giovedì 29 maggio 2014

Allergia al latte vaccino nei bambini. Quale formula scegliere?

Mattes attraverso Wikimedia Commons


Dermatiti, gastroenteriti, reflusso, colichette e difficoltà di addormentamento: sono disturbi comuni nei primi anni di vita che tanti genitori attribuiscono ad allergia alle proteine del latte vaccino contenute nel latte in formula.
"Il 12% dei bambini è ritenuto allergico al latte vaccino e sottoposto a diete di esclusione che spesso risultano penalizzanti dal punto di vista nutritivo, senza prima chiedere il parere dello specialista. Al dunque, sottoposti a test diagnostici, solo uno su 7 dei presunti bimbi allergici lo è realmente", dice Alessandro Fiocchi, responsabile della Struttura Complessa di Allergologia dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. "Innanzi tutto, dunque, di fronte a un bambino che manifesta sintomi sospetti, occorre rivolgersi al medico e sottoporre il piccolo agli esami necessari per una diagnosi corretta".
Che fare poi se l'allergia al latte vaccino è reale e diagnosticata?
"Il latte in formula viene ottenuto da quello di mucca opportunamente trattato per renderlo più simile a quello umano, ma contiene proteine del latte vaccino, dunque non può essere somministrato a un bimbo con un'allergia specifica", risponde l'allergologo. "Sul mercato esistono diversi sostituti e la scelta di quello più adatto deve essere fatta caso per caso a seconda della gravità delle reazioni manifestate dal piccolo, delle caratteristiche nutritive dei diversi prodotti e tenendo conto anche del prezzo e del gusto della bevanda, che deve risultare abbastanza gradevole per il bambino".
Il latte vaccino idrolisato è latte vaccino le cui proteine sono state frammentate per abbattere il rischio di reazione allergica. "Nel nostro Paese è il prodotto più utilizzato per i bimbi allergici al latte vaccino e si trova anche in formulazione adatta ai neonati", osserva Fiocchi, "tuttavia, non è opportuno adottarlo come sostituto nei casi più gravi, quelli in cui il piccolo ha manifestato crisi anafilattiche o è reputato a rischio di crisi anafilattica".
Quando c'è la concreta possibilità di una reazione grave, gli specialisti si orientano di solito verso la miscela di aminoacidi. "Con questo prodotto il rischio di reazione è pressoché nullo", dice il pediatra. "Tuttavia, le miscele di aminoacidi hanno due svantaggi: sono molto costose e poco palatabili. I bambini non le gradiscono affatto e potrebbero rifiutare di alimentarsi".
Ci sono poi i latti di altri animali: pecora, capra e cavalla. "Quelli di pecora e capra non possono essere somministrati ai bambini allergici al latte vaccino, per la somiglianza di alcune proteine che potrebbero indurre reazioni", spiega Fiocchi. "Quello di cavalla può andar bene per i bimbi più grandi, dai 12 mesi in poi, perché in Italia non è disponibile sul mercato in forma umanizzata adatta ai piccoli".
Il latte di soia è sicuro per i bimbi allergici a quello vaccino. "Ma non è sovrapponibile al latte vaccino umanizzato dal punto di vista nutritivo: può determinare un rallentamento della crescita", osserva l'esperto. "Inoltre, alla lunga può sensibilizzare il bambino alle proteine della soia".
Sempre più spesso gli specialisti indicano il latte idrolisato di riso come ottimo sostituto per i bimbi allergici alle proteine del latte vaccino. "È sicuro, adeguato dal punto di vista nutritivo perché addizionato dei nutrienti mancanti, il sapore è ben tollerato dai bambini e anche il prezzo è sostenibile", dice Fiocchi.
Il latte di riso (diverso dal latte idrolisato di riso) e il latte di mandorle non sono sostituti del latte in formula, ma bevande adatte ai bambini più grandi.
Infine, una buona notizia per tutti i bimbi allergici alle proteine del latte vaccino. "Su 100 bambini allergici nel primo anno di vita, 50 hanno acquisito piena tolleranza entro i 3 anni e da lì in poi la situazione migliora ancor più velocemente, tanto che all'adolescenza quasi tutti i ragazzi ex-allergici hanno superato il problema", spiega il pediatra. "Per questa ragione è necessario sottoporre periodicamente i bambini con allergia diagnosticata a nuovi esami, per interrompere la dieta di esclusione quando non è più necessaria".

