Il più tenace luogo comune infondato sull'omeopatia recita: "non
sappiamo come funzioni, ma funziona". Non solo l'omeopatia non
può funzionare, perché in contrasto con tutti i principi
fondamentali della chimica e della fisica, ma in effetti non
funziona, come risulta da un secolo e mezzo di prove a sfavore.
da "Acqua fresca?" a cura di Silvio Garattini (2015,
Sironi editore)
Due carissimi amici, sulla cui preparazione scientifica non nutro
alcun dubbio, si sono fatti convincere dal pediatra ad acquistare un
prodotto omeopatico e somministrarlo al loro bambino. Ho chiesto il
perché. Risposta: “boh. Sappiamo che non serve a nulla, ma male
non fa”.
Ho avuto l'impressione che non volessero dire di no al pediatra.
“Per il resto è un bravo medico. Se c'è qualche problema serio
non prescrive certo rimedi omeopatici”.
L'episodio mi ha fatto riflettere su quanto sia subdola e
pervasiva la propaganda dell'omeopatia.
Il suo preteso meccanismo d'azione non ha alcun senso, ma questo
poco importa a chi ci crede, che nella maggior parte dei casi non si
è mai chiesto come funziona, ma si fida per sentito dire. “Se in
tanti la usano, a qualcosa servirà”. Così confluiscono nel numero
e convincono altre persone: è un serpente che si morde la coda.
I farmacisti, non sorprendentemente, la promuovono. Lo stesso
fanno alcuni medici, perché va di moda e i pazienti escono
soddisfatti con la loro prescrizione (tanto male non fa), oppure in
buona fede, per sfruttare l'effetto placebo. Magari ce n'è anche
qualcuno che ci crede davvero, in barba ai lunghi anni di studio e al
metodo scientifico che dovrebbe guidarli.
Di recente ho letto il saggio “Acqua fresca? Tutto quello che
bisogna sapere sull'omeopatia”, scritto a più mani e coordinato dal farmacologo Silvio Garattini (2015, Sironi editore) e il manualetto “Guida illustrata all'omeopatia”, scaricabile dal blog di Medbunker, al secolo Salvo Di Grazia. Li
ho trovati, ciascuno a modo suo, chiari e circostanziati e mi hanno
ispirato a mettere nero su bianco tre ottime ragioni per buttare al
secchio l'omeopatia.
Intendiamoci, non dico che l'omeopatia è una
balla perché così sostengono Garattini e Di Grazia. Non è così
che funziona la scienza. L'omeopatia è una balla perché le sue basi
teoriche fanno acqua e perché alla prova dei fatti gli studi clinici
dimostrano che la sua efficacia non è superiore a quella di un
placebo.
Uno: le basi dell'omeopatia non hanno alcun senso
Tu che vai in farmacia e compri i granuli omeopatici da sciogliere
sotto la lingua per proteggerti dall'influenza, lo sai che cosa
contengono quei granuli? Lo sai in che modo li fanno e perché?
Per curare una malattia che provoca determinati sintomi, devi
somministrare al paziente una sostanza che provochi gli stessi
sintomi. Il buon vecchio “chiodo scaccia chiodo”. È questa la
legge dei simili, il principio su cui si basa l'omeopatia. La
escogitò agli inizi dell'ottocento un medico tedesco di nome Samuel
Hahnemann. Cominciò a sperimentarla su se stesso, su amici e
pazienti, ma i rimedi scelti in questo modo… aggravavano i sintomi
delle malattie. Allora introdusse una nuova legge per integrare la
prima: diluendo il preparato così tanto da eliminare ogni traccia
della sostanza originale, l'effetto indesiderato viene meno (e fin
qui è ovvio), ma per qualche ragione misteriosa rimane intatto il
potere curativo del rimedio (potere curativo ipotizzato, ma non
dimostrato). Anzi, più il preparato viene diluito e più il suo
potere curativo si amplifica.
Poniamo che tu abbia una gastrite. Avverti dolori brucianti allo
stomaco. Lo stesso tipo di dolori brucianti che proveresti, per
esempio, se ingerissi del triossido di arsenico, un potente veleno.
