giovedì 3 novembre 2016

"Come le viene in mente di vaccinare sua figlia?"

La primavera scorsa, su consiglio del pediatra di famiglia, ho accompagnato mia figlia di 8 anni all'ambulatorio vaccinale di zona, quello della ASL RME, per fare la vaccinazione anti-meningococco B. Le hanno somministrato la prima dose e la dottoressa mi ha raccomandato di tornare per la seconda. Da alcuni mesi, però, l'ambulatorio risulta sguarnito del vaccino e al telefono mi dicono di aspettare, di riprovare più avanti.
Il 20 ottobre ho telefonato per l'ennesima volta per avere notizie. Mi ha risposto una persona che mi ha redarguita senza mezzi termini: “signora, come le viene in mente di fare la vaccinazione contro il meningococco B a sua figlia?! È un vaccino inefficace, lo dice la letteratura scientifica mondiale. Se glielo ha consigliato il pediatra, vuol dire che il suo pediatra non è informato. Comunque nella fascia d'età di sua figlia è del tutto inutile fare questa vaccinazione”.

Sul momento sono rimasta basita e non ho pensato di chiedere nome e qualifica della persona con cui stavo parlando. Invece, ho telefonato immediatamente a Paolo Bonanni, ordinario di Igiene dell'Università di Firenze. Appena due settimane prima lo avevo intervistato in occasione della presentazione del Calendario Vaccinale per la Vita, alla cui stesura ha contribuito.
Gli ho raccontato l'accaduto e ho chiesto un suo parere. Mi ha risposto che il rischio di contrarre un'infezione da meningococco B, soprattutto all'età di mia figlia, è basso, ma nell'eventualità che ciò accadesse, le conseguenze sarebbero potenzialmente gravissime. Il vaccino è sicuro ed efficace e dunque se io voglio offrirle protezione contro questo rischio, pagandola di tasca mia, ben venga e andrei incoraggiata anziché redarguita. Va detto che il servizio sanitario pubblico non offre gratuitamente la vaccinazione anti-meningococco B ai bambini di 8 anni, dunque ho pagato l'intero costo della prima dose e sono pronta a fare lo stesso per la seconda.
Pentita di non avere chiesto nome e qualifica alla persona con cui avevo parlato (magari era un anti-vaccinista imbucato che si era impossessato della cornetta), il giorno dopo ho richiamato lo stesso numero. Mi ha risposto la stessa persona che si è qualificata come il direttore dell'ambulatorio vaccinale. “Sia chiaro che non sono un anti-vaccinista”, ha esordito. “Io vaccinerei tutti contro tutto. In questo caso, però, ribadisco quello che ho detto: non c'è una prova clinica a dimostrazione dell'efficacia del vaccino contro il meningococco B, inoltre è attivo solo contro alcuni ceppi del batterio, quindi la sua protezione è incompleta. Non lo dico io, ma un documento dell'Istituto Superiore della Sanità del 2014. E comunque è indicato solo nel primo anno di vita, dopo non serve a nulla”.
di Elnaz6 via Wikimedia Commons


