mercoledì 26 aprile 2017

Il bimbo è nato: prima eravamo in due e adesso siamo in tre

La nascita di un bimbo voluto e cercato porta gioia nella vita dei suoi genitori, è un lieto evento. L'icona della coppia radiosa che sorride al piccolo è un classico dell'immaginario collettivo. Certo, c'è la stanchezza fisica e ci sono le difficoltà organizzative che possono generare qualche contrasto tra mamma e papà nei primi giorni dopo il parto, ma tutto si risolve in breve con un po' di buona volontà e spirito di adattamento.
Eppure, tanti psicologi descrivono la nascita di un figlio, specie il primo, come un'esperienza critica per l'equilibrio della coppia, che può persino causarne la rottura. È solo una questione di stanchezza, qualcosa che non vale la pena di approfondire? O c'è forse una tendenza diffusa a sottovalutare l'enorme cambiamento, sul piano reale e su quello simbolico, che l'ingresso del terzo introduce in una relazione a due e sottacere i sentimenti ambivalenti che i neogenitori possono provare in un momento così importante della loro vita?

Quali dinamiche si attivano nella coppia alla nascita del primo figlio? Quali sono i meccanismi che possono generare tensione e contrasti? L'ho chiesto ad Adriano Legacci, psicoterapeuta e sessuologo di Padova.
Mi ha risposto citando la celebre scena del film “The Matrix” in cui Morpheus offre a Neo la scelta simbolica tra due pillole. “Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie e vedrai quant'è profonda la tana del Bianconiglio”.



Mi ha posto di fronte a una scelta: "Vuole la versione rassicurante, facile da comprendere, accettare e condividere? Oppure vuole gettare uno sguardo sulla straordinaria profondità della mente umana? In ogni singolo istante della nostra esistenza dobbiamo fare i conti con la straordinaria potenza delle forze che si agitano nel nostro inconscio”, si è spiegato Legacci, “di fronte alle quali tendiamo a restare ciechi e sordi, colpevolmente felici di esserlo. Non mi sorprenderebbe, dunque, se lei scegliesse di non parlare di inconscio, per non turbare il quieto sonno dei suoi lettori”.

Di fronte a un invito del genere, non potevo che scegliere la pillola rossa… ed ecco come mi ha descritto la tana del Bianconiglio.

Pietro della Vecchia: Crono mangia i suoi figli

Urano & soci: un trono unico per due pretendenti


“Nel mito e nella leggenda sono rintracciabili straordinari riferimenti ai temi simbolici che si agitano nelle profondità dell'inconscio umano. Ecco alcuni esempi di quel che accade all'avvento del figlio, il giovane principe, nella mente del padre, il vecchio re", illustra lo psicologo. 
"Urano, dio del cielo, e Gea, madre terra, generano figli che il padre sprofonda nella terra per non essere spodestato. 
Crono, uno dei dodici figli nati da Urano e Gea, con la complicità della madre aggredisce ed evira il padre Urano. Lo detronizza e ne prende il posto.
Crono, avvertito da una profezia, vive le stesse angosce del padre: per timore di essere spodestato e cacciato dai figli avuti con Rea, li divora.
Zeus, uno dei figli di Crono destinato ad essere divorato, viene salvato dall'intervento della madre Rea che consegna al padre, al posto del figlio da divorare, una pietra racchiusa tra le fasce.
Sarò quindi Zeus a regnare nell'universo, dopo aver sconfitto e detronizzato il padre.
Questo mito è presente in molte altre forme nell'immaginario umano e culmina nell'Edipo di Sofocle, la tragedia che presta il nome al freudiano conflitto edipico, che costituisce il cuore pulsante dell'attività psichica umana: è il desiderio di eliminazione e sostituzione del genitore dello stesso sesso e di possesso esclusivo del genitore di sesso opposto. Si tratta ovviamente di evocazioni poetiche, ma utili per rappresentare le dinamiche di natura inconscia, o solo parzialmente cosciente, che si manifestano con grande frequenza nella relazione tra padre, madre e figlio successivamente al parto”.