Questo post partecipa a Blogstorming

mercoledì 28 maggio 2014

Farmaci in gravidanza: quali sono sicuri e quali no



"Sto male, ma aspetto un bambino e quindi non posso prendere niente". Quante volte l'abbiamo sentito dire da un'amica in attesa e magari lo abbiamo detto noi stesse? Il timore che le medicine assunte in gravidanza nuocciano alla salute e allo sviluppo del feto è tra i più radicati. Non a torto, perché esistono farmaci teratogeni, controindicati nell'attesa. Ma esistono anche farmaci sicuri o comunque con un basso margine di rischio e ci sono situazioni in cui è necessario assumerli, perché l'alternativa, la malattia non curata, è ancor più dannosa per la madre e per il nascituro.
Tutto sta, come sempre, nell'essere correttamente informati e nel fare il giusto bilancio tra rischi e benefici. Il ginecologo e il medico di famiglia conoscono i rischi connessi a una malattia materna e quelli connessi ai farmaci che la donna può prendere in gravidanza. Quando prescrivono una terapia, lo fanno a ragion veduta. Trascurare le indicazioni del medico e non assumere i farmaci prescritti o assumerne una dose minore "per maggior prudenza" è controproducente, non è di vantaggio alla gravidanza e al nascituro.
Per ribadire l'importanza dell'uso consapevole dei farmaci in gravidanza e in allattamento e per offrire alle future mamme informazioni di prima mano, chiare, attendibili e continuamente aggiornate, l'Agenzia Italiana del Farmaco ha lanciato il sito Farmaci e Gravidanza. Contiene oltre 400 schede di medicinali, ordinati per patologia e per principio attivo, redatte sulla base delle più recenti pubblicazioni da specilisti delle Università di Padova, Siena e Ancona.
Per promuovere il lancio del sito, l'AIFA ha avviato una campagna di comunicazione con spot televisivi e radiofonici e opuscoli allegati alle principali riviste femminili. Il messaggio della campagna è: per TE e per ME, mamma

Ecco il video della campagna dell'AIFA


E qui è possibile scaricare l'opuscolo informativo, completo con note sulle più comuni patologie ricorrenti e intercorrenti in gravidanza e sui farmaci per il loro trattamento.

