martedì 12 settembre 2017

Antibiotici: attenti al miraggio dei test fai-da-te


Torna la pioggia e riaprono le scuole. Tempo qualche settimana e riprenderanno a circolare raffreddore, tosse e febbre. In farmacia c'è un'insidiosa novità: i self test per determinare se un'infezione è virale o batterica. Attenzione: il fai-da-te con gli antibiotici è pericoloso!

Qualche mese fa ho letto un post sul blog di una mamma che cantava le lodi di un prodotto appena uscito in commercio in Italia: un test fai-da-te acquistabile in farmacia per determinare in cinque minuti se un bimbo ha la tosse e il raffreddore a causa di un virus oppure ha un'infezione batterica trattabile con gli antibiotici. “Antibiotico sì o no”, si chiama proprio così il test. Il post è promozionale, realizzato in collaborazione con l'azienda che produce il dispositivo. È scritto chiaramente in fondo alla pagina.

L'autrice spiega che è sbagliato somministrare di propria iniziativa antibiotici al bambino che ha i sintomi di un'infezione respiratoria senza sapere se è virale o batterica, perché gli antibiotici non sono efficaci contro i virus, perché sono gravati da effetti indesiderati, perché il loro uso sconsiderato è causa di resistenza dei batteri. Sono perfettamente d'accordo.

E come si fa a stabilire se un'infezione è virale o batterica? “Si può andare dal pediatra”, risponde l'autrice, “oppure utilizzare un self-test rapido (e in caso di positività o mancata remissione dei sintomi recarsi dal medico)”. Occhio al contenuto della parentesi, perché è importante e ci ritornerò.

Caspita, mi sono detta, qualcuno è riuscito finalmente a mettere a punto un test rapido, economico e affidabile per distinguere le infezioni virali da quelle batteriche. È il Santo Graal della diagnostica delle malattie infettive. A quanto mi risulta, ci lavorano da decenni in tutto il mondo. Uno strumento del genere darebbe una bella mano a combattere la resistenza agli antibiotici. Strano, però, che la notizia di un simile risultato non sia circolata prima che il test entrasse in commercio.


Come funziona il self test


Ho cercato informazioni sul prodotto in questione. È un presidio medico-diagnostico in vitro regolarmente registrato e prodotto da un'azienda conosciuta nel settore. Il kit in vendita contiene un pungidito e tutto l'occorrente per raccogliere una goccia di sangue e analizzarla.

Su quale principio si basa il test? Il dispositivo misura la concentrazione nel sangue della proteina C-reattiva, prodotta dal sistema immunitario in risposta a un'infezione o ad altri stimoli infiammatori. La concentrazione, afferma il foglietto illustrativo, è maggiore quando l'infezione è batterica, minore quando è virale. E il test è estremamente affidabile. “La precisione di oltre il 95% è stata documentata da uno studio di valutazione delle prestazioni del prodotto”, si legge nel foglietto.

C'è un problema, però: la precisione del 95% si riferisce alla capacità del prodotto di misurare la concentrazione di proteina nel sangue e non alla sua affidabilità diagnostica, perché non è sempre vero che a livelli elevati della proteina corrisponde un'infezione batterica e a bassi livelli corrisponde un'infezione virale. “Per esempio, nelle fasi iniziali di un'infezione batterica la concentrazione può mantenersi bassa. Al contrario, può essere molto elevata in presenza di alcune infezioni da adenovirus, dunque virali”, spiega Liviana Da Dalt, che dirige il Pronto Soccorso Pediatrico e Pediatria d'Urgenza dell'Ospedale di Padova e ha pubblicato diversi studi sull'utilizzo della proteina C-reattiva come marcatore per la diagnosi delle infezioni. “Non conosco questo specifico prodotto, ma la concentrazione della proteina, per quanto sia misurata con precisione, non è un dato assoluto. Ci piacerebbe che lo fosse, perché siamo alla ricerca di marcatori assoluti per la diagnosi delle infezioni batteriche. Per il momento, purtroppo, non ne abbiamo trovato nessuno”.

No al fai-da-te


“Data l'assenza di un parametro assoluto da misurare”, prosegue Da Dalt, “il risultato di qualunque test di laboratorio va interpretato alla luce dell'esame clinico del paziente. Cioè deve essere il medico, dopo avere visitato il paziente, a fornire la diagnosi e a prescrivere il trattamento più appropriato”.

Gli antibiotici non sono farmaci da automedicazione. Per acquistarli occorre la ricetta del medico e sarebbe un errore assumere o somministrare eventuali residui avanzati a casa nell'armadietto dei medicinali. “Sono strumenti di grande utilità, ma solo se vengono usati in modo appropriato”, dice Maurizio De Martino, direttore della Clinica Pediatrica dell'Ospedale Meyer di Firenze e responsabile del gruppo di lavoro sull'uso corretto dei farmaci della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale. “Il pediatra deve vedere di persona il bambino, visitarlo, richiedere o effettuare direttamente in ambulatorio eventuali esami e poi, se è il caso, prescrivere un antibiotico, anche perché esistono tanti batteri diversi e per ognuno c'è uno specifico antibiotico che ottimizza il risultato”.

Che cosa bisognerebbe fare, allora, portare il bambino dal pediatra al primo colpo di tosse, alla prima linea di febbre? “Non è necessario, perché la maggior parte delle infezioni delle vie respiratorie è di origine virale e si risolve spontaneamente nell'arco di tre o quattro giorni”, risponde De Martino. “I genitori possono tranquillamente attendere un paio di giorni che febbre e raffreddore passino da soli, somministrando al bambino del paracetamolo all'occorrenza per attenuare il suo disagio. Se l'infezione persiste o il piccolo ha l'aspetto decisamente sofferente, è il caso di rivolgersi al medico”.

Mamma e papà sono le persone più qualificate per rendersi conto delle condizioni del loro bimbo. “Lo conoscono meglio di chiunque altro e capiscono se sta soffrendo, se è particolarmente giù di tono, se il suo comportamento è anomalo”, dice Da Dalt. “Su questo aspetto è necessario che il pediatra ascolti e tenga da conto il parere dei genitori. Sull'interpretazione dei test diagnostici, invece, la parola spetta al medico”.

Concludendo


Ricordate l'avvertenza tra parentesi nel post promozionale del test? “In caso di positività o mancata remissione dei sintomi recarsi dal medico”. Lo dice anche il foglietto illustrativo del dispositivo: il test non può sostituire la diagnosi del medico curante e in caso di positività o se i sintomi persistono bisogna rivolgersi al dottore. È tutto in regola, dunque, non c'è alcun invito ai genitori a fare da sé o a somministrare antibiotici senza prescrizione. Ma allora a che cosa serve questo test? E perché si chiama “Antibiotico sì o no”?

Ho letto quel post promozionale la scorsa primavera e da allora non ho più sentito parlare del dispositivo, forse perché nei mesi estivi non c'era alcun vantaggio a promuoverlo, ma ci metto la mano sul fuoco che con l'arrivo dei primi raffreddori verrà opportunamente pubblicizzato e magari in tempi brevi arriveranno in farmacia prodotti analoghi di altre aziende. Ecco perché oggi scrivo queste righe. Non fatevi trarre in inganno dal miraggio del fai-da-te.


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