lunedì 2 gennaio 2017

Tre ottimi motivi per buttare al secchio l'omeopatia

Il più tenace luogo comune infondato sull'omeopatia recita: "non sappiamo come funzioni, ma funziona". Non solo l'omeopatia non può funzionare, perché in contrasto con tutti i principi fondamentali della chimica e della fisica, ma in effetti non funziona, come risulta da un secolo e mezzo di prove a sfavore.

da "Acqua fresca?" a cura di Silvio Garattini (2015, Sironi editore)

Due carissimi amici, sulla cui preparazione scientifica non nutro alcun dubbio, si sono fatti convincere dal pediatra ad acquistare un prodotto omeopatico e somministrarlo al loro bambino. Ho chiesto il perché. Risposta: “boh. Sappiamo che non serve a nulla, ma male non fa”.
Ho avuto l'impressione che non volessero dire di no al pediatra. “Per il resto è un bravo medico. Se c'è qualche problema serio non prescrive certo rimedi omeopatici”.

L'episodio mi ha fatto riflettere su quanto sia subdola e pervasiva la propaganda dell'omeopatia.
Il suo preteso meccanismo d'azione non ha alcun senso, ma questo poco importa a chi ci crede, che nella maggior parte dei casi non si è mai chiesto come funziona, ma si fida per sentito dire. “Se in tanti la usano, a qualcosa servirà”. Così confluiscono nel numero e convincono altre persone: è un serpente che si morde la coda.

I farmacisti, non sorprendentemente, la promuovono. Lo stesso fanno alcuni medici, perché va di moda e i pazienti escono soddisfatti con la loro prescrizione (tanto male non fa), oppure in buona fede, per sfruttare l'effetto placebo. Magari ce n'è anche qualcuno che ci crede davvero, in barba ai lunghi anni di studio e al metodo scientifico che dovrebbe guidarli.


Di recente ho letto il saggio “Acqua fresca? Tutto quello che bisogna sapere sull'omeopatia”, scritto a più mani e coordinato dal farmacologo Silvio Garattini (2015, Sironi editore) e il manualetto Guida illustrata all'omeopatia, scaricabile dal blog di Medbunker, al secolo Salvo Di Grazia. Li ho trovati, ciascuno a modo suo, chiari e circostanziati e mi hanno ispirato a mettere nero su bianco tre ottime ragioni per buttare al secchio l'omeopatia.

Intendiamoci, non dico che l'omeopatia è una balla perché così sostengono Garattini e Di Grazia. Non è così che funziona la scienza. L'omeopatia è una balla perché le sue basi teoriche fanno acqua e perché alla prova dei fatti gli studi clinici dimostrano che la sua efficacia non è superiore a quella di un placebo.


Uno: le basi dell'omeopatia non hanno alcun senso

Tu che vai in farmacia e compri i granuli omeopatici da sciogliere sotto la lingua per proteggerti dall'influenza, lo sai che cosa contengono quei granuli? Lo sai in che modo li fanno e perché?

Per curare una malattia che provoca determinati sintomi, devi somministrare al paziente una sostanza che provochi gli stessi sintomi. Il buon vecchio “chiodo scaccia chiodo”. È questa la legge dei simili, il principio su cui si basa l'omeopatia. La escogitò agli inizi dell'ottocento un medico tedesco di nome Samuel Hahnemann. Cominciò a sperimentarla su se stesso, su amici e pazienti, ma i rimedi scelti in questo modo… aggravavano i sintomi delle malattie. Allora introdusse una nuova legge per integrare la prima: diluendo il preparato così tanto da eliminare ogni traccia della sostanza originale, l'effetto indesiderato viene meno (e fin qui è ovvio), ma per qualche ragione misteriosa rimane intatto il potere curativo del rimedio (potere curativo ipotizzato, ma non dimostrato). Anzi, più il preparato viene diluito e più il suo potere curativo si amplifica.