domenica 25 maggio 2014

Cicogna in ritardo? Quanto aspettare

Frontispiece of Andersen's fairy tales (Robinson).jpg

"Il nostro quinto tentativo se ne è andato, e a qualcuno questi mesi potrebbero sembrare pochissimi. Ma per me non è così. Sono giunta alla ricerca dopo averci pensato tanto, dopo anni di matrimonio, dopo che tutto era al suo posto. Credevo che i primi mesi sarei stata paziente, che avrei accettato l'attesa dell'attesa stessa e invece... ci sto male".
Le riflessioni di Eliana, la protagonista del romanzo di Emily Pigozzi "Un qualunque respiro" (Butterfly Edizioni, 2014), sono le stesse di tante donne che affrontano con comprensibile impazienza la ricerca di un figlio e ad ogni mese che passa si chiedono se sia tutto a posto o se non ci sia qualcosa che non va e se non sia il caso di chiedere aiuto, di fare dei controlli.
"Di norma si raccomanda alle coppie di aspettare un anno di tentativi infruttuosi prima di rivolgersi a uno specialista", osserva il ginecologo Carlo Flamigni, esperto di PMA. "Questo perché la specie umana non è tra le più fertili: una coppia giovane che ha rapporti mirati, ha una probabilità di concepire del 20-25% per ciascun ciclo. In concreto, però, bisogna tener conto della situazione specifica caso per caso. Se gli aspiranti genitori non sono più giovanissimi, potrebbero impiegare ben più di un anno, pur non avendo problemi, ma invitarli ad aspettare tanto prima di chiedere aiuto potrebbe significare per loro uno spreco di tempo prezioso qualora ci fosse effettivamente qualche problema da risolvere. In questo caso o se la coppia per le più svariate ragioni ha fretta di raggiungere l'obiettivo, consiglio di aspettare qualche mese e poi di cominciare a sottoporsi agli esami meno invasivi: lui all'analisi del liquido seminale, lei al dosaggio ematico del progesterone per accertare che il ciclo sia ovulatorio".
Ben diversa è la situazione se l'aspirante mamma è affetta, e sa di esserlo, da endometriosi, sindrome dell'ovaio policistico o forti irregolarità mestruali. In tal caso è opportuno un controllo anche prima di avviare la ricerca del concepimento. "La stessa accortezza vale se l'uomo soffre o ha sofferto in passato di varicocele, croptorchidismo, traumi testicolari oppure se ha avuto la parotite dopo la pubertà", avverte la ginecologa Alessandra Graziottin, che dirige il Centro di ginecologia e sessuologia medica dell'Ospedale San Raffaele Resnati di Milano.


venerdì 23 maggio 2014

Occhio alla tiroide

Di David Roseborough attraverso Wikimedia Commons


In occasione della settimana mondiale della tiroide, che si celebra dal 19 al 25 maggio, la Società Italiana di Endocrinologia ricorda che è opportuno sottoporsi ad un controllo della funzionalità della ghiandola solo in presenza di sintomi sospetti o di fattori di rischio specifici, come la familiarità per le malattie tiroidee.
Dice il comunicato della SIE: "È inutile sprecare risorse diagnostiche perché non si riesce a perdere due o tre chili, mentre è importante rivolgersi al medico se ci si stanca, se si hanno palpitazioni, se non si dorme, se si perde peso nonostante si mangi abbastanza o il contrario, se ci si dimentica le cose, se si ha freddo. Controllare la funzione tiroidea in donne ultrasessantenni con il colesterolo alto sì, in tutte le ultrasessantenni no. Controllare sorelle, madri, figlie di donne con malattie tiroidee, specie se residenti in aree a riconosciuta carenza iodica, sì; tutte le donne no".
C'è però una categoria di donne che dovrebbero sempre e comunque controllare la funzionalità della tiroide anche in assenza di sintomi o familiarità: le future mamme. È sufficiente un dosaggio del TSH, l'ormone tireostimolante, a inizio gravidanza per identificare un eventuale problema e risolverlo immediatamente, evitando i rischi per lo sviluppo neurologico del nascituro.
In gravidanza, poi, è sempre consigliabile il ricorso al sale iodato, da utilizzare al posto del comune sale da cucina.

mercoledì 21 maggio 2014

Diabete in gravidanza e diabete infantile: le repliche degli incontri




Per chi non avesse seguito in diretta gli incontri della serie #5azioni organizzati dalla Sanofi su diabete gestazionale e diabete infantile, ecco qui le registrazioni di entrambi.

Diabete in gravidanza:




Diabete infantile:


martedì 20 maggio 2014

Prevenire le allergie: vero e falso

Di jaro.p attraverso Wikimedia Commons



 Come avevo anticipato, sono stata al convegno su prevenzione e terapia delle allergie organizzato il 16 e 17 maggio a Roma dalla Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica. Alcuni interventi hanno approfondito temi che ho già trattato brevemente: come riconoscere il bambino a rischio di allergia e la necessità di rivolgersi a uno specialista in caso di sospetta allergia e non azzardare diagnosi fai-da-te sulla base dei sintomi.
Si è parlato anche di prevenzione. Se un bambino è a rischio, si può fare qualcosa per ridurre in modo significativo il rischio prima dell'insorgenza del disturbo? Quali sono gli interventi di dimostrata efficacia e quali sono inutili?
I fattori che influiscono sull'insorgenza della malattia allergica sono la predisposizione genetica, che può essere ereditata dai genitori, e fattori ambientali che influiscono sull'espressione dei geni nei primi mesi di vita. Sulla predisposizione genetica non si può far nulla. "Ma possiamo intervenire su altri fattori per limitare il rischio di futura allergia del bimbo di cui si conosce la predisposizione", osserva Giuseppe Pingitore, pediatra allergologo della ASL Roma D.
"Un bambino è considerato a rischio di allergia se ha un parente di primo grado, cioè la madre, il padre o un fratello, allergico", spiega Pingitore. "È considerato ad alto rischio se ha due o più parenti di primo grado allergici". Un bimbo può tuttavia sviluppare un'allergia pur non avendo familiari che ne soffrono. "Spesso il piccolo con tendenza all'allergia è riconoscibile perché fin dalle prime settimane di vita è soggetto a dermatite atopica. Alla dermatite possono seguire manifestazioni di allergia alimentare, asma e infine rinite allergica. È una progressione che prende il nome di marcia atopica. Il bambino con dermatite atopica va considerato a rischio anche in assenza di familiarità".
Quali sono dunque i fattori su cui si può influire per contenere il rischio di insorgenza dell'allergia?
"Innanzi tutto la modalità del parto: il bambino che nasce col cesareo ha una probabilità moderatamente più elevata di soffrire di allergie rispetto al bambino nato con parto vaginale", dice l'allergologo. "Il perché non si sa, ma si ipotizza che al passaggio nel canale del parto il neonato venga colonizzato dalla flora batterica materna che svolge un ruolo importante nella regolazione dei meccanismi immunitari coinvolti nell'insorgenza delle allergie. Probabilmente per la stessa ragione il bambino allattato al seno ha minori probabilità di essere allergico. Il latte materno contiene infatti prebiotici che favoriscono lo sviluppo e il mantenimento di una sana flora batterica. Parto vaginale e allattamento al seno, dunque, riducono il rischio e vanno preferiti quando è possibile".
Non è di alcuna utilità, invece, che la futura mamma si privi di alcuni alimenti potenzialmente allergenici, come i crostacei o le noccioline, in gravidanza o durante l'allattamento. Può mangiare quel che vuole: ai fini delle allergie non cambia nulla.
Passando allo svezzamento, oggi c'è la tendenza ad aspettare il compimento del primo anno prima di dare al bambino alimenti ritenuti più a rischio, come le uova o il pesce. "In reatà non è dimostrato che in questo modo si riduca il rischio di allergia", prosegue Pingitore. "Neppure anticipare o posticipare l'avvio dello svezzamento influisce nel bene o nel male".
Il fumo passivo nuoce alla respirazione del bambino e lo espone a un maggior rischio di soffrire di asma e allergie in generale, quindi non bisogna fumare in presenza dei più piccoli o negli ambienti in cui i bambini soggiornano a lungo.
Avere animali in casa ha un effetto protettivo secondo alcuni studi, aumenta il rischio di allergia secondo altri. Non c'è un giudizio conclusivo al riguardo.
Infine, c'è il capitolo dei probiotici. "In linea teorica, l'assunzione di fermenti lattici da parte della futura mamma nelle ultime settimane di gravidanza e da parte del piccolo nei primi mesi di vita dovrebbe promuovere lo sviluppo di una sana flora batterica e quindi ridurre il rischio di allergia", spiega lo specialista. "Al momento, però, dalla ricerca non abbiamo una risposta definitiva sull'utilità di questo accorgimento, né su quali probiotici andrebbero assunti, dunque non mi sento di raccomandare alle mamme questa strada".