Che cosa dice il documento dell'ISS

Determinata a fare chiarezza, ho scaricato il documento in questione: Dati ed evidenze disponibili per l'introduzione della vaccinazione anti-meningococco B nei nuovi nati e negli adolescenti. Dopo l'uscita e l'autorizzazione al commercio del vaccino, il Ministero della Salute ha incaricato il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell'Istituto Superiore di Sanità di avviare un'istruttoria tecnico-scientifica per valutare l'opportunità di inserire la nuova vaccinazione nel calendario nazionale. Il documento è il rapporto stilato al termine dell'istruttoria.
Nel testo si legge: “Il vaccino anti-meningococco B è stato registrato sulla base di studi clinici di immunogenicità e sicurezza. L’efficacia, come riportato nella scheda tecnica, non è stata direttamente valutata ma è stata dedotta attraverso l’analisi delle risposte anticorpali, misurate attraverso la serum bactericidal activity (hSBA), verso i quattro antigeni del vaccino: NadA, fHbp, NHBA, PorA P1.4.” È stato, cioè, verificato che il vaccino somministrato stimola la produzione di anticorpi contro quattro antigeni del meningococco B, ma non è stato verificato che i bambini vaccinati siano protetti contro il rischio di infezione.
Per quanto riguarda la durata dell'effetto del vaccino, si legge: “Relativamente alla persistenza della risposta immunitaria, i dati disponibili non sono sufficientemente solidi per trarre conclusioni definitive. Dagli studi considerati sembra che i titoli anticorpali, misurati circa 3 anni dopo il completamento del ciclo primario, diminuiscano; una dose booster in età prescolare è risultata ben tollerata e in grado di indurre una risposta anamnestica.” Cioè non sappiamo ancora per quanti anni il sistema immunitario mantenga memoria della vaccinazione. Dopo 3 anni dalla somministrazione, la concentrazione degli anticorpi anti-meningococco B diminuisce, dunque probabilmente è opportuno prevedere un richiamo dopo il primo ciclo vaccinale.
Considerata la distribuzione dei ceppi del batterio che circolano in Italia, dice il documento che “il vaccino 4CMenB è in grado di proteggere contro l’87% (IC 95%: 70% - 93%) dei ceppi di meningococco B”.
Infine, il documento dell'ISS giudica accettabile il rapporto tra benefici e rischi della vaccinazione per i bambini e gli adolescenti sulla base degli studi clinici effettuati prima della registrazione del prodotto. Come tutti i vaccini, anche questo è oggetto di controlli e sorveglianza post marketing da parte dell'azienda produttrice e delle agenzie regolatorie, che raccolgono tutte le segnalazioni di effetti avversi e le esaminano “allo scopo di approfondire le conoscenze relative al profilo beneficio-rischio del vaccino in una popolazione più ampia”.
di Eduardo Merille, Flickr


È efficace o no?

Dunque è vero che non c'è la prova clinica della capacità del vaccino di proteggere contro il rischio di infezione da meningococco B. Ma ciò significa che non è dimostrata la sua efficacia? Significa che è inefficace?
Ho richiamato Paolo Bonanni e gli ho posto la questione. “È vero che il vaccino è stato registrato sulla base di dati di immunogenicità e del test MATS e non sulla base di sperimentazioni cliniche classiche: un gruppo vaccinato, un gruppo placebo e verifica della differente incidenza della malattia nei due gruppi”, risponde. “Però quello era il solo modo, accettato dall’Agenzia Europea per i Farmaci, l'EMA, di avere il vaccino per una malattia rara registrato in tempi rapidi. Con il metodo classico ci sarebbero voluti molti anni, con i conseguenti danni che ne sarebbero derivati… Questo fatto non toglie che è accettato che il vaccino può prevenire la maggior parte dei casi di meningite e sepsi da meningococco B. Per tempi non infiniti? Ci vogliono richiami? Lo scopriremo, ma questo è il solo mezzo ad oggi disponibile per prevenire una malattia rara ma molto pesante come conseguenze per la vita e per l’invalidità che ne possono conseguire”.
Inoltre, dice Bonanni, anche se la protezione non è totale, non riguarda tutti i ceppi circolanti, è sempre meglio che non essere affatto protetti. L'87% è meglio dello 0%, che è quel che si ottiene non vaccinando.
Altre informazioni che si ricavano dal rapporto dell'ISS: le infezioni invasive da meningococco B sono rare. L'incidenza in Italia in tutte le fasce d'età tra il 2007 e il 2012 risulta dello 0,23 su 100 mila. Ha un picco di 3,44 su 100 mila nel primo anno di vita, è pari a 1,07 su 100 mila nella fascia tra 1 e 4 anni. Poi decresce e ha un nuovo picco nella fascia tra 15 e 19 anni, da 0,52 su 100 mila. Vuol dire che la vaccinazione non è indicata, “non serve a nulla” sopra l'anno di età?
“È vero che nessuno penserebbe di fare una vaccinazione sistematica e gratuita dei bambini di 8 anni come misura di sanità pubblica. Non sarebbe giustificato”, risponde Bonanni, “ma farsi un vaccino come questo a un’età ‘inusuale’ dell’infanzia più avanzata, specie se un genitore preferisce coprire (pagando) il proprio figlio contro un rischio raro ma possibile non mi pare pratica da condannare, anzi, è come farsi un’assicurazione sulla vita per un rischio esistente seppur non frequente: perché dissuadere chi vuole protezione? Certamente, se discutiamo di fornire il vaccino gratuitamente, dobbiamo concentrarci prima sui bambini piccoli, e poi sugli adolescenti, che sono il serbatoio principale del batterio”.

