di Ernest F via Wikimedia Commons |
La Società Italiana di Neonatologia ha pubblicato sul proprio sito e diffuso alla stampa un documento dal titolo “Genitori e i primi 30 giorni con il bebè”, che raccoglie “i consigli degli esperti su come affrontare nel modo giusto l'arrivo di un bambino”. Il succo del messaggio è: anche al bimbo apparentemente più sano potrebbe accadere improvvisamente qualcosa di brutto. È meglio che di lui si prenda cura il personale sanitario nel nido, piuttosto che la mamma, disattenta perché inesperta e stanca per il travaglio.
Settimana dopo settimana, il documento è rimbalzato sui social media suscitando vivaci polemiche, che sono montate sempre più.
Il nido è più sicuro
Dice il testo della SIN che appena nato, dopo essere stato rapidamente osservato, asciugato e avvolto in un telo, il piccolo viene appoggiato alla mamma. “Una volta in braccio, il bambino può essere attaccato al seno. Si tenga presente che nella prima mezz’ora di vita in genere il neonato è molto attivo, dopodiché segue una fase fisiologica di rilassamento dopo lo stress del parto, in cui è normale che si addormenti. Ecco perché i 20-30 minuti successivi alla nascita sono quelli ideali in cui cominciare ad allattarlo, per stimolare da subito la produzione del latte e favorire il legame mamma-bambino. (…) Nelle 2 ore successive al parto la donna resta in osservazione in una stanza attigua alla sala parto. E il neonato? È probabile che a questo punto si sia già addormentato, per questo è meglio che anche la mamma si rilassi e il bimbo sia portato nel nido, dove può riposare nelle condizioni ed alla temperatura ottimali e dove soprattutto le puericultrici ed il neonatologo possono effettuare periodicamente i controlli di battito e respiro”.
Al contatto pelle a pelle con la mamma e all'avvio dell'allattamento vanno riservati, dunque, i primi 20-30 minuti di vita, dopo di che è meglio che il neonato sia trasferito al nido e affidato alla cura di medici e puericultrici.
Rispettare i tempi del bambino e della mamma
La Coalizione Italiana per l'Alimentazione dei Neonati e dei Bambini, che ha risposto alle dichiarazioni della SIN con una lettera , osserva su questo punto: “Il neonato, proprio perché attivo, esprime in questo momento al massimo i riflessi innati primitivi che, assieme alle sue competenze neuro-motorie, gli permettono di cercare e trovare, con tempi e modi soggettivamente variabili, la mammella della mamma e di attaccarsi spontaneamente al seno. Alcuni neonati ci riescono in 20-30 minuti, altri necessitano di un tempo superiore (fino a 2 ore), in media ci vogliono almeno 60 minuti o poco più. Questa fase e il contatto pelle a pelle non dovrebbero essere interrotti fino al completamento della prima poppata e, comunque, fino a quando la mamma lo desidera”.
Ho chiesto a Costantino Romagnoli, presidente della SIN, un commento sulle critiche espresse. “Cerchiamo di capire il senso di quanto detto”, risponde il neonatologo. “Innanzitutto la SIN da sempre sostiene l'importanza del contatto pelle a pelle e su questo è impegnata quotidianamente. È fisiologico che il neonato, dopo la nascita, abbia un periodo di circa 30 minuti di attività e poi dorme per circa 2 ore. La madre dopo il parto è nella maggior parte dei casi provata, specie le primipare e dopo un travaglio lungo. È bellissimo vedere il bimbo che dorme sulla madre dormiente o sonnecchiante. C’è solo un problema: come controllare che il bimbo stia bene. È ben noto che esista il neonatal collapse (la letteratura è piena di segnalazioni) e che molti centri (vedi Burlo Garofolo di Trieste) hanno instaurato un sistema di controllo nelle due-tre ore successive al parto con personale dedicato. Punti nascita con oltre 3000 nati all'anno non hanno dotazioni tecnologiche e di personale atte a tale tipo di controllo: allora cosa si fa? Ci si affida al caso o al destino? Non mi sembra la pratica migliore per la sicurezza del neonato”.
di Bonnie U Gruenberg via Wikimedia Commons |
Il collasso neonatale
Il neonatal collapse a cui Romagnoli fa riferimento è un'evenienza rara (da 2,6 a 38 casi ogni 100.000 nati in Europa) che si verifica in prevalenza nelle prime 72 ore di vita, analoga alla SIDS, la morte in culla. Le cause sono ancora per lo più sconosciute, ma l'esito fatale può essere prevenuto tenendo sotto controllo i parametri vitali del neonato per intervenire tempestivamente in caso di alterazioni. Visto che il presidente della SIN ha chiamato in causa sull'argomento l'Ospedale Burlo Garofolo di Trieste, ho interpellato Riccardo Davanzo, neonatologo responsabile del servizio di rooming in e nido dell'ospedale triestino.
“Il collasso neonatale è un rischio reale, che non deve essere trascurato”, dice Davanzo, “ma non è giusto agitarlo come uno spauracchio per giustificare pratiche che non incoraggiano il contatto pelle a pelle tra la madre e il bambino e l'avvio precoce dell'allattamento. Il contatto con la mamma, precoce e prolungato, fa bene al neonato. Non è ideologia. Si sa, è dimostrato, i suoi benefici per la salute di entrambi sono dati di fatto ormai incontestabili. Per la sicurezza del bambino è necessario controllare periodicamente i suoi parametri vitali, ma per farlo non occorre tenerlo lontano dalla mamma. È sufficiente organizzarsi e seguire dei criteri adeguati. Non è una missione impossibile: da noi e altrove si fa così. Il documento del presidente della SIN descrive le pratiche messe in atto in alcuni ospedali italiani, non tutti, e di certo non descrive le modalità ideali di cure del neonato. Se l'organizzazione di alcune strutture impone dei limiti, questo non sia un alibi per far passare come ideale quel che ideale non è”.
Leggi qui la seconda parte dell'articolo. L'allattamento al seno, il calo fisiologico, le aggiunte di latte artificiale, orari e durata delle poppate secondo il documento della SIN. Le critiche della Coalizione Italiana per l'Alimentazione dei Neonati e dei Bambini, i commenti di Riccardo Davanzo e di Elisabetta D'Amore, coordinatrice ostetrica della sala parto dell'Ospedale Fatebenefratelli di Roma.