venerdì 16 maggio 2014

Giovani Leoni: la diretta sul diabete infantile



Ed ecco la diretta del videoincontro "Giovani Leoni" sul diabete infantile, il terzo incontro della serie #5azioni organizzata dalla Sanofi. Dalle 13 alle 14 di oggi, venerdì 16 maggio, potete assistere e partecipare attraverso la pagina web di 5azioni, la pagina di Facebook di 5azioni e con Twitter, usando @5azioni e #5azioni.
Parteciperanno in video medici diabetologi, mamme blogger, compresa la sottoscritta, e rappresentanti di associazioni di pazienti e familiari di pazienti.
Al termine della diretta, potrete rivedere l'intero video dal sito di 5azioni.


giovedì 15 maggio 2014

Domani la diretta sul diabete infantile



Domani, venerdì 16 maggio, dalle 13 alle 14 da questo blog potrete assistere alla diretta streaming del videoincontro sul diabete di tipo 1 nei bambini. L'incontro, dal titolo "Giovani Leoni", è il terzo della serie #5azioni, organizzata dalla Sanofi per parlare di diabete in tutte le sue accezioni. Chiunque potrà partecipare in diretta alla discussione con domande, spunti e testimonianze via Twitter, usando #5azioni e @5azioni.
All'incontro di domani prenderanno parte in video 15 mamme dal Festival delle mamme blogger "Mamma che blog", oltre a medici diabetologi, rappresentanti delle istituzioni e di associazioni di pazienti e familiari di pazienti. Mammifera Digitale sarà presente in video, oltre a ospitare lo streaming.
Qui potete leggere qualche considerazione che ho postato in vista dell'evento.
A domani!

Race for the Cure



Sono stata a fare una passeggiata al Circo Massimo qualche giorno fa. Sono quasi pronti i gazebo bianchi del Villaggio della Salute, dove il 16, 17 e 18 maggio si terrà la quindicesima edizione di Race for the Cure di Roma, un evento creato per parlare e combattere il tumore al seno.
Una donna su nove nel corso della vita riceve una diagnosi di tumore al seno, la neoplasia maligna più frequente nel sesso femminile. In Italia ne viene diagnosticato uno ogni quindici minuti.
Se individuato precocemente, la probabilità di guarigione è del 90%. Ecco perché dopo i 40 anni è importante sottoporsi ogni anno a mammografia e visita clinica del seno.
I soldi raccolti dalle iscrizioni a Race for the Cure serviranno a finanziare corsi di aggiornamento del personale sanitario, l'acquisto di apparecchi per la diagnostica, campagne di informazione sulla prevenzione e iniziative per il recupero del benessere psico-fisico delle donne operate. Al Villaggio della Salute saranno operative postazioni per la prevenzione dei tumori femminili che offriranno visite senologiche, ecografie mammarie, mammografie e pap test.

Ecco il video di presentazione dell'evento.


domenica 11 maggio 2014

Misurare e combattere il dolore dei bimbi


Brazzouk attraverso Wikimedia Commons

Un tempo si credeva che i neonati non fossero in grado di percepire il dolore per l'immaturità del loro sistema nervoso, tanto che venivano sottoposti a piccoli interventi chirurgici senza anestesia. Numerosi studi hanno dimostrato invece che i bambini, soprattutto i più piccoli, hanno una percezione del dolore più acuta di quella degli adulti e che l'esposizione a ripetuti stimoli dolorosi influisce negativamente sul loro sviluppo fisico e psicologico.
La consapevolezza della sensibilità dei neonati al dolore e l'attenzione al loro benessere fisico e psicologico da parte del personale sanitario sono aumentate negli ultimi decenni. “Oggi nei reparti ospedalieri di terapia intensiva neonatale si fa il possibile per ridurre l'esposizione dei piccoli, soprattutto i prematuri, a stimoli stressanti. Medici e infermieri fanno ricorso anche a farmaci analgesici per limitare il fastidio delle procedure invasive”, dice Arturo Giustardi, primario di neonatologia della Clinica Lourdes di Napoli. “C'è ancora poca attenzione, invece, nei confronti dei piccoli sani e nati a termine”.
Per esempio, poco o nulla si fa per contenere il dolore dei bambini sottoposti a procedure mediche invasive minori come un prelievo di sangue, la medicazione di una piccola ferita o un'iniezione intramuscolare. Una ricerca condotta dal gruppo di studio Pain in Pediatric Emergency Room (PIPER) su 19 pronto soccorso italiani evidenzia che sul 37% dei bambini che accedono al pronto soccorso non viene fatta alcuna valutazione del dolore e nel 47% dei casi non viene applicato alcun protocollo per contenere il dolore. 
"Purtroppo c'è ancora tanta paura a dare antidolorifici ai più piccoli, temendo effetti collaterali", osserva Franca Benini, responsabile del Centro Regionale veneto di Terapia antalgica e cure palliative pediatriche, "mentre esistono farmaci efficaci, sicuri e ben tollerati anche dai bambini. Noi somministriamo moltissimi farmaci ai nostri figli senza preoccuparci altrettanto delle loro possibili conseguenze. Il dolore, invece, non viene considerato come un sintomo da trattare".
Il gruppo PIPER, con il patrocinio del Ministero della Salute, ha realizzato il video "Dolore? No, grazie!", per sensibilizzare medici e genitori sull'importanza di misurare il grado di sofferenza dei bambini interpellandoli direttamente oppure, se troppo piccoli per parlare, osservando le loro reazioni. E fare il possibile per contenerlo. Il video è stato distribuito a tutte le strutture di pronto soccorso in Italia perché venga mostrato ai genitori dei piccoli pazienti.

