mercoledì 13 dicembre 2017

Contraccezione gratuita e consapevole: 8 obiezioni, 8 risposte

Foto di Marina Toschi, editing di Eleonora Cirant
È passata una settimana dal giorno in cui il Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole, di cui faccio parte, ha lanciato sulla piattaforma Change.org una petizione per chiedere ad AIFA e Ministero della Salute la rimborsabilità dei mezzi contraccettivi essenziali per garantire il diritto alla salute sessuale e alla procreazione responsabile. Abbiamo diffuso la notizia attraverso i canali della stampa e dei social media e siamo molto contenti dell'interesse suscitato e del contatore delle firme che avanza sempre più.

I nostri post e gli articoli che parlavano della petizione hanno raccolto anche diverse obiezioni. Alcune sono poco più che provocazioni. “Perché una donna anziana dovrebbe contribuire con le sue tasse alla contraccezione dei giovani?”, chiede qualcuno nei commenti di un giornale. Potrei rispondere: perché una persona senza figli dovrebbe contribuire con le sue tasse alla scuola pubblica? O un non vedente all'illuminazione stradale?

Altre obiezioni sono interessanti e meritano una riflessione più approfondita. Ho raccolto le più comuni e ho consultato gli specialisti che fanno parte del Comitato o che hanno aderito alla nostra campagna per aiutarmi a replicare.

In Italia si fanno sempre meno figli. Anziché offrire contraccettivi gratuiti, incoraggiamo a fare più bambini!


“Nei Paesi in cui la contraccezione è più diffusa, come la Francia e la Svezia, si fanno più figli che nei Paesi come Irlanda e Italia”, osserva Elisabetta Canitano, ginecologa consultoriale di Roma. “Non è la facilità di accesso alla contraccezione che ostacola la procreazione, ma la scarsa attenzione alle necessità delle donne e delle famiglie. E la contraccezione a pagamento è un esempio di questa scarsa attenzione. Più le donne e le famiglie percepiscono di avere tutto sulle proprie spalle e meno figli fanno”.
Personalmente condivido al 100% l'appello di chi chiede un welfare più attento alle famiglie con figli, strutture pubbliche per i bambini, strumenti più efficaci per conciliare lavoro e famiglia. Queste richieste non sono alternative a quella della rimborsabilità dei contraccettivi. Tutt'altro: vanno nella stessa direzione.
“Va detto, poi, che la contraccezione ha anche un ruolo protettivo della fertilità”, aggiunge Canitano. “Si pensi ai preservativi, che difendono da malattie a trasmissione sessuale come la clamidia, una delle prime cause di subfertilità e infertilità femminile. Se più giovani ne facessero uso nella fase della loro vita in cui non vogliono ancora avere figli, si risparmierebbero tante brutte sorprese più avanti negli anni, quando le conseguenze di un'infezione passata possono minare un progetto di gravidanza”.

Contraccettivi gratuiti vuol dire a carico del contribuente. Perché dovremmo affrontare questa ulteriore spesa in tempi di crisi economica?


