mercoledì 6 dicembre 2017

Contraccezione: un diritto negato

“Mi chiamo Giovanna, ho 29 anni e vivo in provincia di Verona. Dopo aver fatto due figlie in due anni, vorrei mettere la spirale, ma non riesco a sostenerne il costo. Anche i 15-20 euro al mese della pillola per me sono un problema. Onestamente, non sono chissà che caso eclatante: sia io che mio marito lavoriamo, ma il mio bilancio mensile fatto di mutuo, nido, rata della macchina, spesa e bollette non mi lascia molto scegliere!”
Giovanna (non è il vero nome), mi avverte che la sua “non è una storia lacrimevole” e quindi forse non è materiale adatto per il post che voglio scrivere. Le rispondo che non sto cercando storie lacrimevoli, ma l'esperienza vera, quotidiana, di tanta gente che arriva a fatica a fine mese e si trova costretta a scegliere tra le spese necessarie e a rinunciare alla contraccezione.

L'articolo 32 della nostra Costituzione recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. La legge istitutiva dei consultori, la 405 del 29 luglio 1975, cita tra gli scopi dell'assistenza alla famiglia e alla maternità “la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica degli utenti” e la legge 194 del 22 maggio 1978 ribadisce “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile”.
Nel 2017 non potrebbe essere diversamente: il diritto alla salute sessuale e alla procreazione consapevole e responsabile è fondamentale in qualunque Paese democratico e i vari fertility day e appelli a fare più figli che si susseguono da qualche anno non possono certo prescindere dalla libertà nelle scelte riproduttive. Questo diritto, però, deve essere concretamente attuabile e in Italia oggi non lo è.

Preservativi maschili
“Esistono tanti mezzi contraccettivi differenti, adatti a diverse fasi della vita, a diverse condizioni di salute e alle preferenze personali di ciascuno”, spiega Elisabetta Canitano, ginecologa presso la ASL Roma 3 e presidente di VitadiDonna, associazione del Consorzio della Casa Internazionale delle Donne. “Ci sono quelli meccanici, come il preservativo maschile o femminile, quelli farmacologici, come la pillola, quelli con caratteristiche miste, come la spirale intrauterina medicata. Oggi nel nostro Paese, a parte rare iniziative locali a macchia di leopardo, tutti questi mezzi sono a carico dei cittadini. Nessuno è a carico del Sistema Sanitario Nazionale e dunque gratuito per gli utenti”.

Accesso negato
Preservativi femminili. Proteggono dalle gravidanze indesiderate
e dalle malattie a trasmissione sessuale


Il nostro è un Paese arretrato per quel che concerne la contraccezione. I dati parlano chiaro: al terzo posto tra i metodi scelti dalle donne italiane per evitare gravidanze indesiderate, dopo il preservativo e la pillola, c'è il coito interrotto. “Non lo si può neppure considerare un anticoncezionale, tanto è inefficace”, osserva Marina Toschi, ginecologa consultoriale, membro del Board della European Society for Contraception.
Eppure, in Italia vi fa ricorso il 19,4% delle donne sessualmente attive nella fascia d'età dai 18 ai 49 anni secondo l'indagine multiscopo dell'Istat sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2013. Il confronto col resto d'Europa è imbarazzante: in Francia nel 2015 ha scelto il coito interrotto come mezzo contraccettivo lo 0,4% delle donne sessualmente attive tra i 15 e i 49 anni, il Germania e in Belgio lo 0,7%, in Austria lo 0,6%, secondo il rapporto delle Nazioni Unite “Trends in Contraceptive Use Worldwide 2015”.
E ancora, un'indagine della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia del 2013 ha evidenziato che il 42% delle ragazze italiane under 25 non utilizza alcuna misura anticoncezionale al primo rapporto sessuale. Il 5% in più rispetto ai risultati di un'analoga inchiesta svolta nel 2010.

