Sean McGrath via Wikimedia Commons |
Ci sono tre ragioni per cui una donna che cerca una gravidanza dovrebbe controllare la tiroide con un semplice dosaggio ematico dell'ormone TSH o, in caso di precedenti familiari, con la ricerca degli anticorpi antitiroidei.
La prima ragione è che l'ipotiroidismo riduce la fertilità femminile. Provoca un aumento della prolattina e rallenta il metabolismo degli ormoni sessuali femminili, arrivando nei casi più seri a indurre irregolarità mestruali.
La seconda ragione è che nelle prime fasi della gravidanza l'ipotiroidismo può ostacolare l'impianto dell'ovocita fecondato e aumenta il rischio di interruzione spontanea a impianto avvenuto.
La terza ragione è che fino alla dodicesima settimana, quando il feto sviluppa la propria tiroide, il fabbisogno di ormoni tiroidei del nascituro è soddisfatto dalla tiroide materna, che deve funzionare in modo ottimale: ne va dello sviluppo del sistema nervoso fetale.
Il superlavoro richiesto alla tiroide materna in gravidanza può trasformare una tiroidite subclinica in franco ipotiroidismo. Lo stesso può accadere se la donna si sottopone a procreazione assistita, perché l'impennata degli ormoni estrogeni prodotta dalla stimolazione farmacologica delle ovaie può interferire con il funzionamento di una tiroide che ha in partenza qualche problema. Per questa ragione molti centri per la PMA prescrivono alle aspiranti mamme gli esami per la tiroide prima di dare il via al trattamento.
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