È sicuro?

Per la mia pace mentale riguardo la vaccinazione di mia figlia, mancava un ultimo tassello: informarmi sulla sicurezza del vaccino. Il medico del centro vaccinale con cui avevo parlato non l'aveva messa in dubbio. Anzi, aveva detto esplicitamente “il vaccino è sicuro, ma se non è anche efficace non ha senso farlo”. Comunque, poiché si tratta di un nuovo vaccino, registrato e messo in commercio da pochi anni, volevo chiarirmi le idee sui test clinici e sui controlli a cui era stato sottoposto per accertarne la sicurezza.
Ho interpellato Carlo Pini, direttore del Centro Nazionale per la Ricerca e la Valutazione dei Prodotti Immunobiologici dell'Istituto Superiore di Sanità, per farmi spiegare la trafila dei test a cui è soggetto un nuovo vaccino prima e dopo l'entrata in commercio.
In Europa, sicurezza ed efficacia del vaccino contro il meningococco B sono state valutate prima dell'immissione in commercio con una procedura centralizzata da parte dell'EMA”, mi ha spiegato. “Gli esperti dell'EMA hanno esaminato il dossier redatto dall'azienda produttrice, che contiene i dati relativi alla qualità del processo di produzione, ai test effettuati su animali e ai test clinici effettuati sull'uomo. Questi ultimi, i test clinici per valutare sicurezza ed efficacia, sono stati condotti su 2.627 bambini e 1.631 adolescenti. Hanno evidenziato reazioni indesiderate comuni ad altri vaccini: febbre e infiammazione locale sul sito dell'iniezione. L'EMA ha giudicato favorevole il rapporto tra benefici e rischi della vaccinazione e il prodotto è stato autorizzato al commercio in Europa il 14 gennaio 2013”.
Come tutti i vaccini, anche questo è soggetto a ulteriori controlli dopo l'autorizzazione al commercio. “C'è la farmacovigilanza, di cui nel nostro Paese si occupa l'AIFA, l'Agenzia Italiana per il Farmaco”, dice Pini. “Ogni qual volta si verifica un evento avverso correlato alla somministrazione del vaccino, il medico che ha fatto la vaccinazione o quello a cui si è rivolto in seguito il paziente, è tenuto a fare una segnalazione all'AIFA. Se l'evento è blando e compreso tra gli effetti indesiderati già noti del vaccino, come la febbre, non c'è necessità di segnalarlo. Spetta al medico, sulla base della propria esperienza clinica, scegliere quali eventi segnalare, ipotizzando che siano stati causati dalla somministrazione”.
Per fare un esempio, una puntura di vespa all'uscita del centro vaccinale è un evento avverso correlato temporalmente alla vaccinazione ma chiaramente non legato da un rapporto di causa ed effetto, dunque non viene segnalato.
Perché è necessaria la farmacovigilanza, se il vaccino è stato testato prima della registrazione? “Perché i test clinici pre-registrazione sono condotti su alcune migliaia di soggetti. La somministrazione a centinaia di migliaia, milioni di persone sul territorio potrebbe far emergere effetti indesiderati più rari, che non è possibile evidenziare su poche migliaia”, risponde Pini. “A tutt'oggi l'anti-men B è stato somministrato oltre un milione di dosi in tutto il mondo e non è emerso nulla di nuovo”.
Poi c'è la sorveglianza della qualità del prodotto già autorizzato, prima che entri in commercio. “L'azienda esamina ogni lotto di vaccino prima di immetterlo sul mercato”, dice Pini, “ulteriori esami su campioni di ogni lotto vengono condotti nei laboratori di una rete di controllo coordinata dall'EDQM, il Direttorato Europeo per la Qualità dei Farmaci. Infine, in Italia i carabinieri prelevano a campione dosi di vaccino sul territorio, dalle farmacie, dagli ospedali, dai centri vaccinali, e li inviano all'Istituto Superiore di Sanità per un'ulteriore verifica della qualità e della sicurezza”.