I fantasmi nella mente del padre


Con la nascita del figlio, il legame tra i partner, che prima era esclusivo, deve aprirsi all'ingresso del terzo. “E quello del terzo è uno dei fantasmi più minacciosi che possono presentarsi nella mente umana”, osserva Legacci. “Il bambino diventa il destinatario delle cure, delle premure e del desiderio della madre. Il desiderio viene sottratto all'eros e alla relazione con il partner e destinato al figlio. Il padre passa in secondo piano e deve affrontare la paura inconscia di essere sostituito e detronizzato, che il figlio prenda il suo posto con la complicità della madre, perché sul trono non c'è spazio per tutti. Il padre immagina inconsciamente che il nuovo arrivato voglia fare quello che lui stesso ha cercato di fare da bambino: evirare e detronizzare il vecchio re. È una paura destabilizzante”.

I fantasmi nella mente della madre


Dal canto suo, nella maggior parte dei casi la neomamma è naturalmente portata a concentrarsi empaticamente sul piccolo, bisognoso di cure. Talvolta, però, anche lei si trova a rimpiangere la sua esistenza di prima, la libertà di cui godeva, la vita a due. “Quello dell'ambivalenza, ovvero dell'amore per il figlio unito a insofferenza e respingimento, è un sentimento naturale, che provano tutti. Non è facilmente accettato, però, dalla coscienza. La nostra stessa cultura lo bandisce e lo rende inaccettabile, inesprimibile”, dice lo psicologo, “soprattutto per la madre che nell'immaginario collettivo è instancabile, votata al sacrificio. Oltre alla stanchezza fisica, che indubbiamente gioca un suo ruolo, la donna vive una forte tensione emotiva nel tentativo di comprendere e governare le profonde emozioni e fantasie che si agitano dentro di lei, per metabolizzare un cambiamento così importante nella sua vita”.

Ci sono i casi, poi, in cui la madre dopo il parto cade in uno stato depressivo. "In chiave psicoanalitica è una reazione complessa generata dalla difficoltà ad accettare empaticamente l'avvento di un figlio reale in sostituzione del figlio ideale, fantasticato come parte inscindibile del corpo materno".

Ci vuole consapevolezza


In una conversazione su Facebook Costanza Jesurum, psicoanalista, apprezzata blogger e autrice di saggi, conferma “Questo tipo di vissuto si avverte in moltissime occasioni, in terapia con genitori, nei corsi preparto. Non so se sia funzionale alla traduzione mentale della differenza biologica, per esempio in fatto di allattamento e nutrizione, o perché la forma culturale della famiglia dominante informa le categorie dello psichico”.
Le metafore chiamate in causa da Adriano Legacci non sono l'unica possibile narrazione per rappresentare i turbamenti che i neogenitori affrontano alla nascita del figlio. “Ma non c'è scuola di psicoterapia, ognuna con i suoi miti di riferimento, che non parli della turbativa che implica l'ingresso del terzo”.

Come affrontare questi turbamenti? Come venirne a capo e ristabilire l'equilibro nella vita e nel rapporto di coppia? “Ci vuole consapevolezza”, risponde Legacci. “Non nascondere sentimenti e fantasie ma accettarli, scavare dentro se stessi e parlare, confrontarsi all'interno della coppia. Raramente si parla di queste cose ai futuri genitori prima della nascita, mentre sarebbe bene farlo, per prepararli al cambiamento”.








martedì 4 aprile 2017

Donazione del cordone ombelicale? Facciamo chiarezza


Un fotogramma del documentario "Sangue del suo sangue"
Dopo la nascita, il cordone ombelicale non serve più al tuo bimbo. Viene tagliato e scartato nel cestino dei rifiuti sanitari. È un peccato, perché contiene preziose cellule staminali emopoietiche che possono essere trapiantate, come quelle del midollo osseo, per curare gravi malattie come la leucemia, i linfomi e la talassemia. Donando il cordone puoi salvare una vita, senza alcun danno per te e per il tuo bambino.
È il messaggio veicolato alle future mamme dalle campagne di promozione della donazione del sangue cordonale. Messo in questi termini, l'invito è ineccepibile. Ma la questione è un po' più complessa di così. Le evidenze scientifiche emerse negli ultimi anni hanno messo in dubbio la sicurezza della procedura di raccolta del sangue nei tempi e nei modi attuati in passato, che del tutto innocui per il bambino non erano.