Diversi sono i fattori che contribuiscono a questo stato di cose, in primis la cattiva informazione e il retaggio culturale, ma anche l'aspetto economico fa la sua parte.
“Ricordo la visita di una mamma al mio studio. Era venuta a chiedermi la prescrizione di un contraccettivo orale per la figlia. Inizialmente lei era contraria, ma dopo tanto insistere la ragazza l'aveva convinta e aveva ottenuto il suo consenso. Quando ha capito che il farmaco era a pagamento, mi ha spiegato che sarebbe stato complicato poterlo acquistare senza dire niente al marito, cioè al padre della ragazza, che era all'oscuro della faccenda”, racconta Tecla Mastronuzzi, medico di famiglia a Bari. “Presto servizio nel quartiere San Pio, che una volta si chiamava Enziteto, zona di periferia più che degradata, dove l'abbandono scolastico e le prime gravidanze a 20 anni o poco meno sono la regola. Sono tante le giovani che non fanno ricorso ad alcun mezzo contraccettivo. I partner sono contrari, perché convinti che il rischio di una gravidanza indesiderata sia il miglior deterrente contro l'infedeltà. Le donne non hanno autonomia finanziaria e il costo dei contraccettivi diventa un ostacolo insormontabile”. Disagio sociale, ignoranza e ostacoli economici formano una miscela micidiale.
Anello vaginale che rilascia attraverso la mucosa una miscela di ormoni
estroprogestinici. Protegge per un mese dalle gravidanze indesiderate

Le donne, le coppie che non possono permettersi la contraccezione per motivi economici sono quelle più danneggiate se incappano in una gravidanza indesiderata. “Capita. Capita a madri che hanno già quattro o cinque figli e il marito disoccupato”, racconta Anna Fracassi, ostetrica del consultorio AREA di Vestone, convenzionato con la ASL di Brescia. “Ricordo una donna, con una bimba di un anno, che non voleva subito una nuova gravidanza ed è venuta a chiedere la prescrizione per un contraccettivo orale. Cercava quello che costa meno. Alla fine ha optato per un farmaco che si trova in fascia A, cioè rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale ed erogabile dietro pagamento di pochi euro di ticket o gratuitamente a chi ha l'esenzione per reddito. Peccato che non si tratti di un vero contraccettivo. È un anti-androgeno per il trattamento dell'acne: contiene etinilestradiolo e ciproterone, cioè un estrogeno e un progestinico e svolge anche un'azione contraccettiva, ma ha un dosaggio ormonale elevato ed è gravato da effetti indesiderati pesanti. Quella donna non ha avuto scelta e si è dovuta accontentare di una soluzione inadeguata”.

Contraccettivo orale estroprogestinico o progestinico.
Quello progestinico è l'unico che si può assumere in allattamento

Che cosa sono e quanto costano


Diritto alla salute sessuale non vuol dire solo accedere a un qualche mezzo contraccettivo, ma avere la possibilità di scegliere quello più adatto alla propria situazione. “Ci sono donne che possono assumere pillole estro-progestiniche, altre che hanno controindicazioni agli estrogeni e devono far ricorso ai soli progestinici: pillole, spirali medicate, impianti sottocutanei”, spiega Elisabetta Canitano. “Le spirali medicate sono indicate anche come trattamento per le mestruazioni troppo abbondanti. I contraccettivi orali progestinici sono gli unici utilizzabili in allattamento. I preservativi non proteggono solo contro le gravidanze indesiderate, ma anche contro le malattie a trasmissione sessuale”.

Quali sono e quanto costano i mezzi contraccettivi disponibili oggi in Italia? Fatta eccezione per la pillola anti-acne usata come anticoncezionale da chi non può permettersi altro, tutti i contraccettivi orali sono farmaci di fascia C, interamente a carico di chi li acquista. “Costano dai 9 ai 15, fino a 18 euro a confezione che dura un mese, a seconda della formulazione e che si tratti di un generico o di un prodotto di marca”, spiega Marina Toschi. “I progestinici vanno dai 9 ai 15 euro al mese”.
I preservativi costano 8-9 euro a confezione da 6 pezzi. “Quelli femminili costano 6 euro a confezione da 3 pezzi”, prosegue Toschi. “Una spirale al rame costa dai 70 ai 100 euro, a cui va aggiunto il ticket della visita dallo specialista ginecologo che la inserisce. Nei consultori la mettiamo gratuitamente, ma il costo del dispositivo è comunque a carico della donna, salvo rare eccezioni in alcune Regioni e alcune ASL. La spirale medicata con progestinico può costare dai 170 a più di 200 euro”. L'impianto sottocutaneo di uno stick di progestinico è la soluzione più costosa: più di 300 euro e il ticket del medico che lo inserisce.
Spirale intrauterina medicata con progestinico.
Protegge per 5 anni dalle gravidanze indesiderate ed è
indicata nel trattamento della metrorragia