Ecco il video:






sabato 10 maggio 2014

Più informazione sul diabete infantile


Non è vero che il diabete viene solo alle persone di una certa età e non è vero che viene perché si mangiano troppi dolci. Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune che può insorgere a qualunque età, indipendentemente dalle abitudini alimentari. Sempre più spesso si manifesta nella prima infanzia. Oggi in Italia si contano circa 20.000 persone affette da diabete di tipo 1 nella fascia d'età da 0 a 18 anni. Ogni anno si manifestano 10-12 nuovi casi ogni 100.000 bambini e ragazzi da 0 a 14 anni e 4-5 di questi casi riguardano bambini entro il quinto anno di vita.
Quel che è peggio, secondo le previsioni degli esperti, i nuovi casi da 0 a 5 anni sono destinati ad aumentare progressivamente nei prossimi anni. Ciò significa che sempre più genitori nei prossimi anni si troveranno a fronteggiare una malattia su cui c'è ancora scarsa informazione e molti pregiudizi.
Solo nel 10% dei casi il diabete di tipo 1 è di origine familiare. Nel 90% dei casi è frutto di una mutazione sporadica, imprevedibile. E non esistono esami di screening per individuare i bambini a rischio. Sta alla perspicacia dei genitori cogliere i primi segni della malattia quando si manifesta e segnalare il sospetto al pediatra.
Ma quanto sono informate le famiglie di questa eventualità? Sanno a quali sintomi prestare attenzione?
Dopo la diagnosi, le famiglie devono fare i conti con la prospettiva che il loro bimbo dovrà convivere tutta la vita col diabete, una prospettiva che non è facile da digerire. Tuttavia oggi la medicina consente di tenere sotto controllo la malattia e di vivere una vita normale. Quante famiglie lo sanno? Pregiudizi e mancanza di informazioni amplificano le paure dei genitori e dei familiari di bambini neo diagnosticati.
Infine, gli stessi bambini col passare degli anni dovranno fare i conti con la propria malattia: imparare ad accettarla, che è l'unica strada per riuscire a controllarla, e al tempo stesso imparare a non sentirsi diversi dagli altri. In poche parole devono diventare responsabili, ma senza perdere la spensieratezza. Un obiettivo non facile da raggiungere per un bimbo di pochi anni. I pazienti e le famiglie sono adeguatamente sostenuti da psicologi, oltre che da endocrinologi, nel loro percorso?
Mi sembra che l'informazione sia un elemento chiave nella gestione del diabete di tipo 1 nei bambini.
Informare è proprio uno degli obiettivi del confronto che si terrà in diretta streaming il 16 maggio prossimo, dalle 13 alle 14, nell'ambito dell'iniziativa 5azioni organizzata dalla Sanofi. La diretta sarà visibile dal sito www.5azioni.it e da questo blog, come è già stato per l'hangout sul diabete gestazionale alcune settimane fa.