Poniamo che tu abbia una gastrite. Avverti dolori brucianti allo stomaco. Lo stesso tipo di dolori brucianti che proveresti, per esempio, se ingerissi del triossido di arsenico, un potente veleno. Per liberarti della tua gastrite, la farmacopea omeopatica prevede la somministrazione di triossido di arsenico, chiamato dagli adepti “arsenicum album”. Ma così facendo staresti peggio, potresti anche morire avvelenato. La soluzione è diluire: una goccia di arsenico e 99 gocce di alcool, poi una goccia del miscuglio così ottenuto e 99 gocce di alcool e così via per cinque volte. Il preparato finale non contiene più triossido di arsenico, non ti avvelena, non provoca bruciori. Secondo gli omeopati, cura la tua gastrite. Le diluizioni si fanno con alcool, con acqua o con lattosio o saccarosio. Ed è così che vengono prodotte le gocce e i granuli da sciogliere sotto la lingua.
Contengono solo ed esclusivamente acqua, o alcool, o lattosio, o saccarosio. Quale effetto possono produrre, se non c'è più neppure una traccia del principio attivo? E meno male che non ne contengono più, altrimenti il loro effetto sarebbe quello di acuire i sintomi della malattia.


Dimenticavo: tra una diluizione e l'altra il preparato deve essere scosso, si dice “dinamizzato”, così il principio attivo trasferisce i suoi poteri curativi all'alcool, all'acqua, al lattosio, al saccarosio. Sembra una magia, eh? Infatti scienza non è: la fisica, la chimica e la biologia non funzionano così. Neppure la meccanica quantistica, spesso chiamata in causa da chi vuole a tutti i costi giustificare l'omeopatia. Non c'entra proprio un bel niente, la meccanica quantistica.


Due: l'omeopatia non funziona

Ma cosa c'importa se la scienza non ha ancora trovato una spiegazione che giustifichi il funzionamento dell'omeopatia? Prima o poi salterà fuori qualcosa di nuovo, qualcosa di grosso, che rivoluzionerà fisica e chimica e tutto sarà evidente. L'importante è che i rimedi omeopatici funzionino. Perché funzionano, no?

La risposta è no. “La cugina del cognato della mia vicina ne ha tratto giovamento” non è una prova della loro efficacia. Neppure “io ne ho tratto giovamento” dimostra alcunché. Se ho il raffreddore e assumo un rimedio omeopatico, probabilmente nei giorni successivi avrò un miglioramento e in breve guarirò del tutto, perché il raffreddore guarisce da sé in pochi giorni. Se al tuo bimbo stanno spuntando i dentini e gli somministri le goccine omeopatiche, dopo un po' smetterà di piangere, perché il dolore della dentizione non è uniforme, in certi momenti si attenua spontaneamente e poi prevale il sonno.


Per dimostrare che un farmaco è efficace contro una determinata malattia bisogna sperimentarlo su un gran numero di persone, in condizioni controllate, confrontando la sua azione con quella di un placebo o con quella di un altro farmaco, se si vuole valutare quale dei due sia più efficace. E bisogna che i pazienti e gli sperimentatori non sappiano a chi è stato somministrato il farmaco 1 e a chi è stato somministrato il placebo o il farmaco 2. Sono studi a cui vengono sottoposti tutti i medicinali prima di entrare in commercio, altrimenti non entrano in commercio. I prodotti omeopatici no. Per essere venduti in farmacia devono essere sottoposti a una procedura semplificata, che ne accerta la sicurezza, non l'efficacia. Devono dimostrare di essere innocui. Non è prevista alcuna prova di efficacia.


“Ma ormai da decenni numerosi studi indipendenti hanno dimostrato che l'omeopatia funziona”. Lo leggo e lo sento dire spessissimo. Beh, è falso. Per decenni sono stati condotti numerosi studi sull'efficacia dell'omeopatia e il risultato è che la sua efficacia non è superiore a quella del placebo.


Nel 2005 la rivista The Lancet ha pubblicato una metanalisi, cioè uno studio di studi, che ha confrontato 110 ricerche sull'efficacia di rimedi omeopatici con altrettante ricerche sull'efficacia di farmaci convenzionali. La conclusione è la “conferma dell’ipotesi che gli effetti clinici dell’omeopatia, ma non quelli della medicina convenzionale, sono generici effetti placebo o di contesto”.