“Innanzi tutto perché la legge prevede che lo Stato incoraggi la procreazione responsabile tra i cittadini”, risponde l'epidemiologo Michele Grandolfo, già direttore del reparto Salute della Donna e dell'Età Evolutiva del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute. “La n.405 del 29 luglio 1975 cita tra gli scopi dell'assistenza alle famiglie e alla maternità 'la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile, nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica degli utenti' e la legge 194 del 22 maggio 1978 ribadisce che 'lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile'. Anche il Progetto Obiettivo Materno Infantile, introdotto dal Ministero della Salute nel 2000 prevede programmi di counselling sulla procreazione responsabile e la salute sessuale e l'offerta attiva di mezzi contraccettivi. E non si può fare offerta attiva senza la gratuità”.
La rimborsabilità dei contraccettivi non è una spesa, ma un investimento nella prevenzione, che ripaga con gli interessi. “Prevenire le gravidanze indesiderate vuol dire ridurre i costi delle interruzioni volontarie”, spiega Grandolfo. “È impossibile eliminare del tutto il ricorso all'aborto, ma con un buon piano di counselling e l'offerta gratuita dei mezzi anticoncezionali si potrebbero dimezzare le richieste di interruzione. Basti pensare che l'introduzione sul mercato italiano della contraccezione di emergenza ha ridotto del 5% il numero degli aborti da un anno all'altro. Per come viene fatta oggi in Italia, in anestesia totale e con l'esigenza di ricovero ospedaliero, un'interruzione volontaria costa circa 1000 euro e nel 2016 ne sono state effettuate 84.874”.
A queste spese da mancata contraccezione si sommano quelle relative alla cura delle malattie a trasmissione sessuale e dei problemi di salute che possono derivare da gravidanze indesiderate portate avanti, da gravidanze troppo ravvicinate o non programmate.
“I soldi a disposizione della sanità pubblica, anche quelli per attuare un serio piano di counselling per la procreazione responsabile, ci sarebbero, ma vengono sprecati in diagnostica e trattamenti inappropriati. Si tratta di decidere come allocare le risorse e tagliare gli sprechi”, conclude Grandolfo.

Perché non incentivare, piuttosto, la contraccezione naturale, che è gratuita e non ha effetti collaterali?


“I metodi naturali basati sulla conta dei giorni o l'esame del muco cervicale hanno margini di errore notevoli, fino al 30%. Non mi sentirei di consigliarli a chi non desidera assolutamente una gravidanza, se mai solo per distanziare le nascite”, risponde Marina Toschi, ginecologa consultoriale a Perugia. “E voglio ricordare che non proteggono dalle malattie a trasmissione sessuale. Non parliamo poi del coito interrotto, il metodo naturale più utilizzato, che ha un margine di sicurezza molto basso e non rassicura la donna, condizionando la riuscita al buon comportamento, alla volontà e alla capacità maschile”.
Detto ciò, attuare un programma di promozione della procreazione responsabile non vuol dire escludere o disincentivare i metodi contraccettivi naturali. “Il ruolo del personale che fa counselling, dal medico di medicina generale agli specialisti del consultorio, è di aiutare il singolo e la coppia ad analizzare la situazione, esprimere le proprie preferenze e sviluppare le competenze per scegliere in autonomia il mezzo contraccettivo più adatto a loro”, osserva Michele Grandolfo. “Va benissimo la scelta di usare metodi naturali, se è questo che vogliono i diretti interessati, dopo essere stati informati sui limiti di questo approccio e sul modo migliore per metterlo in atto. Alla base di tutto c'è la conoscenza del proprio corpo e della fisiologia della riproduzione. Con la giusta preparazione, la fallibilità dei metodi naturali diminuisce. Al contrario, senza le dovute conoscenze e attenzione, anche la pillola fallisce perché ci si dimentica di prenderla”.

Se offriamo contraccettivi gratuiti agli Italiani, solo gli immigrati continueranno a fare tanti figli e tra un paio di generazioni ci sostituiranno!


Tralasciando le mie considerazioni personali sul pensiero che sottende questo tipo di obiezione, gli stranieri di recente immigrazione sono una delle categorie che trarrebbe maggiore beneficio da un programma di counselling e dall'offerta gratuita dei mezzi contraccettivi, perché si trovano spesso in condizioni di isolamento sociale e disagio economico e non sanno o non possono accedere agli strumenti necessari per regolare la propria fecondità.
“I migranti che arrivano da noi si adattano immediatamente alla riduzione del numero di figli”, dice Elisabetta Canitano. “Sono venuti per stare meglio, quindi non vogliono una famiglia numerosa e affamata come avrebbero avuto a casa. Fanno ricorso all'interruzione di gravidanza e, se sono correttamente informati e sostenuti, fanno ricorso alla contraccezione spesso più degli Italiani”.