Il documentario


Della questione si occupa il documentario “Sangue del suo sangue”, realizzato dall'ostetrica Amyel Garnaoui con il marito, il regista Angelo Loy: 26 minuti di interviste a ematologi, ginecologi, ostetriche, bioeticisti, mamme, che verrà proiettato per la prima volta in contemporanea nelle sedi di decine di associazioni in tutta Italia il prossimo 7 aprile.
“Lo scopo di questa video inchiesta non è prendere posizione, ma porre delle domande”, dice Elena Skoko, presidente del Comitato per il Rispetto dei Diritti del Neonato (CoRDiN), che ha partecipato alla realizzazione del documentario. “La questione è aperta, oggetto di dibattito e ricerche a livello internazionale. Vogliamo che se ne discuta e che le mamme, coinvolte in prima persona, ricevano informazioni corrette, complete e non semplicistiche”.

Le domande sollevate dal documentario sono tante. Di chi è il sangue donato? È uno scarto inutile, altrimenti destinato alla distruzione, oppure è sangue del bambino? A donare, effettivamente, è la madre o il bambino? Il prelievo può nuocere alla salute del neonato? In che misura e a quali condizioni il prelievo è sicuro?



sangue del suo sangue - teaser from angelo loy on Vimeo.


Cellule preziose


Il sangue presente alla nascita nel cordone ombelicale contiene cellule staminali emopoietiche, cioè cellule non specializzate in grado di generare globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Il suo trapianto, come quello del midollo osseo da donatore adulto, permette di rimpiazzare il sangue malato nei pazienti affetti da talassemia e altre forme gravi di anemia, da leucemie e linfomi. Permette di rigenerare il midollo osseo danneggiato in seguito a trattamenti di radio e chemioterapia.

L'immaturità immunologica delle staminali da cordone abbassa il rischio di rigetto anche quando vengono infuse in un ospite che non sarebbe del tutto compatibile. Ciò le rende preziose per i pazienti che non hanno parenti di primo grado compatibili da cui ricevere una donazione di midollo osseo e che non trovano donatori compatibili neppure tra quelli iscritti al registro pubblico dei donatori di midollo.

Negli anni '90, quando è emersa l'utilità di queste cellule, in tutto il mondo hanno aperto i battenti banche per la crioconservazione del sangue da cordone. In Italia, la prima a entrare in attività è stata quella di Milano. Tra i suoi fondatori c'è l'ematologo Paolo Rebulla, oggi in pensione e consulente della Fondazione Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, che nel documentario mostra i grandi contenitori deputati alla conservazione delle sacche di sangue.
Oggi in Italia abbiamo 19 banche”, spiega a Mammifera Digitale, “e circa 40 mila sacche conservate. Ne usiamo solo una piccola parte, ma dobbiamo raccoglierne tante per disporre della massima varietà possibile di caratteristiche genetiche, così da aumentare le probabilità di trovare le cellule compatibili con qualunque paziente ne faccia richiesta. Per questa ragione, nei prossimi anni miriamo a incrementare ancora di più il numero”.

Le banche italiane sono collegate tra loro a formare una rete, coordinata dal Centro Nazionale Sangue, e le caratteristiche genetiche delle cellule conservate sono riportate in un registro internazionale, così che da ogni parte del mondo si possa identificare in tempi brevissimi la sacca utile per un dato paziente e fargliela pervenire.

Di chi è il sangue del cordone?


