

In breve:

È un esame invasivo e costoso, ma per chi non ha problemi economici ed è comunque intenzionato a fare l'amniocentesi, non cambia nulla da questo punto di vista

L'esito negativo non da certezze sulla salute del nascituro. Riduce il rischio di malattie genetiche, più dell'amniocentesi tradizionale, ma in misura non significativa rispetto al rischio complessivo per la popolazione generale.

L'esito positivo può dare la certezza di una patologia grave, oppure può portare alla luce una situazione in cui c'è un problema, ma non se ne conosce la gravità. Sulla base di queste informazioni, la coppia è chiamata a fare una scelta.

Concretamente, l'unica scelta che l'esame permette di fare è se interrompere o portare avanti la gravidanza.


giovedì 13 novembre 2014

Cuore di neve

La malattia vissuta da un bambino, vista da un bambino, con la sua spontaneità e autenticità, e rappresentata da una compagnia teatrale di bambini, la Compagnia dei Piccoli per Caso. È il tema dello spettacolo "Cuore di Neve", in scena al Teatro Ghione, a Roma, dal 18 al 30 novembre.
Al quarto anno di repliche, lo spettacolo scritto da Guido Governale e Veruska Rossi ha riscosso l'apprezzamento della critica e di 15 mila spettatori.
Chiamando il botteghino e dicendo "amici dei Piccoli per Caso", il biglietto (posto unico) per gli adulti è scontato da 28 a 16 euro. I ragazzi sotto i 14 anni pagano 12 euro (posto unico).