Nel 2015, in Australia, il National Health and Medical Research Council ha condotto una revisione degli studi pubblicati in tutto il mondo sull'efficacia dei rimedi omeopatici impiegati per il trattamento di 70 diverse patologie. Il lavoro, ampio e approfondito, è stato aperto al contributo di esperti di diverse discipline, compresi i sostenitori dell'omeopatia. Risultato: “non ci sono malattie o condizioni cliniche per cui risulti una evidenza affidabile che l’omeopatia sia efficace. Le persone che la scelgono possono mettere a rischio la propria salute se rifiutano o ritardano trattamenti per cui c’è una buona evidenza di sicurezza ed efficacia”.


Tre: l'omeopatia allontana dalle terapie veramente efficaci

Se i rimedi omeopatici non contengono alcun principio attivo, sicuramente non fanno male, non hanno effetti indesiderati come i farmaci convenzionali, non intossicano l'organismo. Ecco perché tanti chiamano l'omeopatia “medicina dolce”. Ma non lo è, perché non è medicina. L'assunzione di qualunque farmaco comporta dei rischi e dei benefici. È appropriata quando il rapporto tra rischi e benefici è vantaggioso per il paziente. Nel caso dell'omeopatia, gli effetti indesiderati sono del tutto assenti, ma anche i benefici lo sono.

Se una persona ammalata ricorre a un rimedio omeopatico per curarsi, anziché a un farmaco convenzionale di provata efficacia, non guarisce. Le sue condizioni possono aggravarsi e, a seconda della serietà del problema, può anche rischiare la vita.

La rete è piena di siti-bufala che scoraggiano gli ammalati di cancro dal ricorso alla chemioterapia, indicando piuttosto l'approccio dolce dell'omeopatia, che equivale a raccomandare di non curarsi. Stesso dicasi per i movimenti anti-vaccinisti, che consigliano ai genitori di rafforzare le difese immunitarie dei figli con le goccine o i granuli omeopatici piuttosto che far ricorso ai vaccini.
Probabilmente è vero che sono rari i casi di ammalati sviati da una terapia efficace a causa dell'omeopatia, fino a subirne le più gravi conseguenze. Me lo fa notare un medico di famiglia con 40 anni di esperienza. Un professionista che agisce in scienza e coscienza, osserva, non priverebbe mai un paziente di un trattamento di efficacia nota in cambio di un rimedio omeopatico. Di solito l'omeopatia è riservata a disturbi lievi che si risolvono spontaneamente, oppure come complemento delle terapie convenzionali. Lui stesso, mi spiega, talvolta consiglia rimedi omeopatici per sfruttarne l'effetto placebo e alleviare il fastidio di un paziente.


Capisco la sua posizione e quella dei suoi colleghi che fanno analoghe considerazioni, ma credo che anche in queste circostanze sia dannoso consigliare rimedi omeopatici. Un medico coscienzioso sa quando è il caso di prescrivere farmaci realmente efficaci e quando e come sfruttare l'effetto placebo. Ma oltre a curare la salute dei suoi assistiti, il medico ha anche il ruolo di trasmettere loro informazioni attendibili sulla salute, sulle malattie e su come prevenirle e curarle. Il paziente che va allo studio del dottore con un disturbo e ne esce con la prescrizione di un prodotto omeopatico, impara che l'omeopatia funziona. La volta successiva, che cosa gli impedirà di andare in farmacia e acquistare un prodotto omeopatico, sicuro della sua efficacia, senza essersi prima rivolto al medico?


L'effetto placebo è una risorsa che andrebbe senza dubbio studiata e sfruttata meglio, ma ci sono altri modi per farlo. Le persone che scelgono di farsi assistere da un medico omeopata ne apprezzano molto la capacità di comunicazione e di ascolto, il tempo che dedica alla visita e al colloquio con i pazienti. Sono fattori che rafforzano l'efficacia delle terapie in virtù dell'effetto placebo e su cui potrebbero lavorare anche i medici non omeopati.