Il progetto Choice della Washington University di St. Louis, condotto dal 2007 al 2011 e pubblicato nel 2012 su Obstetrics and Gynecology, ha coinvolto quasi 10 mila giovani nell'area di St. Louis e ha dimostrato che 75 donne su 100, libere di scegliere senza condizionamenti economici, preferiscono far ricorso agli anticoncezionali reversibili di lunga durata: le spirali, efficaci per 5 anni, e gli impianti sottocutanei, efficaci per 3 anni. E ha dimostrato che questi dispositivi, per la facilità d'uso e l'impossibilità di dimenticanze, sono più efficaci della pillola nella prevenzione delle gravidanze indesiderate e degli aborti volontari.
“Lo studio Choice ha avuto un tale impatto negli Stati Uniti da convincere l'amministrazione Obama a obbligare le assicurazioni sanitarie a coprire anche le spese della contraccezione, come garanzia di un diritto civile alla procreazione responsabile, diritto attaccato ora dall'amministrazione Trump”, dice Pietro Puzzi, ginecologo che opera come volontario in alcuni consultori della ASL di Brescia. “In Italia gli anticoncezionali di lunga durata sono i più costosi”. E non a caso, secondo l'Istat, solo il 4% delle donne Italiane fa ricorso alla spirale, al rame o medicata, e meno dell'1% all'impianto sottocutaneo.

Stick di progestinico per impianto sottocutaneo.
La sua efficacia contraccettiva dura 3 anni
Fino all'estate dello scorso anno, alcuni contraccettivi orali erano collocati in fascia A, tra i farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale. “Erano estroprogestinici di terza generazione”, spiega Puzzi. “Il 6 luglio del 2016 l'AIFA li ha passati in fascia C senza dare alcuna spiegazione né alle donne, né ai medici. Le donne l'hanno saputo dal farmacista e noi medici dalle donne”.
La motivazione fornita in seguito dall'AIFA è che gli estroprogestinici di terza generazione comportano un piccolo rischio aggiuntivo di tromboembolia rispetto a quelli di seconda generazione, che contengono il progestinico levonorgestrel. “Abbiamo sperato, dunque, che togliere le pillole di terza generazione dalla fascia A fosse il preludio alla rimborsabilità di quelle di seconda generazione, più sicure. Ma fino ad oggi così non è stato”, osserva Puzzi.

Cerotto transdermico che rilascia estroprogestinico
attraverso la pelle.
La sua azione contraccettiva dura una settimana
Per quanto riguarda preservativi maschili e femminili e spirali, non è l'Agenzia del Farmaco che decide sulla loro rimborsabilità perché sono dispositivi e non medicinali. I nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, definiti dal DPCM 12 gennaio 2017, prevedono l'erogazione gratuita da parte della ASL al cittadino, dietro prescrizione medica, di alcuni “ausili per la cura e la protezione personale”, tra cui, per esempio, gli assorbenti igienici per l'incontinenza. La lista non comprende alcun contraccettivo.

Marina Toschi lavora in Umbria, nei consultori di Perugia, Magione e Corciano. “Una piccola città piena di stranieri e due paesi”, dice. “Mi vengono in mente le facce di tante donne magrebine, equadoregne, peruviane, che un anno fa chiedevano 'la pillola che non si paga'. Adesso non la chiedono più. Sanno subito quando un diritto viene meno. Non capiscono il perché, ma si adeguano. E poi le facce di quelle che vorrebbero mettere la spirale medicata al progestinico per non avere ogni mese un'emorragia e l'anemia tutto l'anno, ma non si ritrovano 250 euro in tasca per pagarsela...”

La petizione

Qui tolgo il cappello da giornalista e metto quello da attivista. Grazie all'intraprendenza e all'entusiasmo di Pietro Puzzi e Marina Toschi e in collaborazione con la collega giornalista Eleonora Cirant, abbiamo riunito un gruppo di 25 persone, ginecologi, ostetriche, epidemiologi e giornaliste: il Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole, nato con l'intento di fare pressione sull'AIFA e il Ministero della Salute perché garantiscano accesso gratuito ai contraccettivi che rientrano nella lista dei farmaci essenziali stilata dall'OMS e aggiornata nel 2017.



Il 6 dicembre abbiamo lanciato una petizione sulla piattaforma Change.org per raccogliere adesioni da consegnare a Mario Melazzini, Direttore Generale dell'AIFA e a Beatrice Lorenzin, Ministra della Sanità. “Chiediamo a tutta la società civile, cittadine e cittadini, di far sentire la propria voce firmando il nostro appello”, conclude Marina Toschi.


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