martedì 4 novembre 2014

Salute infantile in Italia: c'è ancora tanto da fare

Ibrahim Iujaz via Wikimedia Commons
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato "Investing in Children", le nuove linee guida strategiche per il periodo 2015-2020, per tutelare la salute di bambini e adolescenti nella regione europea.
La situazione nel nostro continente è eterogenea. Accanto a Paesi, come il nostro, con bassissima mortalità entro i primi 5 anni di vita, ce ne sono altri con una mortalità 25 volte più elevata. E anche nei Paesi in condizioni migliori, non mancano motivi di preoccupazione e problemi da risolvere.
Ho interpellato Milena Lo Giudice, pediatra di famiglia di Palermo e membro della Federazione Italiana Medici Pediatri, per commentare i dati contenuti nel documento e per tracciare una panoramica della situazione italiana.
"È vero che l'Italia è uno dei Paesi al mondo con la più bassa mortalità infantile, entro i primi 5 anni di vita", osserva Lo Giudice, "ma è pur vero che nel Sud Italia la mortalità perinatale, cioè entro i primi 28 giorni di vita, è doppia rispetto al Nord Italia. Cioè il bimbo che nasce al Nord ha il doppio della probabilità di sopravvivere rispetto al bimbo che nasce al Sud. Una situazione, evidentemente intollerabile, che dipende dalla maggior presenza nelle Regioni del Sud di molti centri nascita di piccole dimensioni, da meno di 500 parti all'anno. Venire alla luce in una di queste strutture non offre le stesse garanzie di sicurezza rispetto alle strutture più grandi, da 1000 e più parti all'anno".
C'è poi la nota dolente delle coperture vaccinali. "Il nostro Paese è uno di quelli con le più elevate coperture vaccinali in Europa, ma negli ultimi anni la diffusione incontrollata di notizie false sulla pericolosità dei vaccini ha spinto tante famiglie a perdere fiducia nei confronti di questo importantissimo strumento di prevenzione, con il risultato che le coperture vaccinali stanno calando sensibilmente in tutta Italia", dice la pediatra. "C'è il rischio concreto che nei prossimi anni tornino a verificarsi anche da noi epidemie di morbillo, una malattia infettiva potenzialmente mortale e invalidante, prevenibile con la vaccinazione".
Al riguardo, nel documento dell'OMS si legge che in Europa ogni anno un milione di bambini non riceve le vaccinazioni previste. Negli ultimi 3 anni nel continente sono stati riportati oltre 90.000 casi di morbillo e 70.000 di rosolia.
Magnus Fröderberg via Wikimedia Commons
C'è poi il capitolo della prevenzione delle malattie non trasmissibili, legate ad alimentazione e stile di vita. La ricerca medica ha dimostrato l'importanza dell'allattamento al seno e dell'impostazione di corrette abitudini alimentari nei primi anni di vita per la salute futura del bambino. "In Italia il 70-75% delle donne allatta al seno il proprio bimbo a tre mesi dalla nascita", osserva Lo Giudice. "È una buona percentuale, se si pensa che alcuni decenni fa l'allattamento materno era stato messo in ombra da quello artificiale, ma si può fare molto meglio di così. Quella che manca è la cultura dell'importanza di questo gesto, tanto è vero che ad allattare al seno sono soprattutto le madri con un livello più elevato di istruzione. Per quanto riguarda l'impostazione di corrette abitudini alimentari, nel nostro Paese è la televisione a remare contro, proponendo ai bambini martellanti pubblicità di merendine e alimenti ipercalorici. Anche in questo caso, la battaglia da combattere è quella dell'informazione corretta".
A un'alimentazione ipercalorica si affianca la sedentarietà. "Nelle città italiane ci sono pochi spazi a disposizione dei bambini per il gioco libero all'aria aperta", commenta la pediatra, "e le palestre, le attività sportive organizzate, sono spesso troppo costose per le tasche delle fasce di popolazione svantaggiate dal punto di vista economico. La crisi ha peggiorato la situazione negli ultimi anni".
Il documento dell'OMS segnala poi il grave problema degli abusi e dei maltrattamenti ai danni dei minori. "Il pediatra di famiglia può e deve essere un'antenna sociale in questo ambito", dice Lo Giudice. "Deve captare i segni di sofferenza nei piccoli assistiti in occasione delle visite e dei bilanci di salute e segnalare le situazioni sospette o quelle evidenti alle forze dell'ordine. Occorre in questo campo maggiore interazione tra strutture di pronto soccorso, pediatri di famiglia e scuole, per identificare i bambini vittima di maltrattamenti e abusi".
Infine, ma non meno importante, c'è la questione dei cosiddetti bambini invisibili. Sono minori, spesso figli di migranti irregolari o di nomadi, che non vengono registrati al Servizio Sanitario Nazionale, non hanno un pediatra di famiglia, non fanno bilanci di salute, controlli, non vengono vaccinati, non vanno a scuola. "Sono tanti anche in Italia", dice Lo Giudice. "Si pensi che in diverse Regioni italiane, i bambini figli di migranti non regolari hanno diritto alle cure al pronto soccorso, alle vaccinazioni, ma non al pediatra di famiglia. È una palese violazione della carta dei diritti del fanciullo, che l'Italia ha sottoscritto. Anche laddove hanno il diritto al pediatra di famiglia, spesso non ne usufruiscono perché le famiglie non vogliono venire allo scoperto, oppure perché non sono informate o ancora perché considerano i servizi sociali come una minaccia e non come un aiuto. In alcune Regioni, come la Sicilia, è prevista l'iscrizione all'elenco dei pediatri di famiglia in occasione del primo accesso del bambino al pronto soccorso, oppure all'arrivo in Italia, nel caso di minori migranti, per intercettarne il maggior numero possibile".

Le cifre dell'endometriosi

Ⅿeagan from Tulsa via Wikimedia Commons
La settimana scorsa, il Policlinico Gemelli di Roma ha ospitato il convegno internazionale "Adenomyosis - Deep Endometriosis - Ovarian Reserve" sull'endometriosi, una delle più diffuse patologie ginecologiche, che interessa il 7-10% delle donne in età riproduttiva. Consiste nella presenza di porzioni di endometrio, la mucosa che riveste internamente l'utero, in sedi diverse dalla cavità uterina, per esempio nelle ovaie, nelle tube, nella vescica, nel retto. Queste porzioni di endometrio fuori posto sono soggette all'azione degli ormoni sessuali femminili come l'endometrio uterino e vanno incontro a sfaldamento e sanguinamento ciclico in concomitanza con le mestruazioni, provocando infiammazione e dolore.
Ecco alcune cifre emerse dal convegno:
  • soffre di endometriosi il 25-50% delle donne sterili
  • ne soffre il 60% delle donne con dismenorrea, cioè con dolore associato alle mestruazioni
  • dal 30 al 50% delle donne con endometriosi è sterile
  • la terapia farmacologica volta a impedire il sanguinamento delle porzioni anomale di endometrio non ha alcun effetto sulla sterilità da endometriosi
  • al contrario la terapia chirurgica, cioè la rimozione delle porzioni di endometrio fuori posto, aumenta le probabiltà di gravidanza sia nei casi di endometriosi lieve associata a sterilità, sia nei casi più severi

