venerdì 26 settembre 2014

4 genitori su 10 hanno paura dei vaccini

Grook Da Oger via Wikimedia Commons
Le malattie infettive più temute dai genitori italiani sono la meningite, il tetano e la polio, seguite da morbillo, pertosse e varicella. "Tuttavia, nonostante i vaccini siano il mezzo di prevenzione ideale contro queste patologie, per la maggior parte di mamme e papà sono oggetti misteriosi. Poco informati su efficacia e sicurezza di questi presidi della prevenzione, i genitori finiscono a volte per credere alle tante dicerie che circolano sull'argomento", osserva il pediatra Giuseppe Mele, presidente dell'Osservatorio Paidòss.
In occasione del I Forum dell'Infanzia, organizzato da Paidòss e in corso in questi giorni a Napoli, l'Osservatorio ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta su 105 famiglie e 225 pediatri di famiglia. Dalle risposte degli interpellati risulta che il 5% dei genitori considera i vaccini inefficaci, il 23% teme effetti indesiderati immediati della somministrazione, il 18% teme danni a lungo termine. Dato ancor più allarmante: il 10% dei pediatri interpellati non è convinto dell'efficacia e della sicurezza delle vaccinazioni e non le raccomanda ai suoi assistiti.
I risultati di tanto allarmismo si fanno vedere. È di questi giorni la pubblicazione da parte del Ministero della Salute dei dati sulle coperture vaccinali a 24 mesi di età, relativi al 2013. Li trovate nei dettagli qui.
Le percentuali di copertura sono in calo per tutte le vaccinazioni raccomandate, con valori che toccano il livello più basso degli ultimi 10 anni. Le coperture nazionali contro poliomielite, tetano, difterite, epatite B e pertosse sono di poco al di sopra del 95%, che è la soglia minima necessaria per impedire la circolazione del virus nella popolazione. Quella contro l'Haemophilus influenzae b è al 94,5%, sotto la soglia minima. La copertura per morbillo, parotite e rosolia è calata dal 90% del 2012 all'88,1% del 2013.

martedì 23 settembre 2014

Alcol in gravidanza: perché no

Il manifesto della campagna Too Young To Drink, per il 9 settembre scorso
Il 9 settembre scorso è stata celebrata la Giornata mondiale di sensibilizzazione sulla sindrome feto-alcolica, cioè sui danni che il consumo di alcol in gravidanza può fare al nascituro. Il 20 ottobre prossimo si terrà a Roma il terzo convegno europeo sull'argomento. A cavallo tra queste due scadenze, ricordiamo un po' di fatti e di dati sul FASD, il fetal alcohol spectrum disorder.

  • L'alcol bevuto dalla gestante attraversa la placenta e raggiunge il feto nella stessa concentrazione presente nel sangue materno, con la differenza che il nascituro non possiede gli enzimi che permettono di metabolizzarlo, cioè di scinderlo in molecole non dannose. Tutto l'alcol assorbito dall'organismo fetale raggiunge il suo cervello e altri tessuti e organi in via di sviluppo. 
  • Cervello, cuore, apparato scheletrico e altri organi vitali prendono forma nei primi 15 giorni dal concepimento, quando è maggiore la probabilità che la futura mamma non sappia di essere incinta. È questa la fase in cui l'assunzione di alcol può fare più danni. Ecco perché gli esperti raccomandano alle donne che stanno tentando di concepire di non assumere alcol in via precauzionale.
  • Si parla di spettro dei disordini feto-alcolici perché le conseguenze dell'esposizione all'alcol nella vita intrauterina possono essere diverse per natura e gravità: difetti fisici, soprattutto malformazioni cranio-facciali, rallentamenti di crescita, parti prematuri, alterazioni dello sviluppo neurologico con ritardo mentale, disturbi dell'apprendimento e problemi comportamentali.
  •  Il consumo medio di 3 o più bicchieri al giorno di birra o vino aumenta anche il rischio di aborto spontaneo, soprattutto nel secondo trimestre di attesa.
  • Si calcola che nel mondo circa 70 milioni di persone, l'1% della popolazione, soffra delle conseguenze dell'esposizione all'alcol in utero, anche se non è facile fare un conto preciso, dal momento che le manifestazioni della sindrome feto-alcolica talvolta sono molto sfumate.
  • Gli effetti dell'esposizione all'alcol sono proporzionali alla quantità di alcol assunto, alla continuità dell'assunzione e variano a seconda della fase della gravidanza in cui avviene l'assunzione. 
  • Poiché non è stata individuata una soglia minima di sicurezza dell'assunzione degli alcolici e poiché il rischio di sindrome feto-alcolica è prevenibile al 100% rinunciando del tutto agli alcolici in gravidanza, gli specialisti raccomandano l'astensione assoluta durante i tentativi di concepimento, la gravidanza e l'allattamento al seno.



