martedì 4 novembre 2014

Salute infantile in Italia: c'è ancora tanto da fare

Ibrahim Iujaz via Wikimedia Commons
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato "Investing in Children", le nuove linee guida strategiche per il periodo 2015-2020, per tutelare la salute di bambini e adolescenti nella regione europea.
La situazione nel nostro continente è eterogenea. Accanto a Paesi, come il nostro, con bassissima mortalità entro i primi 5 anni di vita, ce ne sono altri con una mortalità 25 volte più elevata. E anche nei Paesi in condizioni migliori, non mancano motivi di preoccupazione e problemi da risolvere.
Ho interpellato Milena Lo Giudice, pediatra di famiglia di Palermo e membro della Federazione Italiana Medici Pediatri, per commentare i dati contenuti nel documento e per tracciare una panoramica della situazione italiana.
"È vero che l'Italia è uno dei Paesi al mondo con la più bassa mortalità infantile, entro i primi 5 anni di vita", osserva Lo Giudice, "ma è pur vero che nel Sud Italia la mortalità perinatale, cioè entro i primi 28 giorni di vita, è doppia rispetto al Nord Italia. Cioè il bimbo che nasce al Nord ha il doppio della probabilità di sopravvivere rispetto al bimbo che nasce al Sud. Una situazione, evidentemente intollerabile, che dipende dalla maggior presenza nelle Regioni del Sud di molti centri nascita di piccole dimensioni, da meno di 500 parti all'anno. Venire alla luce in una di queste strutture non offre le stesse garanzie di sicurezza rispetto alle strutture più grandi, da 1000 e più parti all'anno".
C'è poi la nota dolente delle coperture vaccinali. "Il nostro Paese è uno di quelli con le più elevate coperture vaccinali in Europa, ma negli ultimi anni la diffusione incontrollata di notizie false sulla pericolosità dei vaccini ha spinto tante famiglie a perdere fiducia nei confronti di questo importantissimo strumento di prevenzione, con il risultato che le coperture vaccinali stanno calando sensibilmente in tutta Italia", dice la pediatra. "C'è il rischio concreto che nei prossimi anni tornino a verificarsi anche da noi epidemie di morbillo, una malattia infettiva potenzialmente mortale e invalidante, prevenibile con la vaccinazione".
Al riguardo, nel documento dell'OMS si legge che in Europa ogni anno un milione di bambini non riceve le vaccinazioni previste. Negli ultimi 3 anni nel continente sono stati riportati oltre 90.000 casi di morbillo e 70.000 di rosolia.
Magnus Fröderberg via Wikimedia Commons
C'è poi il capitolo della prevenzione delle malattie non trasmissibili, legate ad alimentazione e stile di vita. La ricerca medica ha dimostrato l'importanza dell'allattamento al seno e dell'impostazione di corrette abitudini alimentari nei primi anni di vita per la salute futura del bambino. "In Italia il 70-75% delle donne allatta al seno il proprio bimbo a tre mesi dalla nascita", osserva Lo Giudice. "È una buona percentuale, se si pensa che alcuni decenni fa l'allattamento materno era stato messo in ombra da quello artificiale, ma si può fare molto meglio di così. Quella che manca è la cultura dell'importanza di questo gesto, tanto è vero che ad allattare al seno sono soprattutto le madri con un livello più elevato di istruzione. Per quanto riguarda l'impostazione di corrette abitudini alimentari, nel nostro Paese è la televisione a remare contro, proponendo ai bambini martellanti pubblicità di merendine e alimenti ipercalorici. Anche in questo caso, la battaglia da combattere è quella dell'informazione corretta".
A un'alimentazione ipercalorica si affianca la sedentarietà. "Nelle città italiane ci sono pochi spazi a disposizione dei bambini per il gioco libero all'aria aperta", commenta la pediatra, "e le palestre, le attività sportive organizzate, sono spesso troppo costose per le tasche delle fasce di popolazione svantaggiate dal punto di vista economico. La crisi ha peggiorato la situazione negli ultimi anni".
Il documento dell'OMS segnala poi il grave problema degli abusi e dei maltrattamenti ai danni dei minori. "Il pediatra di famiglia può e deve essere un'antenna sociale in questo ambito", dice Lo Giudice. "Deve captare i segni di sofferenza nei piccoli assistiti in occasione delle visite e dei bilanci di salute e segnalare le situazioni sospette o quelle evidenti alle forze dell'ordine. Occorre in questo campo maggiore interazione tra strutture di pronto soccorso, pediatri di famiglia e scuole, per identificare i bambini vittima di maltrattamenti e abusi".
Infine, ma non meno importante, c'è la questione dei cosiddetti bambini invisibili. Sono minori, spesso figli di migranti irregolari o di nomadi, che non vengono registrati al Servizio Sanitario Nazionale, non hanno un pediatra di famiglia, non fanno bilanci di salute, controlli, non vengono vaccinati, non vanno a scuola. "Sono tanti anche in Italia", dice Lo Giudice. "Si pensi che in diverse Regioni italiane, i bambini figli di migranti non regolari hanno diritto alle cure al pronto soccorso, alle vaccinazioni, ma non al pediatra di famiglia. È una palese violazione della carta dei diritti del fanciullo, che l'Italia ha sottoscritto. Anche laddove hanno il diritto al pediatra di famiglia, spesso non ne usufruiscono perché le famiglie non vogliono venire allo scoperto, oppure perché non sono informate o ancora perché considerano i servizi sociali come una minaccia e non come un aiuto. In alcune Regioni, come la Sicilia, è prevista l'iscrizione all'elenco dei pediatri di famiglia in occasione del primo accesso del bambino al pronto soccorso, oppure all'arrivo in Italia, nel caso di minori migranti, per intercettarne il maggior numero possibile".

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