Nuovi dati

Con perfetto tempismo, proprio mentre scrivevo questo post, The Lancet ha pubblicato i dati di Public Health England, agenzia del Dipartimento della Salute britannico, sull'efficacia del vaccino anti-meningococco B dopo un anno di somministrazione a tutti i nuovi nati in UK.
Dal primo settembre 2015, in Gran Bretagna la vaccinazione è raccomandata a tutti i bimbi in due dosi: la prima a due mesi e la seconda a quattro mesi. È prevista una dose di richiamo tra 12 e 13 mesi. Nel 2015 in Inghilterra e Galles, aree a cui si riferiscono i dati pubblicati, sono nati 697.852 bambini. A un anno dall'introduzione della vaccinazione risulta che il 95,5% dei piccoli ha ricevuto almeno una delle due dosi entro i sei mesi di vita, l'88,6% le ha ricevute entrambe. Stiamo parlando quindi di 618.297 bambini oggetto dello studio pubblicato su The Lancet.
Dalle ricerche precedenti e dalla valutazione dei ceppi di meningococco B che circolano maggiormente in Gran Bretagna, si stimava un'efficacia protettiva del vaccino variabile tra il 73 e l'88%. Il risultato ora verificato è che due dosi di vaccino proteggono nell'82,9% dei casi dalle infezioni invasive da meningococco B di qualunque ceppo. L'incidenza dei bimbi vaccinati con due dosi è stata confrontata con quella nei quattro anni precedenti l'introduzione della vaccinazione.
Nel corso dei primi dieci mesi dall'introduzione della vaccinazione, i casi di infezione invasiva nella fascia d'età dei bimbi eleggibili per ricevere il vaccino, indipendentemente dal fatto che l'abbiano ricevuto o meno e in quante dosi, si sono ridotti del 50%: 37 casi contro una media di 74 casi pre-vaccino.


Concludendo...

A conclusione di tutta questa storia, porterò sicuramente mia figlia a fare la seconda dose di vaccino, anche se non ho ancora deciso dove andremo.
Sono convinta che il direttore del centro vaccinale con cui ho parlato non sia un anti-vaccinista, ma sono altrettanto convinta che abbia un serio problema di comunicazione. Se ha tentato di dissuadermi perché c'è penuria di dosi del vaccino e ritiene che sia meglio riservarle ai bambini più piccoli, nella fascia a maggior rischio di infezione, doveva dirlo chiaramente. Se ritiene che il costo del vaccino sia sproporzionato rispetto ai vantaggi della somministrazione nella fascia d'età di mia figlia, doveva dirlo chiaramente. Invece ha detto “questo vaccino è inefficace” e come lo ha detto a me, così lo ha detto a diverse mamme che mi hanno contattata per raccontarmi la loro esperienza dopo che ne ho parlato su Facebook. Così facendo ha trasmesso il messaggio che il vaccino contro il meningococco B è inefficace, benché sia raccomandato dalle società scientifiche che hanno valutato la documentazione più aggiornata al riguardo, e dunque più in generale non c'è da fidarsi dell'efficacia dei vaccini raccomandati.
Io ho la fortuna di lavorare nel settore, so a chi rivolgermi e dove trovare le informazioni di cui ho bisogno. Quanta confusione può generare una comunicazione di questo tipo rivolta a famiglie che non hanno altre fonti di informazione?