sabato 20 settembre 2014

Influenza 2014-2015


Il Ministero della Salute ha pubblicato come ogni anno la circolare con le informazioni e le raccomandazioni sulla prossima stagione influenzale. La trovate qui.
Gli osservatori dell'Organizzazione Mondiale della Sanità hanno identificato i ceppi virali che con alta probabilità circoleranno nei prossimi mesi qui da noi e in tutto l'emisfero settentrionale: sono gli stessi del 2013-2014. Anche la composizione del vaccino è quindi immutata rispetto a quella dell'anno scorso.
"Il fatto che i ceppi virali attesi siano gli stessi della stagione influenzale passata non vuol dire che sia inutile vaccinarsi", spiega Stefania Salmaso, direttrice del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto Superiore di Sanità. "L'immunità offerta dal vaccino è di breve durata e quella acquisita un anno fa non è in grado di proteggere dal contagio quest'anno. Chi nel 2013-2014 si è ammalato è tuttora immune, ma solo al ceppo virale che lo ha infettato. È vulnerabile agli altri due ceppi che presto saranno in circolazione".
A chi è raccomandata la vaccinazione? Alle stesse categorie dell'anno scorso: bambini sopra i 6 mesi e adulti affetti da malattie croniche che comporterebbero un maggior rischio di complicazioni in caso di influenza, tutti gli over 65, il personale sanitario e quanti lavorano a contatto con il pubblico, le mamme in attesa al II e III trimestre di gravidanza. In gravidanza la vaccinazione non è raccomandata nel I trimestre per ragioni di prudenza, trattandosi del periodo più delicato dello sviluppo degli organi del nascituro. Tuttavia, la letteratura medica non riporta casi di malformazione o interruzione della gravidanza provocati da vaccinazione antinfluenzale fatta nel I trimestre. Quindi, se una donna si vaccina e poi scopre di aspettare un bambino, non ha ragioni di temere conseguenze negative per la salute del nascituro.
Per le categorie a rischio elencate nel documento del Ministero il vaccino è gratuito. "Chiunque altro voglia vaccinarsi può farlo a pagamento", osserva Salmaso. "In particolare, i genitori dei bambini sani che vogliono risparmiare ai figli il fastidio e i rischi dell'influenza possono rivolgersi al pediatra o all'ambulatorio vaccinale di zona e chiedere la vaccinazione".
Il vaccino sarà disponibile in farmacia e nei centri vaccinali a ottobre e il periodo consigliato per la somministrazione va da metà ottobre fino a fine dicembre.

venerdì 19 settembre 2014

Scuola: 5 regole per una merenda perfetta

SKopp via Wikimedia Commons
Si torna a scuola! Che cosa mangiano per merenda i vostri bambini? Giuseppe Morino, responsabile dell'Untà Operativa di Dietologia Clinica dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, illustra le 5 regole da seguire per offrire ai piccoli lo spuntino ideale di mezza mattinata.

1. La merenda è necessaria per spezzare le ore di digiuno tra la colazione e il pranzo. Meglio quindi non saltarla. Aiuta a prevenire il calo del livello di attenzione e del tono dell'umore tipico della tarda mattinata.

2. Non deve sostituire la colazione. Il bambino va incoraggiato a fare colazione al mattino e non a saltarla per poi rifarsi con una merenda più abbondante. Sono due pasti differenti.

3. Deve contenere prevalentemente carboidrati, cioè energia a rapido consumo: frutta, yogurt, fette biscottate, merendine non farcite, frollini, un pezzetto (40 grammi circa) di pizza rossa. L'apporto calorico dovrebbe essere di 100-125 calorie per un bambino di 6 anni.

4. Deve contenere pochi grassi, altrimenti la digestione risulta troppo impegnativa, a discapito dell'attenzione. Meglio evitare, quindi, merendine farcite e panini imbottiti.

