domenica 2 agosto 2015

Il neonato sano: istruzioni per l'uso? (Seconda Parte)

Nelle prime ore di vita è meglio allontanare dalla madre il bambino, benché sano e nato a termine, e affidarlo alle cure del personale sanitario, per tenere sotto controllo le sue condizioni di salute e prevenire eventi avversi, improbabili ma sempre possibili.
Nella prima parte di questo post ho riportato le critiche mosse da medici, ostetriche e consulenti per l'allattamento a questa controversa affermazione, contenuta in un documento pubblicato dalla Società Italiana di Neonatologia.
Non è questo l'unico punto critico del testo della SIN.

di Petr Kratochvil via Wikimedia Commons


Il calo fisiologico e l'aggiunta

Per esempio, si legge nel documento che “il calo di peso nei primi giorni di vita fino al 10% del peso di nascita è assolutamente fisiologico e non deve destare preoccupazione”.
Poco più avanti viene detto, però: “Se il calo è tra il 7% e il 10% si integra l’allattamento al seno con latte artificiale (aggiunta di latte dopo la poppata al seno) in modo da garantire al neonato l’apporto adeguato, si controlla la diuresi (semplice osservazione) e si danno indicazioni ai genitori sull’alimentazione al seno. Se il calo di peso è maggiore del 10% si controlla la diuresi con il peso del pannolino, si eseguono esami ematochimici (natremia e creatininemia) e si suggerisce un’integrazione alimentare con latte artificiale dopo la poppata al seno”.
Dunque il calo è fisiologico entro il 10%, ma già al 7% è opportuno intervenire con l'aggiunta di latte artificiale? “In terza giornata dopo il parto, il calo può raggiungere il 10%”, spiega Elisabetta D'Amore, coordinatrice ostetrica di sala parto dell'Ospedale Fatebenefratelli dell'Isola Tiberina di Roma. “Se la soglia viene superata, bisogna comprenderne le ragioni: forse c'è qualcosa che non va nelle modalità di attacco al seno, forse le poppate non sono abbastanza frequenti. Solo se i tentativi di risolvere il problema non danno risultati soddisfacenti e il bambino continua a calare di peso o non lo recupera, si prescrive l'aggiunta, che non deve essere demonizzata, ma che va prescritta quando ce n'è effettiva necessità”.
Ho chiesto a Costantino Romagnoli, presidente della SIN, di chiarire il senso dell'integrazione di latte artificiale se il calo neonatale è al 7%, dunque ancora entro i limiti della fisiologia. “È ben noto che un calo fisiologico superiore al 10% vuol dire che il neonato non ha ricevuto liquidi a sufficienza”, risponde il neonatologo. “Questo comporta spesso una contrazione della diuresi (emissione di urine) e un aumento della concentrazione di sodio e di elettroliti nel sangue che può essere molto dannosa (convulsioni ipernatriemiche). Chi, come me, lavora in in un grande ospedale vede molti neonati che vengono ricoverati con questo problema (la disidratazione, non le convulsioni) perché non è stato valutato bene l’apporto alimentare o perché l’allattamento stenta a decollare. Allora da sempre un calo giornaliero superiore al 5% viene da noi considerato a rischio e necessita di un controllo alimentare (verificare quanto latte prende il bambino, controllare la diuresi e il peso) ed integrare con liquidi l’eventuale carenza. Il limite del 7% è il limite di allarme per evitare che il neonato superi il 10% del calo totale: vuol dire assistere meglio la madre nell’allattamento, controllare più da vicino il neonato in rooming-in ed eventualmente consigliare integrazioni se necessarie”.
Ancora una volta, dunque, il principio che anima queste indicazioni è considerare la fisiologia una condizione a rischio di sfociare nella patologia. “Può accadere che una donna abbia poco latte, che l'integrazione si riveli necessaria, ma non è assolutamente la norma. La disidratazione del neonato non è un evento frequente”, commenta Riccardo Davanzo, neonatologo dell'Ospedale Burlo Garofolo di Trieste. “Bisogna fare chiarezza e non agitare spauracchi”.
L'integrazione con latte in formula non può essere prescritta in via precauzionale, senza reale necessità, perché non è priva di effetti indesiderati. “È l'inizio di un circolo vizioso che pregiudica il buon avvio dell'allattamento”, commenta la Coalizione Italiana per l'Alimentazione dei Neonati e dei Bambini. Succede che il neonato, saziato dall'aggiunta, riduce la frequenza delle poppate al seno e le mammelle, senza la giusta stimolazione, riducono la produzione di latte. Un circolo vizioso, appunto.