venerdì 9 maggio 2014

La moxa funziona? Si sa che non si sa


David Roseborough attraverso Wikimedia Commons



La data del parto si approssima e il nascituro non vuol saperne di mettersi "in posizione". Ha la testa rivolta verso il fondo dell'utero e le gambe verso le pelvi materne. È la presentazione podalica, un'eventualità che si verifica nel 4% delle gravidanze a termine e comporta un rischio aumentato di esiti avversi del parto vaginale. Per questa ragione oggi in Italia la quasi totalità delle gravidanze con feto podalico a termine si conclude con un cesareo.
C'è modo di evitare il ricorso al bisturi, sottoponendosi alla versione cefalica per manovre esterne, un intervento del ginecologo che, manipolando dall'esterno l'addome materno, sollecita il feto a rivolgersi con la testa verso il canale del parto. La tecnica è efficace, ma comporta un rischio non trascurabile di rottura prematura delle membrane.
Poi c'è la moxibustione, o moxa. È una pratica dolce, non invasiva, assolutamente innocua, mutuata dalla medicina tradizionale cinese. Consiste nella sollecitazione, con la punta di un sigaro acceso di foglie di artemisia, del punto di agopuntura BL 67, che corrisponde all'angolo esterno dell'unghia del quinto dito del piede. La futura mamma, adeguatamente istruita, può farlo da sé a casa, con l'aiuto del suo compagno. Negli ultimi anni ha guadagnato consensi crescenti.
Funziona?
Il problema è proprio questo: non si sa.
Il Centro di documentazione sulla salute perinatale, riproduttiva e sessuale della Regione Emilia Romagna ha appena pubblicato una revisione degli studi condotti finora sull'argomento. Risultato: alcuni evidenziano una certa efficacia, altri no. Ma, soprattutto, le condizioni in cui sono stati effettuati gli studi sono troppo eterogenee per consentire una comparazione. C'è chi ha applicato la moxa due volte al giorno e chi due volte a settimana, chi per pochi minuti a seduta, chi per 60 minuti, chi alla 37° settimana, chi alla 28°, spesso a casa, in condizioni poco controllabili.
In attesa di nuovi e più solidi studi, perciò, chi decide di ricorrere al sigaro di artemisia sappia che non esiste alcuna dimostrazione scientifica della sua utilità.

giovedì 8 maggio 2014

Donne, difendiamo i nostri polmoni!



Il fumo fa male. Il fumo uccide nel mondo una persona ogni sei secondi. Ciò nonostante l'Italia conta 10,8 milioni di fumatori, di cui 4,7 milioni di donne. E la fascia d'età con la più alta percentuale di fumatrici (il 24,1%) è quella compresa tra i 25 e i 44 anni, proprio quella in cui più Italiane considerano l'idea di mettere in cantiere un bebè.
Sapevate che una donna su 30 oggi nel nostro Paese sviluppa un tumore al polmone, la terza più frequente neoplasia femminile, dopo quello alla mammella e quello al colon-retto?
Sapevate che la nicotina e il benzopirene contenuti nel fumo di tabacco interferiscono con il processo di maturazione degli ovociti e danneggiano la fertilità femminile?
Sapevate che il fumo materno in gravidanza aumenta il rischio di aborto spontaneo, parto pretermine e basso peso alla nascita?
Sapevate che l'esposizione neonatale al fumo passivo aumenta il rischio di morte improvvisa del lattante, infezioni respiratorie, asma, allergie respiratorie e otiti?
Il 31 maggio l'Organizzazione Mondiale della Sanità celebra il No Tobacco Day, l'Italia celebra la Giornata Nazionale del Respiro e l'Agenzia Nazionale per la Prevenzione, in collaborazione con Agetica, Agenzia etica del Terzo Settore, con le associazioni dei pazienti delle malattie respiratorie (Ass. Pazienti BPCO e Federasma), con la Consulta Nazionale sul Tabagismo e con il GISeG (Gruppo Italiano Salute e Genere) lancia la campagna informativa Polmone Rosa.
A Roma, in piazza San Silvestro, dalle 10 alle 18 del 31 maggio i medici del Policlinico Gemelli effettueranno gratuitamente spirometrie per valutare la salute polmonare e quelli del Centro Antifumo dell’Ospedale San Filippo Neri offriranno informazioni e consigli su come dire basta alle sigarette, per la salute di tutte e di tutti.