Per liberarti della tua gastrite, la farmacopea omeopatica prevede la
somministrazione di triossido di arsenico, chiamato dagli adepti
“arsenicum album”. Ma così facendo staresti peggio, potresti
anche morire avvelenato. La soluzione è diluire: una goccia di
arsenico e 99 gocce di alcool, poi una goccia del miscuglio così
ottenuto e 99 gocce di alcool e così via per cinque volte. Il
preparato finale non contiene più triossido di arsenico, non ti
avvelena, non provoca bruciori. Secondo gli omeopati, cura la tua
gastrite. Le diluizioni si fanno con alcool, con acqua o con lattosio
o saccarosio. Ed è così che vengono prodotte le gocce e i granuli
da sciogliere sotto la lingua.
Contengono solo ed esclusivamente acqua, o alcool, o lattosio, o
saccarosio. Quale effetto possono produrre, se non c'è più neppure
una traccia del principio attivo? E meno male che non ne contengono
più, altrimenti il loro effetto sarebbe quello di acuire i sintomi
della malattia.
Dimenticavo: tra una diluizione e l'altra il preparato deve essere
scosso, si dice “dinamizzato”, così il principio attivo
trasferisce i suoi poteri curativi all'alcool, all'acqua, al
lattosio, al saccarosio. Sembra una magia, eh? Infatti scienza non è:
la fisica, la chimica e la biologia non funzionano così. Neppure la
meccanica quantistica, spesso chiamata in causa da chi vuole a tutti
i costi giustificare l'omeopatia. Non c'entra proprio un bel niente,
la meccanica quantistica.
Due: l'omeopatia non funziona
Ma cosa c'importa se la scienza non ha ancora trovato una
spiegazione che giustifichi il funzionamento dell'omeopatia? Prima o
poi salterà fuori qualcosa di nuovo, qualcosa di grosso, che
rivoluzionerà fisica e chimica e tutto sarà evidente. L'importante
è che i rimedi omeopatici funzionino. Perché funzionano, no?
La risposta è no. “La cugina del cognato della mia vicina ne ha
tratto giovamento” non è una prova della loro efficacia. Neppure
“io ne ho tratto giovamento” dimostra alcunché. Se ho il
raffreddore e assumo un rimedio omeopatico, probabilmente nei giorni
successivi avrò un miglioramento e in breve guarirò del tutto,
perché il raffreddore guarisce da sé in pochi giorni. Se al tuo
bimbo stanno spuntando i dentini e gli somministri le goccine
omeopatiche, dopo un po' smetterà di piangere, perché il dolore
della dentizione non è uniforme, in certi momenti si attenua
spontaneamente e poi prevale il sonno.
Per dimostrare che un farmaco è efficace contro una determinata
malattia bisogna sperimentarlo su un gran numero di persone, in
condizioni controllate, confrontando la sua azione con quella di un
placebo o con quella di un altro farmaco, se si vuole valutare quale
dei due sia più efficace. E bisogna che i pazienti e gli
sperimentatori non sappiano a chi è stato somministrato il farmaco 1
e a chi è stato somministrato il placebo o il farmaco 2. Sono studi
a cui vengono sottoposti tutti i medicinali prima di entrare in
commercio, altrimenti non entrano in commercio. I prodotti omeopatici
no. Per essere venduti in farmacia devono essere sottoposti a una
procedura semplificata, che ne accerta la sicurezza, non l'efficacia.
Devono dimostrare di essere innocui. Non è prevista alcuna prova di
efficacia.
“Ma ormai da decenni numerosi studi indipendenti hanno
dimostrato che l'omeopatia funziona”. Lo leggo e lo sento dire
spessissimo. Beh, è falso. Per decenni sono stati condotti numerosi
studi sull'efficacia dell'omeopatia e il risultato è che la sua
efficacia non è superiore a quella del placebo.
Nel 2005 la rivista The Lancet ha pubblicato una metanalisi, cioè
uno studio di studi, che ha confrontato 110 ricerche sull'efficacia
di rimedi omeopatici con altrettante ricerche sull'efficacia di
farmaci convenzionali.
La conclusione è la “conferma dell’ipotesi che gli effetti
clinici dell’omeopatia, ma non quelli della medicina convenzionale,
sono generici effetti placebo o di contesto”.