5. Non deve essere troppo abbondante, per non guastare l'appetito dei piccoli in vista del pranzo.

giovedì 11 settembre 2014

Futuri papà: la loro salute può condizionare quella del nascituro

Andreas Bohnenstengel via Wikimedia Commons
Alle aspiranti mamme che cercano una gravidanza e a quelle in attesa si raccomanda di adottare uno stile di vita sano e un'alimentazione equilibrata per tutelare la salute futura del nascituro. Ma non sono le uniche a dover prestare attenzione. Anche lo stile di vita paterno prima del concepimento può influire sullo sviluppo embrionale. Lo fanno presente gli specialisti dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, che hanno condotto un sondaggio su oltre mille aspiranti papà in collaborazione con i siti www.nostrofiglio.it e www.periodofertile.it.
Le risposte al questionario hanno evidenziato che gli uomini sono scarsamente informati sui rischi che derivano da obesità, fumo ed esposizione a sostanze tossiche prima del concepimento.
Il 45% degli aspiranti padri coinvolti nell'indagine ha riferito di essere obeso o in sovrappeso, un fattore di rischio per l'alterazione del DNA fetale coinvolto nelle prime fasi della crescita embrionale. Il 34% degli intervistati, inoltre, dichiara di fumare, nonostante il fumo di sigaretta abbia effetti inibitori sulla fertilità maschile e aumenti il rischio di malformazioni congenite cardiache, anorettali e delle vie genito-urinarie. I figli di padri che fumavano prima del concepimento corrono un rischio di sviluppare la leucemia linfoblastica acuta infantile superiore del 25% rispetto ai figli dei papà che non fumavano. La percentuale sale al 44% se il numero delle sigarette fumate superava le 20 al giorno.
C'è poi il capitolo dei rischi professionali: l'esposizione prolungata a pesticidi, piombo, gas di scarico, vernici professionali, solventi organici e prodotti usati nelle lavanderie a secco aumentano il rischio di malformazioni, tumori infantili e sottopeso alla nascita. I lavoratori più a rischio sono cuochi, giardinieri, addetti alle pulizie e impiegati del settore agricolo. Dal sondaggio risulta che il 22% degli aspiranti padri è esposto a questo genere di rischi.
Infine, il capitolo farmaci: alcuni principi attivi, contenuti in antinfiammatori, antipertensivi, antipsicotici o in medicine per la cura di problemi gastrici, possono accrescere del 50% il rischio di complicanze della gravidanza e di difetti congeniti.
Come accade anche per le aspiranti e future mamme, su alcuni fattori di rischio si può intervenire, limitandoli, su altri no. L'importante è esserne informati e rivolgersi al proprio medico curante per valutare la situazione e adottare tutti i possibili accorgimenti.

sabato 6 settembre 2014

#5azioni: prevenire il diabete con l'alimentazione

Lunedì 8 settembre, alle ore 12, si è svolta la quarta conversazione digitale sul diabete organizzata dalla Sanofi nell'ambito dell'iniziativa #5azioni contro il diabete. Il titolo dell'hangout è "La ricetta della prevenzione" e si è parlato di alimentazione, con interventi di specialisti, pazienti e food blogger. Il collegamento si è svolto in diretta da Bologna, in concomitanza con il Salone Internazionale del biologico e del naturale SANA.
Chi è interessato può vedere la registrazione del filmato sul sito di 5azioni, oppure qui:





Integratori in gravidanza: quando serve un "aiutino"?

Sul numero del 30 agosto scorso del New Scientist mi sono imbattuta in una rassegna degli integratori alimentari più in voga nei Paesi industrializzati: vitamine, minerali, acidi grassi, enzimi. Accanto a una breve descrizione di ogni sostanza e del suo ruolo nella fisiologia umana, gli autori elencano i presunti benefici della supplementazione e li vagliano alla luce della letteratura scientifica più aggiornata.
Salvo rare eccezioni, l'esito dell'indagine è che un'alimentazione varia ed equilibrata è sufficiente a garantirci tutti i principi di cui abbiamo bisogno per vivere in salute.
Leggendo l'articolo, mi sono chiesta: come cambiano le cose in gravidanza? Per fornire al nascituro le materie prime necessarie al suo sviluppo, la futura mamma ha bisogno di più ferro, più calcio, più vitamine... L'alimentazione è sufficiente a coprire il mutato fabbisogno? L'integrazione è necessaria? È un optional vantaggioso? Non fa alcuna differenza, oppure può risultare persino dannosa?
Ho intervistato sull'argomento la ginecologa Irene Cetin, che dirige l'Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale Sacco di Milano e fa parte del comitato scientifico dell'Associazione per lo Studio delle Malformazioni, e ho preparato questa rassegna sugli integratori più usati in gravidanza e la loro effettiva utilità.