di I Produnis via Wikimedia Commons


A richiesta, ma non troppo

Parlando ancora di allattamento, il documento della SIN afferma che “ogni poppata dovrebbe durare in tutto circa 20-30 minuti (non più di 10-15 minuti per seno) alternando il seno da cui si inizia”. Allattamento a richiesta, dunque, ma con l'orologio in mano.
“Ogni neonato ha i suoi tempi, che sono anche dettati dalla frequenza delle ondate di latte a disposizione e dalla calibrazione del seno”, risponde la CIANB, “in più, il neonato si stacca spontaneamente da una mammella quando ha assunto tutta la quantità di grassi che gli giova; dare tempi per una poppata e per ogni singola mammella va contro la fisiologia dell’allattamento”.
Interpellato su questo punto, Romagnoli risponde così alle critiche. “Chi ha qualche anno sulle spalle, ha vissuto in passato il tempo delle doppie pesate ed ha potuto verificare che tale pratica è poco utile e non la consiglia più, se si attuano gli altri controlli consigliati. Quella pratica però ci ha insegnato che nei primi 5-10 minuti ad ogni seno il neonato assume il 95% del latte che assumerà in totale qualunque sia la durata della poppata”.
Va detto, però, che la composizione del latte materno non è omogenea nel corso della poppata. “Quello che il piccolo assume nei primi minuti di suzione è ricco di zuccheri e povero di grassi, acquoso”, spiega Elisabetta D'Amore. “Man mano che la mammella si svuota, il liquido si fa più denso e ricco di grassi, indispensabili per il nutrimento del neonato. I bimbi che d'abitudine vengono staccati pochi minuti dopo avere iniziato a mangiare, crescono più lentamente e tendono a cercare più spesso il seno”.
Riguardo alla frequenza delle poppate nelle prime settimane di vita, il testo della SIN dice che “è importante attaccare il neonato al seno appena possibile e frequentemente nei primi giorni di vita poiché la suzione dal capezzolo è l’unico stimolo veramente efficace per la produzione del latte”, ma poi aggiunge: “Il neonato si autoregola nell’appetito e piange quando ha fame. Questo è certamente vero quando il colostro iniziale si sarà trasformato in latte maturo (15-20 giorni dopo il parto), ma fino a quel momento cercare un ritmo sarà utile per il neonato e per il seno materno. Se si attacca il neonato al seno ogni 2-3 ore e si cerca di allungare il tempo tra una poppata e l’altra non c’è dubbio che si facilita l’assunzione di quantità di latte maggiori perché il seno ha più tempo per riempirsi. Nello stesso tempo un neonato che mangia quantità sempre maggiori tende ad assumere un ritmo di poppate inferiori lasciando alla madre il tempo di recuperare (forze e sonno)”.
Dunque la suzione frequente stimola la produzione di latte, ma è meglio allungare la distanza tra le poppate per consentire al seno di riempirsi. I conti non tornano.
“Se è vero che in fase di avvio dell’allattamento la stimolazione più frequente è utile a stimolare la produzione di latte”, commenta Costantino Romagnoli, “una volta avviato l’allattamento il neonato tende ad assumere più latte ad ogni poppata e questo dilata progressivamente il suo stomaco che all’inizio è una cavità virtuale. Ora, se il neonato viene allattato ogni ora, prende poco latte (quello che si può essere prodotto in un’ora) e mangerà 15-20 volte al giorno. Questo porta la madre ad un affaticamento che va ad interferire fisicamente e psicologicamente sull’allattamento futuro. Si pensi che, oggi, il sentirsi non adeguata all’allattamento è la causa principale della depressione post-partum”.
Ma se il bambino non succhia frequentemente, il seno non si riempie. “È un meccanismo naturale che si è sviluppato nei mammiferi per rallentare o bloccare la produzione del latte se la richiesta da parte del piccolo diminuisce o viene a mancare”, spiega Elisabetta D'Amore. “Distanziare forzatamente le poppate comporta una riduzione della produzione di latte. Il bambino regola la produzione del latte materno aumentando o diminuendo la frequenza delle richieste a seconda della quantità di alimento di cui ha bisogno”.
Infine, si legge nel testo della SIN: “Bisogna rassicurare le mamme che se si somministra qualche liquido (acqua, camomilla, tisana) al neonato questo si attaccherà comunque al seno”.
A che pro somministrare al neonato acqua, camomilla o tisana, se ricava i liquidi e il nutrimento di cui ha bisogno dal latte materno? “Se un neonato piange ininterrottamente, nonostante la madre lo tenga al seno in continuo (e non è evento poco frequente soprattutto nei primi giorni dopo il parto per primipare, tagli cesarei, madri con capezzoli introflessi, neonati di basso peso e late preterm) cosa si proporrà di fare se non di dare qualche liquido? O sarebbe meglio il latte artificiale?”, risponde Romagnoli.
“Il neonato che mangia regolarmente, che bagna 5-6 pannolini al giorno e che cresce secondo fisiologia non ha bisogno di acqua, camomilla, tisane o di latte in formula”, dice Elisabetta D'Amore. “Il fatto che pianga frequentemente non vuol dire che abbia fame o sete. Il pianto è un sintomo aspecifico: può dipendere da mille motivi. Bisogna piuttosto cercare di capire perché il piccolo si comporta così. La somministrazione di liquidi in aggiunta al latte materno nei primi giorni di vita, a meno che non sia necessaria per ragioni mediche, mette a rischio il buon avvio dell'allattamento, perché può instaurare nel bambino una falsa percezione di sazietà e spingerlo a succhiare meno latte”.

Nella prima e nella seconda parte di questo post ho evidenziato alcuni dei punti più controversi del documento pubblicato dalla SIN. “Sono certo che queste mie considerazioni accresceranno le critiche più che rispondere ad esse”, ha commentato Romagnoli al termine dell'intervista. “Ma la pratica clinica non è fatta di sentenze e di teorie. La salute della madre e del bambino la si protegge agendo in sicurezza ed evitando rischi inutili”.
L'approccio che il presidente della SIN propone per agire in sicurezza e prevenire rischi inutili non è condiviso da tutti i suoi colleghi. “Il documento del presidente è oggetto di discussione sia all'esterno che all'interno della Società”, dice Davanzo. “La dialettica è accesa. Il dibattito proseguirà e vedremo a che cosa porterà”.



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