Offrire contraccettivi gratuiti ai giovani vuol dire incoraggiarli ad avere rapporti sessuali. Puntiamo piuttosto sull'educazione!


“Offrire contraccettivi gratuiti non vuol dire mettere delle macchinette che li dispensano, ma attuare un programma di promozione della procreazione responsabile che mira a rendere i singoli e le coppie consapevoli della propria salute”, dice Michele Grandolfo. “Un programma che andrebbe perseguito in diverse sedi: nello studio del medico di famiglia, nei consultori e anche nelle scuole, rivolto ai giovanissimi. Educare alla consapevolezza e all'autonomia nel settore della sessualità vuol dire aiutare i giovani a sviluppare un senso del sé equilibrato, a gestire con responsabilità la propria salute per tutta la vita”.
Finora in Italia rispetto all'educazione sessuale dei giovanissimi si è adottato l'approccio della “security through obscurity”, la “sicurezza attraverso la segretezza”, basato sul principio che tenere nascoste le informazioni sul funzionamento di un sistema lo rende inaccessibile. È un approccio notoriamente fallimentare.
“Negli Stati Uniti di Bush si tentò di incentivare i giovani ad arrivare vergini al matrimonio con l'esperimento degli anelli della verginità”, ricorda Elisabetta Canitano. “Risultato: i giovani che portavano l'anello della verginità avevano i primi rapporti sessuali alla stessa età degli altri, ma adottando meno precauzioni. L'offerta gratuita dei mezzi contraccettivi serve anche a insegnare la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale”.

Con questa iniziativa arricchite le aziende farmaceutiche e i fabbricanti di dispositivi, per fornire ai cittadini dei prodotti che hanno effetti collaterali dannosi per la salute!


“I contraccettivi di cui chiediamo la rimborsabilità sono proprio quelli che comportano i minori rischi di effetti collaterali”, risponde Marina Toschi. “Noi valutiamo i rischi e cerchiamo di minimizzarli. I più ampi studi inglesi fatti da medici di famiglia, e non dalle case farmaceutiche, dimostrano che tra le donne che hanno utilizzato estroprogestinici per più di 20 anni si registrano tassi inferiori di mortalità per tumore dell'utero, delle ovaie e dell'intestino. Una gravidanza indesiderata è un peso notevole per la salute fisica e psicologica di una donna e di una coppia. Non è vero, poi, che la nostra iniziativa frutterebbe maggiori guadagni alle aziende, perché queste sarebbero costrette a calmierare i prezzi nella contrattazione con l'AIFA per gli acquisti su larga scala”.

È un'iniziativa femminista. Io sono un uomo e non mi interessa.


“Donne e uomini fanno l'amore insieme”, risponde Elisabetta Canitano. “Proteggersi dalle malattie e programmare i figli è interesse comune”.





Qui si parla di diritti sessuali, ma non esiste il diritto al sesso. Infatti c'è chi vorrebbe farlo e non trova nessuno interessato…


“Naturalmente ognuno decide della propria attività sessuale, se averla o non averla. In questo senso non esiste un diritto alla sessualità”, risponde Roberta Rossi, psicologa e psicoterapeuta e presidente dell'Istituto di Sessuologia Clinica di Roma, “ma esiste un diritto alla sessualità consapevole e informata, all'interno del quale rientra la possibilità per tutti di avere accesso ai servizi per la salute riproduttiva, che offrano la scelta più vasta possibile di metodi anticoncezionali efficaci e sicuri e che siano a loro volta accessibili, convenienti e graditi agli utenti. Come ottenere il miglior standard possibile di salute sessuale per tutti senza gli strumenti di prevenzione di base, cioè i contraccettivi?”



1 commento:

  1. Bisogna fare pagare un minimo ticket. La gratuità al 100% comporta sprechi

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