Torna la pioggia e riaprono le scuole. Tempo qualche settimana e riprenderanno a circolare raffreddore, tosse e febbre. In farmacia c'è un'insidiosa novità: i self test per determinare se un'infezione è virale o batterica. Attenzione: il fai-da-te con gli antibiotici è pericoloso!
Qualche mese fa ho letto un post sul blog di una mamma che cantava le lodi di un prodotto appena uscito in commercio in Italia: un test fai-da-te acquistabile in farmacia per determinare in cinque minuti se un bimbo ha la tosse e il raffreddore a causa di un virus oppure ha un'infezione batterica trattabile con gli antibiotici. “Antibiotico sì o no”, si chiama proprio così il test. Il post è promozionale, realizzato in collaborazione con l'azienda che produce il dispositivo. È scritto chiaramente in fondo alla pagina.
L'autrice spiega che è sbagliato somministrare di propria iniziativa antibiotici al bambino che ha i sintomi di un'infezione respiratoria senza sapere se è virale o batterica, perché gli antibiotici non sono efficaci contro i virus, perché sono gravati da effetti indesiderati, perché il loro uso sconsiderato è causa di resistenza dei batteri. Sono perfettamente d'accordo.
E come si fa a stabilire se un'infezione è virale o batterica? “Si può andare dal pediatra”, risponde l'autrice, “oppure utilizzare un self-test rapido (e in caso di positività o mancata remissione dei sintomi recarsi dal medico)”. Occhio al contenuto della parentesi, perché è importante e ci ritornerò.
Caspita, mi sono detta, qualcuno è riuscito finalmente a mettere a punto un test rapido, economico e affidabile per distinguere le infezioni virali da quelle batteriche. È il Santo Graal della diagnostica delle malattie infettive. A quanto mi risulta, ci lavorano da decenni in tutto il mondo. Uno strumento del genere darebbe una bella mano a combattere la resistenza agli antibiotici. Strano, però, che la notizia di un simile risultato non sia circolata prima che il test entrasse in commercio.
Come funziona il self test
Ho cercato
informazioni sul prodotto in questione. È un presidio
medico-diagnostico in vitro regolarmente registrato e prodotto da
un'azienda conosciuta nel settore. Il kit in vendita contiene un
pungidito e tutto l'occorrente per raccogliere una goccia di sangue e
analizzarla.
Su quale principio
si basa il test? Il dispositivo misura la concentrazione nel sangue
della proteina C-reattiva, prodotta dal sistema immunitario in
risposta a un'infezione o ad altri stimoli infiammatori. La
concentrazione, afferma il foglietto illustrativo, è maggiore quando
l'infezione è batterica, minore quando è virale. E il test è
estremamente affidabile. “La precisione di oltre il 95% è stata
documentata da uno studio di valutazione delle prestazioni del
prodotto”, si legge nel foglietto.
C'è un problema,
però: la precisione del 95% si riferisce alla capacità del prodotto
di misurare la concentrazione di proteina nel sangue e non alla sua
affidabilità diagnostica, perché non è sempre vero che a livelli
elevati della proteina corrisponde un'infezione batterica e a bassi
livelli corrisponde un'infezione virale. “Per esempio, nelle fasi
iniziali di un'infezione batterica la concentrazione può mantenersi
bassa. Al contrario, può essere molto elevata in presenza di alcune
infezioni da adenovirus, dunque virali”, spiega Liviana Da Dalt,
che dirige il Pronto Soccorso Pediatrico e Pediatria d'Urgenza
dell'Ospedale di Padova e ha pubblicato diversi studi sull'utilizzo
della proteina C-reattiva come marcatore per la diagnosi delle
infezioni. “Non conosco questo specifico prodotto, ma la
concentrazione della proteina, per quanto sia misurata con
precisione, non è un dato assoluto. Ci piacerebbe che lo fosse,
perché siamo alla ricerca di marcatori assoluti per la diagnosi
delle infezioni batteriche. Per il momento, purtroppo, non ne abbiamo
trovato nessuno”.
No al fai-da-te
“Data l'assenza di
un parametro assoluto da misurare”, prosegue Da Dalt, “il
risultato di qualunque test di laboratorio va interpretato alla luce
dell'esame clinico del paziente. Cioè deve essere il medico, dopo
avere visitato il paziente, a fornire la diagnosi e a prescrivere il
trattamento più appropriato”.
Gli antibiotici non
sono farmaci da automedicazione. Per acquistarli occorre la ricetta
del medico e sarebbe un errore assumere o somministrare eventuali
residui avanzati a casa nell'armadietto dei medicinali. “Sono
strumenti di grande utilità, ma solo se vengono usati in modo
appropriato”, dice Maurizio De Martino, direttore della Clinica
Pediatrica dell'Ospedale Meyer di Firenze e responsabile del gruppo
di lavoro sull'uso corretto dei farmaci della Società Italiana di
Pediatria Preventiva e Sociale. “Il pediatra deve vedere di persona
il bambino, visitarlo, richiedere o effettuare direttamente in
ambulatorio eventuali esami e poi, se è il caso, prescrivere un
antibiotico, anche perché esistono tanti batteri diversi e per
ognuno c'è uno specifico antibiotico che ottimizza il risultato”.
Che cosa
bisognerebbe fare, allora, portare il bambino dal pediatra al primo
colpo di tosse, alla prima linea di febbre? “Non è necessario,
perché la maggior parte delle infezioni delle vie respiratorie è di
origine virale e si risolve spontaneamente nell'arco di tre o quattro
giorni”, risponde De Martino. “I genitori possono tranquillamente
attendere un paio di giorni che febbre e raffreddore passino da soli,
somministrando al bambino del paracetamolo all'occorrenza per
attenuare il suo disagio. Se l'infezione persiste o il piccolo ha
l'aspetto decisamente sofferente, è il caso di rivolgersi al
medico”.
Mamma e papà sono
le persone più qualificate per rendersi conto delle condizioni del
loro bimbo. “Lo conoscono meglio di chiunque altro e capiscono se
sta soffrendo, se è particolarmente giù di tono, se il suo
comportamento è anomalo”, dice Da Dalt. “Su questo aspetto è
necessario che il pediatra ascolti e tenga da conto il parere dei
genitori. Sull'interpretazione dei test diagnostici, invece, la parola spetta al medico”.
Concludendo
Ricordate
l'avvertenza tra parentesi nel post promozionale del test? “In caso
di positività o mancata remissione dei sintomi recarsi dal medico”.
Lo dice anche il foglietto illustrativo del dispositivo: il test non
può sostituire la diagnosi del medico curante e in caso di
positività o se i sintomi persistono bisogna rivolgersi al dottore.
È tutto in regola, dunque, non c'è alcun invito ai
genitori a fare da sé o a somministrare antibiotici senza
prescrizione. Ma allora a che cosa serve questo test? E perché si chiama
“Antibiotico sì o no”?
Ho letto quel post
promozionale la scorsa primavera e da allora non ho più sentito
parlare del dispositivo, forse perché nei mesi estivi non c'era
alcun vantaggio a promuoverlo, ma ci metto la mano sul fuoco che con
l'arrivo dei primi raffreddori verrà opportunamente pubblicizzato e magari in tempi brevi arriveranno in farmacia prodotti
analoghi di altre aziende. Ecco perché oggi scrivo queste righe. Non
fatevi trarre in inganno dal miraggio del fai-da-te.
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