martedì 6 maggio 2014

Bocca sana anche prima dei dentini


Di Ejdzej attraverso Wikimedia Commons


Non è mai troppo presto per curare la bocca dei bambini e giocare in anticipo contro le carie.
Il principale responsabile della malattia è lo Streptococcus mutans, un batterio che può colonizzare la bocca dei piccoli fin dai primi giorni di vita e proliferare sulla lingua e sulle tonsille prima della comparsa del primo dentino. Quanto più è consistente la colonia di Streptococcus mutans all'eruzione dei denti da latte, tanto più è elevato il rischio dell'insorgenza di carie.
"Il primo consiglio che do alle mamme è di curare la propria igiene orale con grande attenzione in gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino, per limitare la trasmissione di batteri patogeni al piccolo con i baci e il contatto ravvicinato", dice Antonella Polimeni, ordinaria di odontoiatria pediatrica dell'Università La Sapienza di Roma.
Polimeni e colleghi hanno pubblicato di recente sull'International Journal of Immunopathology and Pharmacology le conclusioni di uno studio sulla proliferazione dello Streptococcus mutans a contatto con diversi tipi di latte per l'infanzia. Risultato: i batteri patogeni si moltiplicano più lentamente a contatto con i latti in formula addizionati con probiotici, in particolare quelli che contengono Lactobacillus reuteri e Bifidobacterium lactis. "Lo studio è stato effettuato in vitro, cioè in provetta, e non dal vivo nelle bocche dei bambini", chiarisce Polimeni, "quindi per il momento non abbiamo dati clinici su un eventuale protezione contro la carie offerta dai latti con probiotici. Possiamo solo ipotizzare che per i bimbi nutriti con latte artificiale, quelli addizionati con Lactobacillus reuteri e Bifidobacterium lactis possano ridurre il rischio di carie. Il problema non si pone per i bimbi allattati al seno, perché il latte materno contiene fattori antibatterici e protettivi".
Rimane sempre valida la raccomandazione di pulire quotidianamente la bocca dei bambini, anche prima della comparsa dei dentini, con una garzetta imbevuta di acqua e bicarbonato e non dare ciucci addolciti con zucchero o miele, né biberon di camomilla o altre bevande dolcificate alla sera, dopo aver pulito la bocca.

venerdì 2 maggio 2014

Mortalità materna e infantile: buone notizie dal mondo

Di DFID - UK Department for International Development attraverso Wikimedia Commons


La mortalità materna e infantile nel mondo è in calo, nonostante i tanti ostacoli ancora esistenti, nonostante la crisi economica globale che troppo spesso fa passare la salute pubblica in secondo piano. Lo dimostrano due studi pubblicati oggi su The Lancet, parte del Global Burden of Disease Study 2013, un lavoro più ampio condotto da una collaborazione internazionale di università e centri di ricerca per valutare lo stato della salute nel mondo.
Dal 1970 al 2013 c'è stata una riduzione del 64,3% della mortalità globale nella fascia d'età sotto i 5 anni. Negli ultimi 13 anni, la mortalità è calata più rapidamente rispetto agli anni precedenti in 99 Paesi su 188.
Il numero annuale di morti materne per cause connesse a gravidanza e parto nel mondo è calato da 376.000 nel 1990 a 293.000 nel 2013. In particolare, è drasticamente calata dal 1990 a oggi la mortalità per sepsi, emorragia, ipertensione gravidica e distocia.