venerdì 21 novembre 2014

La "superamniocentesi"

Scott via Wikimedia Commons
Qualche tempo fa sono stata alla conferenza stampa di presentazione dell'amniocentesi e della villocentesi genomica, le cosiddette superamniocentesi e supervillocentesi. Sono due esami prenatali di recente introduzione in Italia. Si possono fare solo nel privato e costano circa 1.500 euro (qui trovate informazioni pratiche al riguardo).
I due nuovi esami si basano sul sequenziamento rapido del DNA, cioè sulla possibilità di analizzare in poche ore "lettera per lettera" i 19 mila geni del DNA umano. Di questi 19 mila vengono presi in considerazione circa 350 geni, le cui varianti patogene sono all'origine di un centinaio di malattie ereditarie conosciute. La superamniocentesi permetterebbe dunque di diagnosticare in utero circa 100 patologie genetiche, contro le poche alterazioni cromosomiche e malattie ereditarie diagnosticabili con l'amniocentesi tradizionale.
Ho consultato l'amico Sergio Pistoi, biologo molecolare, giornalista scientifico e autore del libro "Il DNA incontra Facebook: viaggio nel supermarket della genetica" (Marsilio 2012), per chiedergli un parere sulla questione. Ne ho parlato anche con Faustina Lalatta, genetista della Clinica Mangiagalli di Milano e consulente dell'Associazione per lo Studio delle Malformazioni.

Ecco un po' di considerazioni che sono emerse.

In conferenza stampa, il ginecologo Claudio Giorlandino, uno dei promotori della nuova tecnica, ha spiegato i criteri con cui sono state scelte le malattie bersaglio dell'esame: sono tutte patologie gravi, ha detto, che si manifestano alla nascita o entro il primo anno di vita, di origine unicamente genetica e non multifattoriali, di frequenza superiore a un caso ogni 30.000 nati.
Scorrendo l'elenco delle malattie bersaglio, sia Sergio Pistoi che Faustina Lalatta hanno osservato invece che si tratta di un assortimento molto eterogeneo. La lista comprende patologie molto gravi, legate con certezza a variazioni di un singolo gene e relativamente diffuse, accanto ad altre estremamente rare e di impatto clinico modesto. Tra le varianti patogene diagnosticabili con la superamniocentesi, per esempio, ce ne sono alcune di quelle responsabili della distrofia muscolare, ma non tutte. Ci sono varianti le cui manifestazioni cliniche sono imprevedibili e possono avere conseguenze diverse in soggetti diversi.
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Pertanto, l'esito negativo dell'esame non garantisce affatto la certezza che il bambino nascerà sano, ma ne riduce il rischio. Ne riduce il rischio più dell'amniocentesi tradizionale, ma comunque in misura non significativa rispetto al rischio complessivo, considerato che nella popolazione generale solo il 3-4% nasce affetto da una malformazione o da una malattia genetica.
Di contro, un responso positivo può significare che il feto è affetto da una patologia grave, oppure da un disturbo lieve, oppure è portatore sano. La consulenza di un genetista per interpretare il risultato positivo è indispensabile, ma potrebbe comunque non essere risolutiva.
A fronte dell'ansia generata da una risposta di questo tipo, quali sono le possibili soluzioni? Per nessuna delle patologie considerate è possibile oggi intervenire in utero. Per alcune giova un trattamento tempestivo alla nascita, come quelle metaboliche, ma per diagnosticarle in tempo utile è sufficiente lo screening neonatale, non occorre quello prenatale, più invasivo e costoso. L'unica scelta che la coppia può fare se il responso è positivo è se interrompere la gravidanza o portarla a termine. E non è facile fare una scelta di questo tipo di fronte a una diagnosi che non da certezze sulle conseguenze cliniche della mutazione identificata. Per fare un esempio: l'esame identifica nel DNA fetale una variante connessa al nanismo, ma che in alcuni individui determina solo una statura leggermente inferiore alla media. La coppia interromperebbe la gravidanza in caso di nanismo grave? E in caso di bassa statura? Come decidere, se l'esame non da indicazioni sulla gravità della manifestazione clinica? (E non può darle, indipendentemente dalla precisione della tecnica)
"Il sequenziamento rapido del DNA umano è utilissimo per indagare sulle cause di una malattia di cui vediamo la manifestazione clinica ma non riusciamo a identificare l'origine", spiega Lalatta. "Per esempio: un bambino manifesta dei sintomi che potrebbero essere dovuti a diverse patologie genetiche. Col sequenziamento rapido completo del suo DNA possiamo arrivare alla diagnosi corretta e intervenire nel modo appropriato. Se applicata in epoca prenatale, a tappeto, in assenza di specifici fattori di rischio, può fornire delle informazioni che non aumentano realmente la conoscenza sulle condizioni di salute del feto, ma generano ansia e alternative indecidibili".
Il verdetto di Sergio Pistoi sulla tecnologia è positivo. "È uno strumento potente ed è un bene che sia a nostra disposizione", osserva. "È un bene che il sequenziamento rapido diventi via via sempre meno costoso e progressivamente diventi uno strumento alla portata di tutti, anche per la diagnostica prenatale per chi decide di farvi ricorso. L'importante è farvi ricorso sapendo veramente di che cosa si tratta, quali sono le sue potenzialità e quali i suoi limiti".

In breve:

È un esame invasivo e costoso, ma per chi non ha problemi economici ed è comunque intenzionato a fare l'amniocentesi, non cambia nulla da questo punto di vista

L'esito negativo non da certezze sulla salute del nascituro. Riduce il rischio di malattie genetiche, più dell'amniocentesi tradizionale, ma in misura non significativa rispetto al rischio complessivo per la popolazione generale.

L'esito positivo può dare la certezza di una patologia grave, oppure può portare alla luce una situazione in cui c'è un problema, ma non se ne conosce la gravità. Sulla base di queste informazioni, la coppia è chiamata a fare una scelta.

Concretamente, l'unica scelta che l'esame permette di fare è se interrompere o portare avanti la gravidanza.


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