Vitamina A

È una vitamina liposolubile, cioè si scioglie nel grasso e, se assunta oltre il fabbisogno, si accumula nel grasso corporeo. È presente in alcuni alimenti di origine animale: latte e latticini, uova, frattaglie, pesce. I suoi precursori, i carotenoidi, si trovano nella frutta e nella verdura di colore giallo-arancione. Svolge un ruolo importante nel processo di differenziazione cellulare dell'embrione. Il quantitativo assunto attraverso l'alimentazione è sufficiente a garantirne il giusto apporto in gravidanza. "Assumere integratori di vitamina A durante l'attesa è fortemente sconsigliato", avverte l'esperta. "Perché l'eccesso è tossico e teratogeno: può indurre malformazioni. Non c'è il rischio di superare la dose massima giornaliera assumendola attraverso il cibo, ma con gli integratori questo pericolo esiste e non va sottovalutato".

Acido folico

Anche l'acido folico, o vitamina B9, ha un ruolo fondamentale nei meccanismi di riproduzione cellulare e dunque nello sviluppo dell'embrione. Si trova principalmente nelle verdure a foglia verde e nei legumi. È l'unico principio la cui supplementazione in gravidanza è fortemente raccomandata a tutte le donne, indipendentemente dal regime alimentare che seguono. "È dimostrato, infatti, che assumere una dose giornaliera di 400 microgrammi di acido folico nel mese precedente il concepimento e nei primi tre mesi di attesa riduce di oltre il 70% il rischio di difetti del tubo neurale, come la spina bifida e l'anencefalia", spiega Cetin.
Studi recenti evidenziano anche altri possibili benefici, come una riduzione del rischio di malformazioni cardiache e del rischio di basso peso alla nascita.
RayNata via Wikimedia Commons

Calcio

Il fabbisogno materno di calcio aumenta soprattutto nel terzo trimestre di gravidanza, quando si sviluppa l'apparato scheletrico del nascituro. "In questo periodo è opportuno quindi aumentare l'apporto di latte e latticini nella dieta", dice la ginecologa. "Di solito il calcio assunto attraverso gli alimenti è sufficiente a soddisfare le necessità di madre e feto. L'integrazione è necessaria solo in caso di carenza diagnosticata, per esempio in presenza di alcune patologie dell'intestino che ne riducono l'assorbimento".

Vitamina D

Fissa il calcio nelle ossa, dunque anche la vitamina D è necessaria per lo sviluppo dell'apparato scheletrico fetale. Inoltre,  è coinvolta nel funzionamento del sistema immunitario e nella regolazione del tono dell'umore. "Un deficit di vitamina D in gravidanza favorisce l'insorgenza della depressione post partum", avverte Irene Cetin.
La nostra pelle sintetizza vitamina D quando è stimolata dalle radiazioni solari. Ecco una delle ragioni per cui passeggiare all'aria aperta fa tanto bene in gravidanza. "Nonostante il nostro sia un Paese dal clima mite e a forte insolazione, però, nei mesi invernali una cospicua parte della popolazione ne è carente", avverte la ginecologa. "La soluzione è esporsi più frequentemente al sole, ma se ciò non è possibile per qualche ragione o se la carenza è grave, il medico curante può raccomandare una supplementazione di vitaina D".

Ferro

Il ferro è uno degli integratori più frequentemente assunti dalle donne in attesa. In gravidanza l'organismo materno si trova in una condizione di anemia para-fisiologica: il volume del sangue aumenta, per consentire l'irrorazione sia della madre che del nascituro, ma non altrettanto aumenta il numero di globuli rossi, che risultano diluiti. Se la concentrazione dell'emoglobina scende sotto gli 11 g/dl, da para-fisiologica l'anemia diventa patologica. "Sulla base dell'esame del sangue, il medico curante può prescrivere un'integrazione di ferro in presenza di anemia", spiega Cetin. "È una condizione abbastanza frequente durante l'attesa, ma non riguarda tutte le future mamme".

