Nabeel Hyatt via Wikimedia Commons |
In passato gli specialisti hanno avanzato ipotesi opposte: che l'introduzione precoce del glutine nella dieta dei bambini avesse un effetto protettivo, oppure che al contrario fosse meglio ritardare il primo contatto con il glutine a dopo l'anno di vita. Ora uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine e coordinato da Carlo Catassi, dell'Università Politecnica delle Marche e Alessio Fasano, del Massachusetts General Hospital for Children, fa più chiarezza sulla questione.
Gli autori hanno seguito dalla nascita per 10 anni oltre 700 bambini, per valutare se l'allattamento artificiale e l'introduzione precoce o tardiva del glutine nella dieta siano fattori di rischio o meno per lo sviluppo della celiachia. Ecco i risultati.
Il principale fattore di rischio per l'intolleranza al glutine è la presenza nel DNA del gene mutato HLA-DQ2 in doppia copia. La mutazione raddoppia la probabilità di insorgenza della celiachia rispetto a chi non la possiede.
Per i bambini ad alto rischio, cioè i portatori di questa mutazione, l'introduzione tardiva del glutine nella dieta, dopo l'anno di età, ha un effetto protettivo significativo.
Per tutti gli altri bambini, l'età di introduzione di pastine e biscotti nella dieta non cambia nulla.
La tipologia di allattamento, al seno o artificiale, non fa alcuna differenza ai fini del rischio né per i bambini che possiedono la mutazione né per quelli che non la possiedono.
I bambini ad alto rischio di celiachia, possessori di entrambe le copie mutate del gene, che sviluppano la malattia, la sviluppano nell'80% dei casi entro i tre anni di età e nella quasi totalità dei casi entro i 5-6 anni.
Al momento non sono previsti screening alla nascita per la mutazione HLA-DQ2, ma secondo gli autori l'esame potrebbe essere utile almeno in presenza di altri casi di celiachia in famiglia.
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