Durante la gravidanza, il sangue del nascituro circola continuamente tra il suo corpo e la placenta attraverso il cordone ombelicale, un funicolo gelatinoso al cui interno scorrono due arterie e una vena. Le arterie trasportano sangue povero di ossigeno e ricco di prodotti di rifiuto dal feto alla placenta, che in virtù dei suoi scambi col sangue materno, ossigena il liquido, lo pulisce dagli scarti del metabolismo e lo rifornisce di nutrienti. Quindi il sangue fetale torna al nascituro attraverso la vena ombelicale.

La circolazione non si interrompe nell'esatto istante in cui il bimbo viene alla luce, ma prosegue ancora per alcuni minuti, mentre il piccolo è impegnato nei suoi primi atti respiratori e si adatta alla vita extra-uterina. Durante questo intervallo di tempo, le contrazioni dell'utero spingono il sangue ossigenato presente nella placenta verso il neonato, passando per il cordone che ancora pulsa. È un fenomeno fisiologico che prende il nome di trasfusione placentare. Secondo un documento del 2015 del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists britannico, questo passaggio frutta al bambino dagli 80 ai 100 ml di sangue extra, che contengono dai 60 agli 80 mg di ferro, una scorta sufficiente a soddisfare le necessità del piccolo per 5 o 6 mesi di vita. Quando la pulsazione cessa, lo scambio tra placenta e neonato è terminato.


Se il cordone viene “clampato”, cioè chiuso con due pinze e poi tagliato, prima che abbia smesso di pulsare, la trasfusione placentare si interrompe e parte del sangue destinato al neonato rimane nella placenta e nei vasi del cordone stesso. In passato si credeva che clampare il cordone immediatamente dopo l'espulsione del bambino riducesse il rischio di ittero neonatale e di emorragia post partum per la madre, così per decenni la legatura precoce è stata adottata comunemente nella pratica clinica in Italia e nel mondo.


Ecco la mappa delle proiezioni del documentario "Sangue de suo sangue" previste in tutta Italia il 7 aprile


Nuove evidenze



“Negli ultimi dieci anni si è andata accumulando una serie di evidenze scientifiche di verso opposto”, dice il ginecologo Enrico Ferrazzi, direttore del Dipartimento donna, mamma e neonato dell'Ospedale Buzzi di Milano e responsabile del gruppo di studio sulla medicina perinatale della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia. “Numerosi studi hanno dimostrato che il neonato trae beneficio dalla trasfusione placentare. Quel sangue in più aiuta il suo sistema cardiovascolare ad adattarsi al funzionamento extra-uterino, riduce sensibilmente il rischio di anemia a 5-6 mesi e favorisce il suo sviluppo neurologico. Un paio di anni fa, la mole dei risultati critici nei confronti del clampaggio immediato ha raggiunto un livello tale da non poterli più ignorare. L'OMS ha pubblicato un documento che raccomanda di aspettare da 1 a 3 minuti prima di legare e tagliare il cordone. Allo stesso modo si sono pronunciate numerose società scientifiche, tra cui la SIGO in Italia. Non è che oggi sia vietato clampare prima di un minuto dalla nascita, ma chi lo fa va contro l'evidenza scientifica e le buone pratiche cliniche. Un tempo si clampava precocemente nella maggioranza dei parti. Sulla situazione attuale non abbiamo dati certi, ma ritengo che oggi un 50% degli operatori si conformi alle nuove indicazioni e aspetti almeno un minuto”.


Qui entra in gioco la donazione. Nei casi in cui i genitori danno il proprio consenso alla raccolta, dopo l'espulsione del bambino e prima dell'espulsione della placenta, l'ostetrica lega il cordone ed estrae il sangue presente nei suoi vasi. “Ovviamente, quanto prima si lega il cordone, tanto più sangue si ricava”, spiega Gennaro Volpe, ematologo di Bari e presidente della sezione di Bari dell'Associazione Donatrici Italiane di Sangue da Cordone Ombelicale. Nel 2012 ha pubblicato una ricerca sui fattori ostetrici che determinano la raccolta ottimale di cellule.