Øyvind Holmstad via Wikimedia Commons
Omega 3

Gli acidi grassi omega 3 sono presenti nel pesce, nei crostacei, nel tofu, nelle mandorle e nelle noci, nell'olio di colza e in quello di lino. In gravidanza favoriscono lo sviluppo cerebrale del nascituro. "Per assumerne in quantità adeguata è sufficiente mangiare pesce una o due volte a settimana", dice l'esperta. "Una supplementazione può giovare, se la dieta ne è povera, ma non è indispensabile".

Iodio

Una carenza di iodio in gravidanza può causare ipotiroidismo, cioè un difetto di funzionamento della tiroide e, di conseguenza, il rischio di danni allo sviluppo cerebrale del nascituro. "Per questa ragione si consiglia a tutte le future mamme di utilizzare in cucina il sale iodato", dice la ginecologa. "Il fabbisogno giornaliero di iodio di un adulto è di 150 microgrammi. In gravidanza sale a 250 microgrammi. Quattro grammi di sale iodato, la quantità assunta in media in un giorno, contengono 120 microgrammi di iodio". Un eccesso di iodio può alterare la funzionalità della tiroide, perciò chi assume sale iodato dovrebbe evitare l'assunzione contemporanea di integratori multivitaminici che contengono anche iodio.

Probiotici

Sono in corso numerose interessanti ricerche sull'utilità dei probiotici per la salute generale e in particolare in gravidanza, ma per il momento non sono stati prodotti risultati definitivi. Non si sa se giovano e non si sa quali giovano.





giovedì 4 settembre 2014

Tbc: un problema da affrontare, ma senza allarmismi

NIAID via Wikimedia Commons
Nelle ultime ore la stampa italiana è tornata ad occuparsi di tubercolosi, come era già accaduto nel 2011, quando si scoprì che un'infermiera del reparto maternità di un grande ospedale romano era ammalata e più di mille bambini nati in quel reparto furono sottoposti a controlli. Di tbc si parla solo quando c'è un fatto eclatante o una polemica, eppure da decenni gli esperti invitano i responsabili della sanità pubblica a non trascurare il problema e a non abbassare la guardia.
Oggi in Italia la tubercolosi è una malattia rara. "L'incidenza annua è di circa 5.000 casi in tutto il Paese ed è stabile da oltre 10 anni", spiega Alberto Villani, responsabile dell'Unità Operativa di Pediatria Generale e Malattie Infettive dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. "È una malattia di nicchia, che colpisce alcune specifiche categorie a rischio: immigrati in condizioni disagiate, anziani immunodepressi e ammalati di AIDS. Non c'è, dunque, un pericolo grave e immediato per la popolazione generale, in particolare per i bambini, e non c'è ragione di averne paura. Ciò non toglie che la malattia circola ancora in Italia. Il bacillo da noi non è mai scomparso, quindi le autorità sanitarie devono continuare a prestarvi la massima attenzione, soprattutto per contrastare la diffusione dei ceppi di tbc resistenti a uno o più antibiotici".
L'infezione si trasmette per via aerea, attraverso le minute goccioline di saliva che si espellono parlando, starnutendo o tossendo. "Ma è necessario un contatto ravvicinato e prolungato con una persona ammalata perché avvenga il contagio", osserva Villani. "Inoltre, sono contagiose solo le persone affette di tubercolosi cavitaria. I loro polmoni presentano delle piccole lesioni, all'interno delle quali i bacilli si annidano e si riproducono, diffondendosi poi attraverso le vie respiratorie superiori. Non c'è pericolo di trasmissione nei casi in cui il bacillo è presente nell'organismo in forma latente, senza dar luogo alla malattia".
Questa è la differenza tra una persona infettata e una ammalata. Il test di Mantoux, quello più usato per diagnosticare un'infezione tubercolare, evidenzia l'avvenuto contatto dell'organismo con il bacillo. Chi risulta positivo viene avviato a ulteriori controlli per accertare l'eventuale malattia in atto, ma nella maggior parte dei casi è un portatore in forma latente, non contagioso e può essere trattato con profilassi antibiotica per scongiurare l'esordio della malattia. "La stessa malattia è perfettamente curabile se diagnosticata correttamente", aggiunge Villani.
Nell'attuale situazione, in Italia non c'è alcuna ragione di sottoporre al test la popolazione generale, e in particolare i bambini, in assenza di specifiche condizioni di rischio.