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Entro il 2050 l'umanità conterà 9 miliardi e mezzo di individui, secondo le stime citate da Massimo Livio Bacci, demografo dell'Università di Firenze in un recente incontro dell'Accademia dei Lincei a Roma. "La crescita
non sarà uniforme in tutti i paesi", ha spiegato Bacci. "Ci sarà stazionarietà nei paesi ricchi, un incremento del 30%
nei paesi ‘meno poveri’, nelle aree in via di sviluppo, e
addirittura un raddoppio nei paesi poverissimi, in gran parte
nell’Africa sub-sahariana".
L'incremento produrrà più insicurezza alimentare e malnutrizione, danni all'ambiente e flussi migratori incontrollati.
Che fare? Contenere per quanto è possibile la crescita demografica. Non certo con i fantomatici "vaccini sterilizzanti" che ONU e OMS diffonderebbero in Africa secondo una bufala che circola di questi tempi in rete, ma garantendo alle donne accesso alla pianificazione familiare per programmare, ritardare e distanziare le gravidanze. È una delle imprese che impegna maggiormente l'Organizzazione Mondiale della Sanità, un'impresa tutt'altro che facile, per i suoi risvolti politici e culturali.
"Gli
sforzi in questa specifica area di lavoro devono
necessariamente essere inter-settoriali", spiega
Flavia Bustreo, vice direttore generale
per la salute delle famiglie, delle donne e dei bambini dell'OMS, che ho intervistato alcuni mesi fa per il mensile Confronti. "Per esempio, soluzioni
legislative atte ad affrontare il tema delle spose bambine possono
allo stesso tempo avere un impatto sulla salute riproduttiva, nello
specifico sulla riduzione delle gravidanze in età adolescenziale. È
importante sottolineare che tutti questi interventi hanno come fine
ultimo la tutela dei diritti dei bambini e più in generale dei
diritti umani".
Non dimentichiamo, infatti, che la maternità non pianificata in questi Paesi comporta una elevatissima mortalità materna e infantile:
ogni giorno nel mondo 800 donne muoiono
a causa di complicanze della gravidanza o del parto e il 99% dei
decessi avviene nei Paesi a basso reddito e nelle zone rurali di
quelli a medio reddito, più della metà nell'Africa sub-sahariana e
un terzo nel Sud-Est asiatico. E in queste due regioni avviene più del 70% dei decessi di bambini entro i primi 5 anni di vita.
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