Su questo aspetto si concentra l'attenzione del documentario “Sangue del suo sangue”. Il video aveva ottenuto il patrocinio della Regione Lazio ed era prevista la sua presentazione in anteprima il 24 marzo in una sala del Palazzo della Regione ma, pochi giorni prima dell'evento, patrocinio e ospitalità sono stati ritirati su sollecitazione del Centro Nazionale Sangue, l'ente pubblico che coordina le banche per la conservazione del sangue cordonale donato.

Perché il CNS è intervenuto contro l'iniziativa? “C'era perplessità circa la proiezione di questa inchiesta in una sede istituzionale quale la Regione Lazio, che ospita due banche pubbliche di cordone”, risponde Simonetta Pupella, che coordina l'area sanitaria del Centro. “Le associazioni promotrici del documentario esprimono critiche nei confronti del prelievo del sangue contenuto nel cordone ombelicale perché tale pratica ridurrebbe l'apporto di sangue al neonato durante le fasi finali del parto, con conseguenze negative per la salute del neonato stesso. L'Organizzazione Mondiale della Sanità e le società scientifiche di molti Paesi raccomandano la legatura e la recisione del cordone non prima di un minuto e l'Italia ha recepito queste indicazioni, sulla base di un parere espresso formalmente dalla Società Italiana di Neonatologia: l'Accordo Stato-Regioni 20/04/2011 stabilisce che, nel caso la coppia decida di donare il sangue cordonale al momento del parto, la legatura non deve avvenire prima di 60 secondi dalla nascita e la raccolta non deve mai interferire con l'assistenza al parto. Per quanto riguarda la presunta incompatibilità tra donazione del sangue cordonale e la salvaguardia della salute del neonato, il prelievo da un minuto fino a due minuti dalla nascita determina una raccolta adeguata di cellule staminali e non interferisce con le procedure del parto. Da quando è stata introdotta in Italia la raccolta del sangue cordonale per finalità di donazione (1993) nessuna reazione avversa è stata segnalata a carico dei neonati 'donatori'. Stesso dicasi per gli altri Paesi europei ed extra-europei”.


Le modalità della donazione in Italia


I risultati di tre studi pubblicati tra il 2015 e il 2016
sulla qualità delle donazioni di sangue da cordone
in funzione del tempo di clampaggio
Oggi dunque gli operatori dei centri nascita accreditati per la donazione sono tenuti ad aspettare un minuto prima di clampare e inserire l'ago per la raccolta”, dice Gennaro Volpe. “Così facendo, otteniamo meno cellule, ma qualcosa riusciamo comunque a raccogliere. L'importante è clampare prima che il cordone abbia smesso di pulsare, perché dopo rimane ben poco da prendere”.
Perché il trapianto di staminali da cordone abbia maggiori probabilità di successo, è necessario che la sacca di sangue contenga un numero elevato di cellule. Ce ne vogliono almeno un miliardo e mezzo perché la donazione venga accettata dalla banca. Negli ultimi anni sono stati pubblicati tre studi per valutare l'impatto del clampaggio differito sulla quantità di cellule che è possibile prelevare: uno svedese, uno canadese e uno statunitense. Tutti e tre confermano che più si aspetta e minore è la probabilità di raccogliere un numero di staminali sufficiente (vedi grafico). Attualmente in Italia la percentuale di unità di sangue prelevato che soddisfano i requisiti e vengono accettate dalle banche è dell'8,4%.

“L'importante è che i genitori siano informati di tutti gli aspetti della questione: per raccogliere la maggior quantità di staminali bisognerebbe clampare subito, ma questa pratica nuoce al neonato e infatti è esclusa dalle linee guida dello stesso Centro Nazionale Sangue”, conclude Enrico Ferrazzi. “Aspettando un minuto prima di clampare, il bambino riceve buona parte del sangue contenuto nei vasi della placenta e del cordone, ma non tutto quello che riceverebbe aspettando tre minuti. Donare clampando a un minuto è possibile, ma la probabilità che la donazione vada a buon fine è bassa. Aspettando tre minuti prima di clampare, non rimane nulla da donare