Nel 2015, in Australia, il National Health and Medical Research
Council ha condotto una revisione degli studi
pubblicati in tutto il mondo sull'efficacia dei rimedi omeopatici
impiegati per il trattamento di 70 diverse patologie. Il lavoro,
ampio e approfondito, è stato aperto al contributo di esperti di
diverse discipline, compresi i sostenitori dell'omeopatia. Risultato:
“non ci sono malattie o condizioni cliniche per cui risulti una
evidenza affidabile che l’omeopatia sia efficace. Le persone che la
scelgono possono mettere a rischio la propria salute se rifiutano o
ritardano trattamenti per cui c’è una buona evidenza di sicurezza
ed efficacia”.
Tre: l'omeopatia allontana dalle terapie veramente efficaci
Se i rimedi omeopatici non contengono alcun principio attivo,
sicuramente non fanno male, non hanno effetti indesiderati come i
farmaci convenzionali, non intossicano l'organismo. Ecco perché
tanti chiamano l'omeopatia “medicina dolce”. Ma non lo è, perché
non è medicina. L'assunzione di qualunque farmaco comporta dei
rischi e dei benefici. È appropriata quando il rapporto tra rischi e
benefici è vantaggioso per il paziente. Nel caso dell'omeopatia, gli
effetti indesiderati sono del tutto assenti, ma anche i benefici lo
sono.
Se una persona ammalata ricorre a un rimedio omeopatico per
curarsi, anziché a un farmaco convenzionale di provata efficacia,
non guarisce. Le sue condizioni possono aggravarsi e, a seconda della
serietà del problema, può anche rischiare la vita.
La rete è piena di siti-bufala che scoraggiano gli ammalati di
cancro dal ricorso alla chemioterapia, indicando piuttosto
l'approccio dolce dell'omeopatia, che equivale a raccomandare di non
curarsi. Stesso dicasi per i movimenti anti-vaccinisti, che
consigliano ai genitori di rafforzare le difese immunitarie dei figli
con le goccine o i granuli omeopatici piuttosto che far ricorso ai
vaccini.
Probabilmente è vero che sono rari i casi di ammalati sviati da
una terapia efficace a causa dell'omeopatia, fino a subirne le più
gravi conseguenze. Me lo fa notare un medico di famiglia con 40 anni
di esperienza. Un professionista che agisce in scienza e coscienza,
osserva, non priverebbe mai un paziente di un trattamento di
efficacia nota in cambio di un rimedio omeopatico. Di solito
l'omeopatia è riservata a disturbi lievi che si risolvono
spontaneamente, oppure come complemento delle terapie convenzionali.
Lui stesso, mi spiega, talvolta consiglia rimedi omeopatici per
sfruttarne l'effetto placebo e alleviare il fastidio di un paziente.
Capisco la sua posizione e quella dei suoi colleghi che fanno analoghe considerazioni, ma credo che anche in queste circostanze sia
dannoso consigliare rimedi omeopatici. Un medico coscienzioso sa
quando è il caso di prescrivere farmaci realmente efficaci e quando
e come sfruttare l'effetto placebo. Ma oltre a curare la salute dei
suoi assistiti, il medico ha anche il ruolo di trasmettere loro
informazioni attendibili sulla salute, sulle malattie e su come
prevenirle e curarle. Il paziente che va allo studio del dottore con
un disturbo e ne esce con la prescrizione di un prodotto omeopatico,
impara che l'omeopatia funziona. La volta successiva, che cosa gli
impedirà di andare in farmacia e acquistare un prodotto omeopatico,
sicuro della sua efficacia, senza essersi prima rivolto al medico?
L'effetto placebo è una risorsa che andrebbe senza dubbio
studiata e sfruttata meglio, ma ci sono altri modi per farlo. Le
persone che scelgono di farsi assistere da un medico omeopata ne
apprezzano molto la capacità di comunicazione e di ascolto, il tempo
che dedica alla visita e al colloquio con i pazienti. Sono fattori
che rafforzano l'efficacia delle terapie in virtù dell'effetto
placebo e su cui potrebbero lavorare anche i medici non omeopati.