lunedì 3 novembre 2014

Il Piemonte passa dal Pap test al test HPV

Laboratory of Tumor Virus Biology - NIH via Wikimedia Commons
La Regione Piemonte ha sostituito il tradizionale Pap test come esame di screening per la prevenzione del tumore al collo dell'utero con il test per l'HPV. Le donne di età compresa tra 30 anni e 64 anni residenti nella Regione, che fino a pochi mesi fa venivano invitate a presentarsi ogni tre anni agli ambulatori del servizio sanitario pubblico per effettuare il Pap test di routine, ora verranno invitate ogni cinque anni negli stessi centri a effettuare il nuovo esame. Per ragioni organizzative, il passaggio dalla vecchia alla nuova routine verrà completato nel corso dei prossimi cinque anni.
Il Pap test, o test di Papanicolau, consiste nel prelievo di poche cellule di mucosa del collo dell'utero, con un bastoncino simile a un cotton fioc, e nella successiva analisi al microscopio del campione per evidenziare eventuali mutazioni pretumorali innescate dal Papillomavirus umano.
Il Papillomavirus, o HPV, è riconosciuto come unica causa del cancro al collo dell'utero, ma contrarre l'infezione non è sufficiente per sviluppare il tumore. Se il sistema immunitario non riesce a eliminare il virus e questo persiste a lungo, per anni, nelle cellule della mucosa cervicale, può indurre nel DNA delle stesse cellule delle mutazioni che determinano la loro proliferazione incontrollata.
Il Pap test permette di individuare le lesioni pretumorali con largo anticipo, prima che evolvano in forme invasive, e quindi intervenire per rimuoverle con il minimo danno e il minimo rischio. Si è dimostrato fino ad ora un'arma efficacissima per ridurre drasticamente l'incidenza e la mortalità del tumore della cervice uterina.
Il test per l'HPV, di recente introduzione, si effettua con le stesse modalità, ma il campione di materiale biologico non viene osservato al microscopio alla ricerca di mutazioni. Viene analizzato automaticamente da una macchina che identifica nelle cellule l'eventuale presenza di DNA virale dei ceppi ad alto rischio tumorale del Papillomavirus. L'esame serve dunque a diagnosticare l'infezione in corso e solo le infezioni imputabili a un ceppo potenzialmente cancerogeno.
Chi riceve una diagnosi negativa non ha nulla da temere, perché in assenza del virus non può sviluppare lesioni, dunque non deve sottoporsi a Pap test e può aspettare cinque anni prima di ripetere il test per l'HPV.
Il risultato positivo non equivale a una diagnosi di lesione tumorale o pretumorale, ma segnala una condizione di rischio. Chi riceve una diagnosi di infezione in corso deve sottoporsi a Pap test, per verificare che il virus non abbia fatto danni. Se il Pap test è negativo, viene chiamata a ripetere ogni anno HPV e Pap test fino a quando il test per il virus non torna a risultare negativo, segno che il sistema immunitario si è sbarazzato dell'HPV.
La nuova routine consente di allungare l'intervallo tra un esame e l'altro da tre a cinque anni per le donne che hanno esito negativo e di identificare con maggiore anticipo i casi a rischio per seguirli con più attenzione. L'importante è sapere che la positività al test HPV non è una diagnosi di malattia e neppure implica necessariamente la successiva insorgenza della malattia. L'evoluzione da Papillomavirus a tumore è comunque un'eventualità rara, che può essere arrestata proprio grazie a un controllo attento.
Il passaggio dallo screening con Pap test al nuovo screening con HPV test riguarda solo le donne sopra i 30 anni. Quelle di età complresa tra i 25 e i 29 anni continueranno a essere invitate a fare il Pap test ogni tre anni. Nella loro fascia d'età, infatti, le infezioni da HPV sono più frequenti e nella maggioranza dei casi si risolvono spontaneamente in pochi mesi senza alcuna conseguenza.